“La fine della Guerra Fredda ha comportato la trasformazione del mondo.
In questo cambiamento sono stati coinvolti sia l’Intelligence che le funzioni degli agenti segreti.
Così, Andrea de Guttry, docente presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dove tiene il corso “Introduzione al sistema di intelligence italiano”, ha avviato, in
video conferenza, la sua lezione al Master in Intelligence dell’Università
della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Il docente ha spiegato alcuni aspetti relativi all’attività di spionaggio e
controspionaggio alla luce del diritto internazionale, cominciando dalla
definizione di spionaggio internazionale, proseguendo con le differenze nel
diritto internazionale tra spionaggio in tempo di pace e in tempo di
guerra e approfondendo i limiti delle attività di spionaggio e le relative
connivenze.
“Nel diritto internazionale – ha affermato de Guttry – non c’è una
definizione chiara di spionaggio ma si può intendere come la sottrazione
in modo illecito di informazioni che possono riguardare interessi
militari, economici e la sicurezza di una Nazione. Le spie sono alle
dipendenze di uno Stato ma non hanno uno status internazionale, a
differenza dei diplomatici. Tra spionaggio e intelligence ci sono delle
differenze poiché il concetto di intelligence è più ampio del concetto di
spionaggio e, a differenza di quest’ultimo, valuta, integra e raccoglie
informazioni”.
De Guttry ha proseguito ricordando che nel diritto internazionale c’è
differenza tra spionaggio in tempo di guerra e in tempo di pace.
In particolare, tra le fonti fondamentali di diritto internazionale si
devono considerare i Trattati, che sono vincolanti solo dopo la ratifica
dello Stato ed entrano in vigore quando sono sottoscritti da tutti gli
Stati.
Altra fonte del diritto internazionale è rappresentato dalla consuetudine,
che sono norme di diritto non scritte ma vincolanti per tutti gli Stati,
che si concretizzano nel momento in cui si ha sia la ripetizione costante
nel tempo di un dato comportamento da parte della generalità dei soggetti,
ma anche il convincimento che quel comportamento sia socialmente dovuto.
Tra le fonti internazionali, il docente ha inoltre ricordato i principi
generali del diritto e le norme cogenti.
Infine, per quanto riguarda la gerarchia delle fonti di diritto
internazionale, de Guttry ha affermato che vale il principio delle parità
delle fonti, tra le quali prevale la norma più recente. La Convenzione di
Vienna del 1969 raccoglie le regole per l’interpretazione dei Trattati.
E’, inoltre, previsto l’obbligo di notifica dei Trattati presso il
Segretariato Generale dell’ONU (ex art.102 della Carta delle Nazioni
Unite) al fine di scongiurare una “diplomazia segreta” o la stipula di
“accordi paralleli”. Il docente ha ricordato che nel diritto interno
compete al Parlamento valutare l’opportunità di stilare Trattati che
riguardano la sicurezza nazionale. Infine, ha concluso l’argomento
precisando che, in caso di contrasto tra norme interne dello Stato e
quelle di diritto internazionale, prevalgono quelle di diritto
internazionale, avendo queste la caratteristica della specialità.
De Guttry ha proseguito la lezione parlando dello spionaggio in tempo di
guerra, asserendo che è disciplinato un po’ meglio rispetto a quello
in tempo di pace. “Quando un operatore è colto in flagrante – ha affermato
il docente – può essere arrestato e, in alcuni casi, può essere anche
ucciso, perché chi compie spionaggio non gode dello status di prigioniero
di guerra. Inoltre, c’è un aspetto molto particolare: chi compie azioni di
spionaggio non può essere condannato in futuro per lo spionaggio che ha
compiuto”.
Il docente ha quindi parlato dello spionaggio in tempo di pace che rivela
una sottile linea d’ombra tra spionaggio e diplomazia. La Convenzione di
Vienna del 1961 regola le relazioni diplomatiche a livello internazionale,
raggruppando tutte le convenzioni e le norme del diritto internazionale
che disciplinano i rapporti fra Stati e i diritti, e le prerogative di cui
godono gli Ambasciatori e gli altri funzionari diplomatici. “Esistono – ha
ricordato de Guttry- altre regole da rispettare: infatti, ogni Stato ha
sovranità completa ed esclusiva sul suo territorio che include la
terraferma, le acque territoriali e contigue alla terraferma e lo spazio
aereo sovrastante. Inoltre, oltre le acque territoriali possono essere
posti strumenti fissi di ascolto ma non possono essere utilizzati se
interferiscono con le funzioni esclusive dello Stato”.
Ci sono dei limiti all’attività diplomatica, ha rammentato de Guttry. In
particolare, lo Stato non può interferire sui meccanismi di trasmissione
delle comunicazioni tra le ambasciate di uno Stato e i rispettivi Paesi in
base al divieto di interferenza. Ma spesso tale divieto è ripetutamente
violato: il docente ha ricordato il caso Snowden, che ha svelato che gli
Stati Uniti spiavano, tra gli altri, anche la Cancelliera tedesca, e
l’operazione Rubicon, che si è svolta dal 1970 in poi, ha reso noto che i
Tedeschi insieme agli Americani spiavano tutti gli altri.
Per quanto riguarda l’attività di spionaggio da remoto, lo Stato, oggetto di
tale attività, può chiedere all’altro di interromperla, di non ripeterla e
il risarcimento di eventuali danni. Inoltre, De Guttry ha affermato che lo
Stato, che ha subito lo spionaggio, ha il diritto di adottare delle
contromisure se questi tre requisiti non vengano rispettati, usando
rappresaglie di varia natura; in ogni caso, devono essere precedute dalla
soluzione delle controversie in modo pacifico. Ed ha precisato che, in
caso di cyber attack, è estremamente difficile riuscire ad individuare
l’origine, la fonte ed il mandante.
Infine, de Guttry ha parlato della Carta delle Nazioni Unite, in
particolare dell’art. 2 – paragrafo 4 che recita: “I Membri devono
astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso
della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica
di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i
fini delle Nazioni Unite” ed ha focalizzato l’attenzione sulla natura
cogente e le conseguenze pesanti in caso di uso della forza per attentare
all’indipendenza e all’integrità di uno Stato.
Il docente ha anche ricordato che l’art. 51 della stessa Carta riconosce il
diritto naturale alla “legittima difesa”, individuale o collettiva. Ci
sono, però, due aspetti su cui de Guttry ha posto l’attenzione: il primo,
sulla “legittima difesa preventiva”, che è spesso invocata da Israele, e
che dalla Comunità Internazionale non è considerata valida; il secondo,
sul cyber attack, che può essere considerato, tradizionalmente, come un
attacco fisico, se configurato come un’aggressione disciplinata dalle
risoluzioni dell’O.N.U.
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