Proseguono presso lo Spazio Open gli incontri sul tema “Le strade vive della filosofia/Percorsi morali e politici per l’oggi”, ciclo di conversazioni curate dal Dott. Vincenzo Musolino, promosse dall’Associazione Culturale Anassilaos congiuntamente con lo stesso Spazio Open, che tratta di alcuni filosofi e pensatori la cui opera mantiene ancora oggi una grande attualità. “Carlo Rosselli e il socialismo non marxista” è il tema della riflessione dello studioso dedicata al pensiero di Carlo Rosselli (1989-1937), disponibile sul sito Facebook di Anassilaos e su You Tube a partire da ieri. Il nove giugno 1937 in Francia, a Bagnoles-de-l’Orne, vennero assassinati da un’organizzazione di estrema destra, probabilmente con l’approvazione di Galeazzo Ciano, Carlo e Nello Rosselli. Carlo nel 1930, durante l’esilio francese, pubblicò il suo Socialismo Liberale, scritto nel 1929 all’epoca del confino a Lipari. Egli non può dunque essere rappresentato soltanto come una vittima ed acerrimo nemico del fascismo ma occorre riconoscerlo e riscoprirlo anche come fine revisionista e critico del socialismo marxista. E’ lecito chiedersi – afferma Musolino – come mai egli dedicasse al marxismo il suo saggio piuttosto che al fascismo che pure lo tenne prigioniero a Lipari e perché perseguitato dal regime il pensiero libero di Rosselli partorì una critica radicale al socialismo marxista. Perché – è la risposta del relatore – Rosselli, come emerge in più punti del saggio, ritenne che l’ideologia marxista, la sua teologia politica deterministica, scientifica, atea ma non laica, nemica delle libertà individuali quanto del movimento spirituale di edificazione personale, contribuì involontariamente al trionfo italiano del fascismo. Come mai – si domanda Rosselli – i socialisti italiani negli primi anni ’20, senz’altro più numerosi dei fascisti, non riuscirono a governare i fenomeni rivoluzionari in corso, non riuscirono ad intercettare le inquietudini giovanili e nuove? La colpa, secondo il pensatore è della filosofia marxista e di quello scientismo positivista che la anima e che fonda – contro storia e realtà – la fiducia incrollabile, eretta sui sacri testi, secondo la quale i vinti di oggi saranno necessariamente i vincitori di domani e la lotta di liberazione dei lavoratori non passa per il volontarismo e l’idealismo etico ma solo per le necessitate dinamiche strutturali del capitalismo che porteranno – una volta esplose tutte le contraddizioni impoverenti e schiavizzanti – alla vittoria del proletariato e della sua dittatura. Visto così, l’impegno individuale spontaneo e moralmente indirizzato è senz’altro secondario rispetto all’analisi economicistica che diviene destino e ciò perché il dato sovra strutturale, culturale, nazionale, ideale, è solo un riflesso condizionato dello sviluppo capitalistico. Ed è per questo che per i marxisti italiani il fascismo fu solo una parentesi necessaria sul cammino certo della libertà socialista. A tutta questa algida quanto paralizzante analisi, Rosselli oppone il gradualismo fattivo di Bernstein, il revisionismo di Croce, ma anche la liberal democrazia di Salvemini e di tutti coloro che lottavano allora per un socialismo sganciato dal marxismo, per un socialismo tutto improntato sulle esigenze del lavoro, del contratto, sulle rivendicazioni di giustizia e libertà di un movimento operaio e sindacale – fortemente potenziato, è vero, dall’ideologia di Marx – ma che nella prassi, sin da subito, seppe agire per la propria liberazione attraverso la lotta per l’acquisizione di quei diritti sociali e civili, di quelle libertà borghesi viste come conquiste per tutti e non come privilegi per pochi da travolgere nella trasvalutazione dei valori rivoluzionari.
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