Ènata! È nata! È nata una bambina! Evviva è femmina! La Chiamerò Esperia,Calabria.

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Ènata! È nata! È nata una bambina! Evviva è femmina!

È una femmina.

Ma siccome la piccola aveva avuto la fortuna-sfortuna di nascere a Sud dello stivale, qualcuno disse:

“È fimmana! Na fimmana troppu bedda.”

Mio suocero dice che quando una fimmana è troppo bella non è cosa buona, in una maniera o in un’altra c è o ci sarà un danno. C’è o ci sarà, un giorno, il dolo. Comunque qualcuno decise di chiamarla Esperia, Calabria.

Esperia era bellissima, di una bellezza sconvolgente, la sua pelle profumava di zagara, di bergamotto e di gelsomino. Ti ci perdevi (e ti ci perdi ancora… nonostante tutto e tutti) nelle sue albe rosate e nei suoi lussureggianti tramonti, nell’infinita distesa d’azzurro del suo mare, nelle sue coste, nel verde smeraldo dei suoi occhi di prati, nella neve bianca, pura sulle montagne della sua pelle e nella sua bocca di rossa fragola, delle fragoline aspromontane che, spesso, da piccola raccoglievo con i miei genitori.

È fimmana, la Calabria e, nella sua vita c’era e c’è ancora il sole, un caldo sole, un sole che ti avvolge anche d’inverno e ti dona pace come le braccia del tuo amato. Bellissima era questa fimmana, 700 chilometri di costa bagnati dal mare, paesaggi stupendi le facevano da corona. Boschi incantati, lecci, querceti, aceri, abeti, faggi, castagni, fiori e animali… e acque oligominerali che spesso hanno dissetato i numerosi viaggiatori stranieri che da lei sono stati affascinati: Henry Swinburne, Richard Keppel Craven, Edwar Lear, George Robert Gissing, Norman Douglas, Vivant Denon, Francois Lenormant e Alexandre Dumas padre.

I pascoli cantati da Virgilio, dove mandrie di pecore e vacche si alimentano, producendo un latte per una squisita varietà di formaggi.

Lampare dove la spumeggiante distesa del mare accarezza i miti.

Ha mille culture Esperia e mille tradizioni.

In ogni suo angolo c’è storia, archeologia, cultura e bellezza.

È terra di antichissima civiltà mediterranea, è il luogo primigenio da cui deriva il nome Italia.

Italia, infatti, fu da principio, secondo la leggenda, il nome della Calabria in onore di un suo re Italo. Esperia ha avuto (e ha ancora) figli importanti conosciuti in tutto il mondo, ne citiamo solo qualcuno, perché sono tantissimi: Nosside, Ibico, Corrado Alvaro, Telesio, Campanella, Barlaaam da Seminara, Pitagora, Filolao, Gioacchino da Fiore, San Francesco da Paola, Alcmeone, Democede, Leonida Repaci, Francesco Cilea, Lorenzo Calogero, Senocrito, Mattia Preti, Gianni Versace e tanti, tanti altri ancora.

Essere bella e ricca di cultura non basta per essere amata, per essere fortunata, per non essere calpestata.

La bellezza non basta, ci vuole la Fortuna che, da sempre trascina come una canna al vento il destino di uomini e regni.

Ricordo al borgo natìo, le sagge vecchiette, nelle fredde sere d’inverno, sedute vicino al braciere dicevano che “Una donna per essere amata deve nascere con una buona stella: la stella della fortuna”.

Esperia non ha avuto una buona stella, perché i diversi uomini che si sono avvicendati nel corso della sua vita e della sua storia non l’hanno amata come meritava.

Uno dei suoi figli illustri, Corrado Alvaro disse: “Gli uomini politici della Calabria vanno al potere e si dimenticano di rappresentare una regione e rappresentano sé stessi”.

Molti uomini l’hanno calpestata, violentata, saccheggiata, sventrata, avvelenata, tradita e venduta per molti talenti e, a dire  il vero a volte anche per pochi.

Veleni sono interrati nelle sue montagne e nel profondo dei suoi mari.

Politici, spesso uniti agli uomini della ’ndrangheta, l’hanno ricoperta di miseria e spazzatura, hanno violato le sue acque, le sue montagne, i suoi boschi e tutto ciò che le apparteneva. E pensare che la parola ’ndrangheta deriva dal dialetto greco, che ancora oggi si parla in alcuni paesi dell’Aspromonte, “andranghia” che significa “società di uomini saggi e valorosi”.

Uomini che dovevano difendere e tutelare Esperia in ogni senso. Invece questi uomini “saggi e valorosi”, queste famiglie dettano legge nei loro paesi regolando la vita delle comunità e condannando alla paura quotidiana e alla morte chi si ribella.

Infatti attentati e intimidazioni di ogni tipo sono all’ordine del giorno. La ’ndrangheta è un sistema di potere che opera affinché tutto resti com’è, cioè affinché nessuno si ribelli al suo potere. Pronta a scatenarsi contro ogni elemento di novità, ogni tentativo di cambiamento, ogni minima innovazione.

Non c’è industriale o negoziante che scampi alla  legge  ‘ndranghetistica della tangente (chiamata volgarmente mazzetta). Su ogni affare, su ogni iniziativa produttiva, persino sulle feste religiose la ’ndrangheta ha la sua percentuale. Pagano tutti, anche se nessuno lo ammette. Chi non paga in termini monetari, paga attraverso la merce che vende.

Quando un mafioso si sposa, passa per i negozi del suo paese e pretende la merce gratis: bomboniere, fiori, porcellane e tanto altro. Resistere o rifiutarsi significa l’accettazione di rischi mortali: macchine bruciate, ruspe bruciate, bombe nei negozi, a volte ci scappa il morto. La punizione più grande dei mafiosi è uccidere i figli di chi li tocca, perché significa distruggere quella persona per sempre, la morte di un figlio è peggio della morte propria. La ’ndrangheta non dimentica, anche a lungo termine si vendica in maniera terribile. Non finisce qui perché controlla anche il traffico delle armi, il gioco d’azzardo, il traffico degli esseri umani, lo smaltimento dei rifiuti tossici e radioattivi, il traffico della droga ed è in grado di pilotare il voto elettorale. È in contato con tutto il mondo, è internazionale.

Si è così avvezzi a questo fenomeno che spesso si sente pronunciare: “I cotrari  ’ndranghitianu” quasi a voler giustificare quei ragazzi che delinquono.

In base a un’indagine statistica condotta qualche anno fa, in tutta la Calabria sono operanti circa 155 cosche di ’ndrangheta con 6000 persone affiliate, per l’esattezza ci sono 400 affiliati per ogni 15.000 abitanti, legati tra loro da vincoli familiari, spesso i matrimoni vengono celebrati tra famiglie ’ndranghetiste con l’unico scopo di essere più forti, di diventare più potenti. In un paese più ’ndrine aprono la “locale”, struttura che organizza la gestione malavitosa del territorio.

I locali creati fuori dalla Calabria in genere dipendono dal locale del paese d’origine dei membri. Fino agli anni ’80 l’organizzazione era strutturata in modo orizzontale, e ogni locale aveva la sua zona di competenza, evitando le cosiddette faide tra le ’ndrine per il predominio sulla loro locale.

Ci sono state sia negli anni ’70  e 80 sanguinose faide. Tanto sangue è stato versato sulle antiche strade di Esperia.

Dagli anni ’90 in poi, sono nate delle sovrastrutture per dirimere questioni tra le ’ndrine  in modo da evitare faide e, per dare cariche ad alto livello.

Ci sono tre mandamenti che dividono la provincia di Reggio Calabria: mandamento Ionico, Piana e Città. I tre mandamenti fanno riferimento al Crimine di Polsi.

A quest’ultimo fanno riferimento anche le camere di controllo della Liguria, della Lombardia, il crimine australiano e quello di Toronto in Canada.

La ’ndrangheta ha riti di affiliazione che spesso risalgono all’Ottocento e ci sono delle regole da rispettare, per il resto si è modernizzata nel senso che investe in borsa, costruisce alberghi e ristoranti di lusso, frequenta politici, professionisti e uomini di chiesa, manda i figli all’università… ma per riti e codici si attiene strettamente al passato.

Non finisce qui! Lei, “fimmana maliditta”, ha a disposizione tantissime persone che obbediscono ai suoi ordini ciecamente: medici, avvocati, architetti, geometri, politici di tutti i livelli, funzionari di banca, commercialisti… complici insospettabili che la rendono ancora più forte. In cambio ricevono denaro sporco.

Perché, come dicono le vecchiette in Calabria: “Cara cummari i sordi facili ci piacinu a tutti”. E quello che fa molto male è che, spesso, in assenza dei loro uomini, sono le donne a reggere le sorti delle cosche, dettando ordini al posto dei padri e dei mariti. Senza scrupoli al pari dei loro uomini.

A volte sono più spietate dei loro uomini. Spesso sono loro a spingere i figli a continuare le attività dei padri.

Nelle faide sono loro ad alimentare la vendetta. Le donne sono le custodi supreme della “pedagogia della vendetta”, del codice operativo che plasma le menti dei giovani ’ndranghetisti.

Tanto tempo fa una signora anziana mi ha raccontato una storia,  per aiutarmi a capire come ’ndrangheta e politica vanno d’amore e d’accordo: tanto tempo fa in un paese della Calabria dove due famiglie ’ndranghetiste dominavano incontrastate, accadde che nello stesso giorno si sposavano i loro primogeniti. Il sindaco che durante la campagna elettorale era stato appoggiato da entrambe le famiglie non sapeva come fare per presenziare ai due matrimoni. Non avendo il dono dell’ubiquità. Si recò al primo matrimonio e mangiò aperitivo, antipasti e primi. Salutò con molte cerimonie e scappò all’altro matrimonio mangiando secondi frutta e dolci, scusandosi per il ritardo.

Esperia, adesso, è sola e malata, non trova nemmeno un ospedale per curarsi, perché i suoi uomini hanno distrutto anche quelli. Di tutto è stato fatto scempio. Le resta solo la fede e la speranza, oltre la rabbia, naturalmente. Un giorno chissà se un dio misericordioso scenderà quaggiù, per guarirla, da tutto questo male che la circonda, che la sta distruggendo, per donarle una nuova vita e uomini che sappiano, finalmente, amarla e rispettarla, uomini che sappiano restituirle tutta la luce e il rispetto che merita e che, fino a oggi, le è stato negato.

A una fimmana un vero uomo deve portare rispetto.

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