Caligiuri in memoria di John Le Carré, la spia che parlava d’amore Caligiuri in memoria di John Le Carré, la spia che parlava d’amore

Caligiuri, in memoria di John Le Carré, la spia che parlava d’amore

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Il maestro della spy story ha indagato il lato oscuro del mondo attraverso il lato oscuro dell’anima. Ma forse, come diceva Oreste Del Buono, “lo stesso spionaggio e lo stesso terrorismo potrebbero essere per John Le Carré solo degli utili ingredienti per trattare con il maggior abbandono il suo interesse principale, che è semplicemente, quasi banalmente direi, l’amore”. Il commento di Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di intelligence

Se a Ian Fleming dobbiamo il successo planetario della figura della spia, a John Le Carré siamo grati per averle assegnato la sua dimensione reale. Entrambi gli scrittori avevano servito nel Secret Service di Sua Maestà britannica, ma in periodi diversi e con compiti differenti.

Fleming durante la Seconda guerra mondiale e da operativo in Marina, Le Carré reclutato nel 1950 come analista mentre studiava all’Università a Berna. Avevano più di vent’anni di differenza. E se il primo libro del padre di James Bond è “Casino Royal” del 1953, quello di Le Carré invece è del 1961 e ha come titolo “Chiamata per il morto”. Le loro storie irrompono sugli schemi nel giro di pochi anni: “007 licenza di uccidere” è del 1962 e “La spia che venne dal freddo” è del 1965.

L’opera di Le Carré è tratta da un libro che era stato un best-seller l’anno prima, dove già emerge la dimensione profondamente umana della spia, che va alla profondità dei sentimenti. Il personaggio principale del romanzo, Alec Leamas, a un certo punto dice: “Siamo tutti uguali, sapete, ecco dove sta la beffa”, svelando gli inganni delle ideologie, che in tempi di Guerra fredda significava essere prossimi all’eresia. Il suo personaggio principale, George Smiley, appare già nella prima storia ma poi giganteggia soprattutto ne “La talpa”, ispirata alla vicende di Kim Philby, che era una spia inglese infiltrata dai russi che aveva svelato negli anni Cinquanta l’identità degli agenti inglesi sotto copertura, tra i quali David John Moore Cornwell il vero nome di John Le Carré, uno pseudonimo che raffigura l’altro e il suo doppio. Dopo anni Smiley ritorna nel 2017 in “Un passato da spia” dove le vicende della guerra fredda sono analizzate da chi non ha alcuna memoria di quegli anni.

Ma i romanzi di Le Carré affrontano tanti di quelli che poteremmo definire i fronti planetari del disordine e i temi di preoccupazione universali. Tra questi, la questione palestinese (“La tamburina”, 1983), le previsioni e conseguenze del crollo dell’impero sovietico (“La casa Russia”, 1989), il clima di disagio provocato dalla fine della guerra fredda (“La pace insopportabile”, 1991), l’invasione dell’illecito a livello planetario (“Il direttore di notte”, 1993), le finzioni dello spionaggio nelle plumbee atmosfere centroamericane (“Il sarto di Panama”, 1996), gli interessi colossali dei farmaci sperimentati in Africa (“Il giardiniere tenace, 2001). Il complesso rapporto con il padre, che affiora costantemente nei suoi romanzi, lo affronta direttamente, e in un ceto senso lo risolve, nella sua biografia (“Tiro al piccione”, 2016).

Di tanti dei suoi romanzi sono stati tratti film di straordinario successo, con grandissimi autori che interpretano i suoi personaggi: da Richard Burton (Alec Leamas in “La spia che venne dal freddo”) a Sean Connery (Barley Blair in “La casa Russia”), da Geoffrey Rush (Harry Pendel ne “Il sarto di Panama”) a Gary Oldman (George Smiley in “La talpa”). L’ultimo libro è dell’anno scorso ed è titolato “La spia corre sul campo”, ambientato ai tempi della Brexit e di Donald Trump, un ritratto vivido e agghiacciante dei nostri tempi, dove nulla è ciò che appare. I tempi della guerra fredda vengono condensati nel proverbio “L’uomo che ha due donne perde l’anima. Ma l’uomo che ha due case perde la testa” posto come esergo all’inizio de “La spia perfetta”, che così descrive: “Tu una volta hai tradito me, ma, cosa più importante, hai tradito te stesso. Tu menti anche quando dici la verità. Anche tu hai le tue lealtà, i tuoi affetti. Ma verso cosa? Verso chi? Tu sei una spia perfetta. Ti manca soltanto una causa”. Adesso invece è consapevole della disinformazionconnery

007

Bond

e planetaria quando in un’intervista affermava: “Viviamo in un’epoca di straordinario autoinganno, dove la realtà sta da una parte e la percezione pubblica della realtà esattamente dall’altra”.

In definitiva, il maestro della spy story ha indagato il lato oscuro del mondo attraverso il lato oscuro dell’anima. Ma forse, Oreste Del Buono, nella sua inarrivabile lucidità spiegava: “Si comincia a sospettare che lo stesso spionaggio e lo stesso terrorismo potrebbero essere per John Le Carré solo degli utili ingredienti, dei pretesti plausibili, degli strumenti d’eccezione per trattare con il maggior abbandono il suo interesse principale, fondamentale, irrinunciabile, che è semplicemente, quasi banalmente direi, l’amore”.

Per esigenze di trasmettere l’articolo al più presto per il sito, mi fermo qua. A John Le Carré, maestro della letteratura mondiale, ho dedicato qualche rapida pennellata ma lui merita un ampio affresco, che spero più là di disegnare.

Mario Caligiuri, Presidente SOCINT-Società Italiana d’ Intelligence

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