Il sovrintendente capo Giovanni Vivenzio, 54 anni e padre di due figlie, non ce l’ha fatta. A distanza di quasi due settimane dall’incidente occorsogli in prossimità di Margellina, il suo cuore ha smesso di battere. Prestava servizio a Napoli, nel commissariato San Ferdinando. La mattina dello scorso 6 aprile, in servizio, stava percorrendo via Giordano Bruno, nel quartiere Chiaia, su una moto Ducati guidata dal collega Stefano Cascone. Ricevuta una segnalazione, gli agenti si lanciavano all’inseguimento di una moto che aveva forzato un posto di blocco a Posillipo. Improvvisamente, per motivi in corso d’accertamento, impattavano contro la fiancata di una Ford Station Wagon, che improvvisamente svoltava a sinistra per entrare nel parcheggio, finendo sull’asfalto. Giovanni, subito soccorso, veniva trasportato al Cardarelli e sottoposto a delicato intervento chirurgico alla testa. Il collega Cascone riportava un paio di fratture e riceveva cure adeguate all’Ospedale del Mare. Poche ore fa la triste notizia del suo decesso. Grande il cordoglio dei colleghi, del Questore di Napoli Alessandro Giuliano e degli amici.
<Non si arresta mai – afferma Valter Mazzetti, segretario generale sindacato Fsp Polizia di Stato – il drammatico conteggio delle vittime fra gli operatori delle forze dell’ordine. Un elenco che da oggi, purtroppo, annovera anche il collega Giovanni Vivenzio, che ha perso la vita a causa del suo servizio e che come i tanti, troppi, che lo hanno preceduto, rappresenterà per sempre un esempio di dedizione al dovere fino all’estremo sacrificio>. Naturalmente, <il nostro pensiero – prosegue – va ai familiari di Vivenzio, cui ci stringiamo con vera e profonda solidarietà perché ne conosciamo il dolore e lo sconforto, ma anche all’altro collega Stefano Cascone coinvolto nell’incidente e gravemente ferito, con la speranza che al più presto possa rimettersi completamente. Sappiamo che non potrà mai dimenticare, ma la consapevolezza – aggiunge – è una componente fondamentale di questo nostro servizio, in cui la tragedia è in agguato ogni istante. Tutti quelli che indossano la divisa sanno che può accadere da un momento all’altro il peggio, per mille motivi, in mille modi. Sembrano non saperlo tutti gli altri, però, perché altrimenti – conclude – non si spiegherebbe come mai questo nostro lavoro è spesso così tanto bistrattato, e soprattutto come possa essere considerato, a ogni livello, come un mero lavoro esecutivo di ordini altrui>.