“La maledizione dei poeti da Rimbaud a Pasolini” è il tema dell’incontro promosso dall’Associazione Anassilaos nell’ambito delle manifestazioni programmate presso la Biblioteca Pietro De Nava con il Patrocinio del Comune di Reggio Calabria e congiuntamente con la medesima biblioteca, che si terrà giovedì 9 dicembre alle ore 16,45 presso la Sala Giuffrè della Villetta De Nava con l’intervento del prof. Domenico Rosaci dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. “Il maledettismo” in arte come in letteratura è un fenomeno moderno che presuppone una società impostata su determinati valori sia estetici che etici e la presenza di artisti o poeti/scrittori che consapevolmente si oppongono a tali valori. Sbalordire il borghese (“épater le bourgeois”), scandalizzare i benpensanti con il proprio stile di vita, con atteggiamenti anticonformistici e spregiudicati e insieme con un’arte o una forma di scrittura “nuova” e inusitata è un atteggiamento che caratterizza, tra Ottocento e Novecento, le società borghesi (e industrializzate) dell’Europa Occidentale e degli Stati Uniti. L’artista si ribella ai canoni morali (ed estetici) del suo tempo e tal sua ribellione spesso egli sconta con l’ostracismo sociale, in qualche caso con il carcere, talora con la vita. La diversità sessuale, ostentata ed esibita, ora apertamente rivendicata, è una delle caratteristiche del maledettismo, dall’Inghilterra puritana di Oscar Wilde che per la sua omosessualità subì anni di lavori forzati alla Francia che fu teatro dell’amore tra il giovane Rimbaud e il più anziano (e sposato) Verlaine, una storia amorosa (appunto una liaison maudit) che si concluse a Bruxelles con i colpì di pistola che il più anziano (Verlaine) rivolse al giovane amante che comunque sopravvisse, fino all’Italia degli anni Settanta, ancora carica di quel pregiudizio “omosessuale” che contribuì all’assassinio di Pasolini il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia. Occorre ricordare che nell’Ottocento e fino ai primi anni Novanta del Novecento la diversità sessuale era considerata una malattia mentale, un vizio, una depravazione e che fu soltanto il 17 maggio 1990 che l’Oms cancellò l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola per la prima volta “una variante naturale del comportamento umano“. Accanto alla diversità sessuale un elemento del “maledettismo” in arte e letteratura è dato dall’uso di alcool e stupefacenti; la beat generation e molti dei grandi artisti della rock music furono falcidiati dall’uso di droghe (Jim Morrison, Janis Joplin e tanti altri) e dall’abuso di alcool. Anche la follia, la semplice malattia mentale che tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento cominciava ad essere studiata costituiva un elemento, non voluto certamente dall’artista, per una esistenza marginale e appartata con ricoveri nei primi manicomi (l’artista Van Gogh e il nostro poeta Dino Campana). L’omosessualità e l’uso di droghe e alcool sono sempre stati elementi presenti nella vita dell’umanità e, in special modo, tra gli artisti che condussero vite randagie (Francois Villon) e oltre le righe. Benvenuto Cellini fu sodomita e assassino ma questo non lo privò del favore dei potenti dell’epoca (Papa Clemente VII, Francesco I re di Francia); Giovanni Antonio Bazzi detto “Il Sodoma” affrescò la Farnesina a Roma e lavorò in Vaticano a servizio dei Papi nei primi venti anni del Cinquecento e poeti come l’inglese Coleridge e il francese Baudelaire furono consumatori di assenzio e oppio. La differenza tra essi e i “maledetti” sopra citati consiste forse nella mancanza ai loro tempi di una “opinione pubblica comune” e nella mancata aperta rivendicazione di modi di essere in contrasto con i valori etici e religiosi praticati dalla società in cui vivevano ed operavano.
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