“The time is gone, the song is over, thought I’d something more to say” (Il tempo è passato, la canzone è finita, sebbene io abbia ancora qualcosa dire). E’ una canzone dei Pink Floyd ad ispirare il titolo della raccolta di versi “Pensieri sospesi”, della scrittrice Rita Antonietta Gorini, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Pensieri che – spiega la stessa autrice, laureata in Fisica, docente in pensione, che vive a Costa Masnaga (in provincia di Lecco) – scendono nelle profondità del tempo presente, scavano nel pozzo delle nostre fragilità e incertezze. Ed è proprio in questi momenti che, riavvolgendo il nastro della nostra esistenza, facciamo i conti con noi stessi».
L’opera è strutturata in sei tempi, che scandiscono le partizioni di cui si compone: “Pensieri sospesi”; “Transiti”; “Silenziosa ribellione”; “Semplicemente accade”; “Rewid”; “Occhi senza tempo”. «I versi di Rita Antonietta Gorini – scrive Alessandro Quasimodo nella sua Prefazione – sintetizzano aspetti significativi della sua poetica. L’espressione Vite appese e il titolo della raccolta Pensieri sospesi descrivono la condizione dell’uomo, fragile di fronte alle avversità, al percorso intrapreso, purtroppo, di breve durata. Eppure, nella nostra precarietà, cerchiamo di aggrapparci a certezze inconsistenti, temiamo il vuoto e, quindi, tentiamo di riempire le giornate di impegni frenetici, adottando una rigorosa tabella di marcia. Ma il destino dell’uomo è simile agli abiti sulle grucce, provvisori, privi di un futuro sicuro. Inoltre avanzano le ombre che avvolgono ogni cosa».
Si tratta di una lirica narrativa basata sostanzialmente sul verso libero. Il discorso poetico procede verso dopo verso, componimento per componimento, partizione per partizione. Avvalendosi anche di similitudini e metafore che aiutano a comprendere la realtà che ci circonda. Un’analisi interiore sulla propria anima, le proprie fragilità, su quegli aspetti più intimi che, a volte, tralasciamo perché certi che non sia il momento opportuno, ma con la consapevolezza, ad un certo punto, che poi tutto questo tempo non c’è. E, così, arriva il momento di guardarsi dentro. “Porti in giro le tue fragili certezze – si legge, nel libro, in una nota dell’autrice – ripetendoti ho tempo. Poi un giorno ti accorgi di aver perso tempo. Accade così. Mi percepisco sospesa, da troppo tempo oramai. Da sempre”.
E in questa fase liberatoria gioca un ruolo fondamentale la scrittura. «La poesia mi ha preso per mano, dandomi la forza e gli strumenti per raccontarmi. Poter parlare di tutto ciò che mi ha sfiorato, incontrato o ferito è stato estremamente liberatorio. E poi il desiderio di portare in superficie la bellezza e la sofferenza della vita, che spesso navigano sotterranee, mi ha spinto a raccontarne per sentirmi umanità coinvolta. E ancora – continua la poetessa – ho scritto. Per non implodere poiché, nonostante il buio negli occhi, mi accorgo che in tutto c’è poesia: nel dolore come nell’amore, nella natura amica come nell’indifferenza del creato, nel lasciarsi sprofondare come nel cercare appigli, nella persona amata e nel suo disamore, nel coraggio e nella paura. Scopro poesia in tutte le pieghe della vita».
La realtà, infatti, incide completamente e profondamente nella scrittura. «La poesia – sostiene l’autrice Gorini – è scrittura sull’esistenza. È necessario far parlare la poesia, darle modo di esprimersi, divenire mezzo grazie al quale le parole, nel loro significato, ricostruiscono l’energia del pensiero e dell’immaginazione, aderendo a quel fondo di mistero inconoscibile che è il sentimento. La poesia, paradossalmente, si compie nel suo silenzio». Infine, il messaggio al lettore: «Sii curioso e immaginifico, cavalca la scia dell’orizzonte, fantastica con forme e colori delle nuvole, dei fiori. Stupisciti».
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