Recentemente ho scoperto un Santo giovane, che fece della sofferenza uno strumento d’amore verso Dio e verso gli altri: San Nunzio Sulprizio.
San Nunzio nacque il 13 aprile 1817 a Pescosansonesco, in provincia di Pescara.
Il papà si chiamava Domenico ed era un calzolaio , la mamma Rosa, era filatrice.
Erano persone fortemente religiose, il bambino fu battezzato lo stesso giorno della sua nascita.
A distanza di pochi anni, però, Nunzio rimase orfano di entrambi i genitori e quindi fu allevato dalla nonna materna che gli diede un’educazione esclusivamente religiosa; recitare il Rosario e andare a Messa frequentando anche una scuola parrocchiale.
All’età di nove anni, purtroppo, anche la nonna morì e Nunzio fu affidato ad uno zio materno, uomo violento, volgare e dedito al vino, che avviò il giovane al mestiere di fabbro ferraio nella bottega che aveva nel paese natale di Pescosansonesco, con lo scopo di sfruttarlo.
Il ragazzo, spossato dal duro lavoro e dai numerosi maltrattamenti da parte dello zio, di gracile costituzione, si ammalò di carie ossea, dopo che si era ferito ad una caviglia.
Sembra che Nunzio si recasse alla fonte di Riparossa per lavare la ferita che gli ricopriva tutto il piede sinistro, nonostante gli abitanti del paese lo tenessero alla larga dalla fonte per timore di rimanere infetti. Mentre si rinfrescava recitava il Rosario.
Nel 1834 partì per Napoli, dove viveva uno zio paterno militare di stanza al Maschio Angioino, che venuto a conoscenza delle pessime condizioni del nipote, lo fece curare da un colonnello medico dell’esercito borbonico, Felice Wochinger, che gli fornì un alloggio nel Maschio Angioino.
Desiderando consacrarsi al Signore e vista l’impossibilità della malattia, Nunzio spogliò la sua stanza di tutti gli arredamenti vivendo secondo uno stile carmelitano, rendendo la sua stanza molto simile ad una cella di un convento.
Fu ricoverato all’Ospedale degli Incurabili, ricevette la Prima Comunione e in quell’occasione ebbe la sua prima estasi.
In ospedale insegnava il catechismo ai bambini malati, operando anche molti miracoli, ma le cure non riuscirono ad evitargli atroci sofferenze e nel mese di maggio del 1836, un pomeriggio, destatosi dalla preghiera profonda in cui era immerso, chiese al colonnello di porgergli il crocifisso per poterlo abbracciare, poi domandò di ricevere i sacramenti e accolse Gesù Sacramentato dicendo: Venite Padre mio, Signore mio, Sposo mio, amor mio. Dopo due ore esclamò: la Madonna! vedete come è bella! Subito spirò. Era il 5 maggio 1836: Nunzio aveva solo 19 anni.
In poche ore la notizia della sua morte si diffuse per tutta la città, e la gente si affollò per baciare la salma che nel frattempo era stata composta e rivestita di quegli abiti marroni, indossati da Nunzio. La salma rimase esposta nella cappella del castello per cinque giorni senza mostrare alcun segno di decomposizione, ma anzi dal corpo del giovane usciva grande profumo.
Alcuni giorni dopo la sepoltura, il colonnello sentì la voce di Nunzio che lo chiamava e gli diceva: Papà mio, svegliatevi, il castello va a fuoco. Il colonnello, alzatosi dal letto, vide le fiamme alte attorno al castello e con il tempestivo intervento dei soldati si evitò il peggio. Seguirono altri segni prodigiosi, come il profumo che si sentiva nella sua stanza e anche sulle pezzuole con le quali aveva medicata la piaga del piede.
Ma un fatto fu determinante. Durante una battuta di caccia, una dama di compagnia della regina cadde da cavallo battendo il ginocchio a terra; le venne diagnosticata una frattura, ma la frattura all’indomani risultava completamente sparita dopo l’applicazione di una delle pezzuole che il colonnello aveva apposto sul ginocchio della nobildonna. Il re per l’accaduto chiese che venisse aperto il processo canonico del giovane.
Nunzio fu dichiarato venerabile nel 1859 da Pio IX e beatificato nel 1963 da Paolo VI durante il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Il processo di beatificazione fu promosso da Mons. Aurelio Marena, vescovo di Ruvo e Bitonto, in qualità di postulatore. Secondo le norme dell’epoca, per la beatificazione erano necessari due miracoli. Il primo riguardò la guarigione, avvenuta nel 1929, di Donato Romano, di Pescosansonesco, ammalato di otite purulenta. Il secondo riguardò Maria di Lauro, diciannovenne napoletana, che nel 1942 fu guarita da un tumore nella fossa iliaca destra. Il Collegio dei Medici della Sacra Congregazione dei Riti, l’8 gennaio 1963, dichiarò l’inspiegabilità scientifica dei due fatti.
Il processo di canonizzazione fu seguito da don Antonio Salvatore Paone, postulatore delle cause dei santi per l’arcidiocesi di Napoli e parroco di San Domenico Soriano a Napoli, chiesa nella quale è custodito il corpo di Nunzio.
L’8 giugno del 2018 papa Francesco riconobbe il miracolo per la canonizzazione, riguardante un giovane di Taranto, Pasquale Bucci, entrato in coma nel 2004 a causa di un incidente motociclistico, e poi ridotto in stato vegetativo. La sua completa guarigione fu attribuita all’intercessione del beato Sulprizio. La cerimonia solenne di canonizzazione venne celebrata in piazza San Pietro il 14 ottobre 2018.
Attualmente i resti mortali del Beato riposano nella chiesa parrocchiale di San Domenico Soriano in Napoli, dove ogni giorno egli accoglie centinaia di fedeli che chiedono la sua intercessione e la sua celeste protezione.
Nunzio Sulprizio viene considerato il protettore degli operai e dei giovani.
Don Antonio Salvatore Paone( autore del libro “Preghiere a San Nunzio Sulprizio) afferma:<<La santità di Nunzio Sulprizio, va ben oltre i miracoli a lui attribuiti. Egli è un autentico Nunzio di Cristo, cioè un vero ambasciatore della gioia che nasce nel cuore di chi incontra Gesù>>.
Niente avviene per caso, ringrazio Dio per aver messo sul mio cammino questa meravigliosa figura e per avermi dato la gioia di approfondire la sua conoscenza.