Giugno

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Giugno  è il sesto mese dell’anno secondo il calendario gregoriano, il primo dell’estate nell’emisfero boreale e il primo dell’inverno nell’emisfero australe.

Conta 30 giorni e si colloca nella prima metà di un anno civile.

Il nome deriva dalla dea Giunone, moglie di Giove.
Ho sempre pensato a giugno come la porta dell’estate, anche  perché il 21 giugno giorno dedicato a San Luigi Gonzaga, arriva davvero la  principessa estate con il suo caldo sole, foriero di gioia.

Ma giugno al borgo natio era il mese dedicato a San Antonio da Padova, il San Valentino per gli abitanti della Piana del Tauro, perché nel tempo che fu, veniva pregato dalle ragazze per trovare marito.

Mio nonno mi raccontava questa storia:

“In  un paesino della Piana  c’era una ragazza che viveva con i suoi genitori, sognava  di sposarsi e avere una famiglia tutta sua e per questo tutte le sere, pregava davanti ad una statuina di San Antonio, che teneva nella sua cameretta.

Il tempo passò e i suoi genitori morirono, lei imperterrita continuava a pregare, ma era sempre sola.

Una sera stanca, delusa e  soprattutto arrabbiata, perchè San Antonio non ascoltava le sue preghiere, prese la statuina del santo e la buttò dalla finestra.

La statuina cadde sulla testa di un signore, che passava da lì per caso.

Il signore si mise ad urlare, dicendo che avrebbe picchiato l’autore del gesto.

Tremando e piangendo la ragazza scese sotto, per chiedere perdono  al signore.

Il signore  appena la vide, sorridendo dolcemente  le disse non solo che la perdonava, ma che voleva sposarla.

Si sposarono e vissero felici per il resto della loro vita.”

San Antonio anche  stavolta non aveva deluso!

Sono cresciuta andando ogni 13 giugno a Sant’Antonio di Melicuccà, perché in questo nobile paese secondo mia nonna Grazia il Sant’Antonio era quello originale, perché tra il 1550 e il 1600 i Frati Francescani Minori Riformati, arrivarono a Melicuccà  da Castelfranco Veneto,  accolti con amore dalla popolazione, dal clero e dai monaci basiliani.

Don Paolo Martino  mi ha  raccontato che i frati fondarono un convento, costruito su una chiesetta dedicata a san Leonardo Basiliano.

Al convento che rimase attivo fino al XIX secolo, nel 1683 fu assegnato il “diritto d’asilo”.

La porta del convento era denominata con il nomignolo, divenuto proverbiale, in tutti i paesi vicini, di “porta i vàttari”, che significa porta da bussare sicuri di ricevere aiuto in ogni necessità.

In stile veneto, era formato da tre piani.

All’interno si trovava il chiostro. Inoltre c’erano una foresteria, tanti vani accessori e 83 celle.

Fu sede di una rinomata Accademia  per l’istruzione superiore  dei chierici e dei laici.

Dopo i danni causati dal terremoto del 1783, fu ridotto a soli due livelli.

Il primo era utilizzato per le attività collettive ed era collegato alla chiesa mediante un portico ad archi con volte costruito con mattoni chiamati ” pressatelle”.

Dopo l’Unità d’Italia iniziò il declino.

L’ultimo custode fu frate Bonaventura da Melicuccà(1911) al secolo Domenicantonio Sgrò.

Oggi sono purtroppo visibili solo i ruderi del primo piano, i resti dell’atrio e il pozzo.

Don Paolo mi ha detto  anche che nel convento, tra il 1700 e il 1800, vissero e si formarono importanti figure religiose e laiche, tra cui: Padre Antonio Cirillo, missionario in Palestina e autore di una “Grammatica della lingua araba ad uso degli orientali” tutt’oggi consultata dai linguisti, il mistico Giovanbattista Cama, padre Bonaventura  da Castelfranco(Fondatore dell’Accademia),Padre Jacopo da Pedavoli, teologo e latinista insigne, il giureconsulto Marcantonio Gliotta, Scipione Careri Farmacista, letterario e agiografo di Sant’Elia Speleota, don Antonio Milano da Polistena celebre avvocato, Don Michelangelo Falvetti musicista, maestro di camera di Carlo VIII, tanti sacerdoti di Melicuccà, tra cui Don Angelo Furina e Don Felice Maria Adornato morto in fama di grande santità il 2 maggio del 1902.

Tra i fraticelli del convento invece  ci furono : Fra Donato pittore e scultore, fra Giuseppe da Seminara, detto  “il portinaio miracoloso”, fra Pasquale da Castellace e fra Giovanni da Melicuccà.

E così prima con mia nonna, dopo con i miei genitori, oggi con mio marito, ogni anno il 13 giugno, non sono mai mancata e non manco,  all’appuntamento  con il mio originale e personale Sant’Antonio.

Un anno solo non potendo andare  a Melicuccà, a mia sorella venne l’idea di andare a Taurianova nella Chiesa  dedicata a Sant’Antonio, e  per tutto il mese di giugno, mi sembrò di aver tradito il mio santo.

Andare a Melicuccà  è una gioia ,è un appuntamento personale tra me e Lui , un appuntamento che profuma di fede, storia, radici, estate, profumi e sapori.

La strada che porta a Melicuccà scorre in mezzo a maestosi ulivi e fiori dai meravigliosi colori, in particolare distese di rossi  papaveri.

Anche se devo ammettere che non sempre San Antonio mi ha ascoltata, ma io ho continuato ad amarlo  e ad andare a trovarlo.

Non possiamo scavalcare quella che mia nonna chiamava “volontà di Dio”.

Nonna Grazia morì  la sera del 13 giugno del 1980 e per molto tempo giugno mi faceva paura, ancora oggi a volte l’ ansia a giugno prende il sopravvento.

Quel giorno insieme a papà e a zio Domenico, eravamo stati a Reggio Calabria da zia Caterina, io avevo comprato dei settimanali.

Reggio  Calabria  era bellissima, al ritorno zio Domenico volle andare a Melicuccà dal nostro Sant’Antonio ed  io pregai affinchè nonna non morisse.

Nonna morì proprio quella sera e mi è mancata per tutta la vita.

Giugno al borgo natio  era una  distesa di papaveri, rossi ,superbi, meravigliosi, era il canto dell’usignolo tra gli ulivi, era il profumo dell’erba verde ,delle pratoline.

Nel  mio cuore e nella mia anima sono rimasti indelebili  le distese di papaveri e i fiorellini gialli.

E poi le rose, begonie, i garofani, la lavanda e i gelsomini rampicanti, calendule e zinnie.

Nonna Caterina aveva nel cortile dei vasi pieni di garofani profumatissimi.

Le lucciole danzavano in mezzo al grano.

Nonna Grazia diceva “Giugno la falce in pugno”e cantava anche una canzone  che diceva: “Andiamo a mietere il grano”.

Papà a giugno raccoglieva le ciliegie, erano buonissime, mamma raccontava che sua nonna le prime ciliegie le comprava proprio a Melicuccà.

Giugno erano l’inizio delle  vacanze, lontano dalla scuola, libera di leggere tutti i libri che ritiravo dal Club degli Editori.

Guardavo alla Tv il Festivalbar ed era una gioia conoscere le canzoni dell’estate e la pubblicità del cornetto Algida.

Tutto profumava d’estate, di mare di libri.

Rientravo da Reggio Calabria, mi aspettava il canto del gallo al mattino e  la voce di massaro Cesare, che si recava al lavoro cantando.

Ricordo il mio primo esame all’Università il 17 giugno 1989 Pedagogia Sociale con il prof.Mangano,  voto 29.

Al ritorno a casa, mamma mi aspettava con un piatto di tortellini al sugo e una fetta di pesce spada arrostito.

Ero  felice quel pomeriggio, la speranza che avrei conseguito la laurea  si trasformava in certezza.

Ritornai a casa con il treno, conservo ancora il biglietto, il treno locale che faceva vedere il mare, il mio amato mare, le spiagge, le mie spiagge.

Il sole, la luce, senza più il buio dell’inverno.

Giugno mi ricorda il matrimonio di mia cugina Graziella a Roma: la gioia,  i preparativi, il vestito che avevo indossato e che  conservo ancora, la speranza, la bellezza, il sogno d’amore e poi qualche anno più tardi, sempre a giugno, il dolore lacerante provato ad Antignana, Sant’Antonio mi aveva tradita ancora.

Ma non c’entrava niente Sant’Antonio, per questo ho continuato ad amarlo  e a cercarlo ancora.

Nonostante il tempo, le delusioni ,i dolori, le mancanze, io aspetto giugno per recarmi dal mio Sant’Antonio, per recarmi a Melicuccà, per attraversare la strada tra gli ulivi, i papaveri e le lucertole, per pregare, ricordare, piangere, sperare e sognare ancora.

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