L’assassinio di Giulia Cecchettin richiede a noi tutti, anche in occasione della prossima (25 novembre) Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un rinnovato impegno poiché siamo tutti, uomini e donne, vittime di una degenerazione che offende i diritti umani e mortifica una crescita sociale costruita faticosamente in decenni di lotta contro le diseguaglianze e le discriminazioni. Lo scrive Rosella Crinò, Vicepresidente del Premio Anassilaos e responsabile dl Centro sulla condizione femminile dell’Associazione Anassilaos. Di questa degenerazione siamo tutti complici nella misura in cui non sappiamo offrire alle donne – alle donne violate, maltrattate, offese, abbandonate, dimenticate – reali opportunità di tutela e di affermazione personale. Occorre – ribadisce la Crinò – un impegno concreto che ci consenta di immedesimarci nelle vittime, nel loro senso di violazione, di solitudine, di vergogna, che segna il destino di tante, troppe, donne il tutto il mondo. Non c’è nulla che spaventi di più della forza, del coraggio, delle capacità multiformi delle donne, e pertanto troppo spesso, per comodità, debolezza, vigliaccheria, opportunismo, si finisce per relegarle ai margini. Un sottile e perverso gioco dove la violenza fisica si accompagna a quella psicologica ed emotiva. Il contrasto alla violenza sulle donne parte da quelle prospettive di autonomia morale ed indipendenza materiale che sono l’arma più potente contro ogni forma di martirio al femminile. Armi che si costruiscono lottando contro stereotipi e penalizzazioni, battendosi affinché nessuna emergenza, neanche quella economica, possa segnare un arretramento di fronte al cammino di emancipazione femminile. Questo è l’impegno comune che oggi dobbiamo insieme rinnovare! Ognuno di noi, come padre o madre, fratello o sorella, amico o amica, può fare davvero molto perché ogni donna possa godere del diritto più grande “La Libertà”. Sono i numeri – aggiunge la responsabile Anassilaos – a restituirci l’immagine più tragica ed eloquente della situazione attuale. Nel 2022 le vittime di femminicidio nel nostro Paese sono state più di 100 ed ogni anno di più. Numeri e statistiche non conoscono l’ipocrisia. Una donna uccisa ogni tre giorni. Un caso di stalking o maltrattamento ogni quarto d’ora. Oltre 2 mila gli orfani di madri che non ci sono più. Numeri di una “mattanza” inaccettabile! Per molte donne, in ogni parte del mondo, la violenza ha trasformato le mura domestiche in un inferno privato. Proprio il luogo più intimo, quello che dovrebbe trasmettere calore e rifugio, diventa una camera di torture fisiche e psicologiche e spesso una tomba! E questa è la dimensione più terribile della violenza contro le donne: la condizione di abbandono e di isolamento da una società incapace di prevenire e difendere da un nemico che non bussa alla porta perché ha già le chiavi di casa. Per questo forse sarebbe opportuno rivolgere un appello anche agli operatori dell’informazione: le parole pesano e vanno usate con responsabilità, la violenza sulle donne e il femminicidio devono essere espressi nella loro cruda verità, senza le romantiche parafrasi dell’“amore malato” o “non ha resistito all’abbandono” perché questi crimini sono quanto di più lontano ci possa essere dall’amore. Che fare dunque dinanzi all’ennesimo atto di violenza? Servono educazione e istruzione, famiglia e scuola, associazionismo, mondo del lavoro e sindacale. Serve la cultura per rovesciare gli stereotipi e avviare un cambiamento in grado di mettere al bando ogni forma di violenza, sessismo e discriminazione. Perché in fondo, la conclusione della Crinò, tutele e normative non saranno mai davvero efficaci se non affiancate da un impegno altrettanto incisivo sul piano culturale. Le leggi non bastano se le menti non cambiano! È questo l’impegno comune che tutti, ognuno per la sua parte, dobbiamo assumere oggi per vincere la battaglia contro la violenza.
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