Michele zappino, l’artista della Città della Pietra, Zungri sul Poro vibonese che domina la costa bella, incarna appieno l’uomo-artista del Mediterraneo carico di fede e tradizioni, di miti e leggende, di riti e culture multiple quale sentire osmotico tra classicismo e tradizionalismo. I suoi lavori con elevata perfezione plastica nelle forme, nelle torsioni, negli atti espressivi raccontano di storie di fede tra Cristi e madonne dai tratti carichi di umanità, apoteosi di identità e memoria, di costumanze e comportamentalità. Da poco Zappino ha festeggiato i suoi cinquant’anni di artista, la cui storia personale è narrata nelle numerose pagine di bronzo che aprono chiese e cattedrali, diventano sentimento e ricordo della grande emigrazione, dell’artigianato che ha caratterizzato l’intera Calabria: calzolai, scalpellini, sarti, lavoratori della terra. La sua arte è proiezione di movimenti come nelle danzatrici che fermano l’attimo del movimento che travolge per la perfezione dell’estasi con bilanciamento armonico come solo i grandi scultori sanno fare, modellare, esprimere in così tanta forza travolgente.
Volti di santi e contadini, di uomini e donne segnati dal tempo le cui rughe danno la dimensione dei faticosi lavori: come le raccoglitrici di ulivi piegati alla terra, le trasportatrici di sacchi carichi di grano verso i mulini o di ulive da portare ai frantoi. Un artista che conosce bene l’uomo del sud pronto a fuggire verso un altrove dove costruire nuove storie, rivivere nuove opportunità, cambiare il proprio destino. Uno scultore straordinario che oggi regala alla Calabria la possibilità di visitare il suo grande museo con opere uniche in bronzo che esaltano l’identità magnogreca dove accanto nel suo grandissimo laboratorio continua a modellare opere d’arte che sue mani già conoscono nelle forme quasi guidate dalla divinità.
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