Nella vasta e complessa trama degli avvenimenti del XX secolo, vi sono storie rimaste nell’ombra, racconti di coraggio, sacrificio e resistenza che meritano di essere conosciute da tutti, soprattutto dai giovani.
In particolare le vicende degli Internati Militari Italiani (IMI).
Lo scopo di questo interessante ed emozionante libro è far emergere, in particolare, una di queste storie, quella di un giovane uomo che ha vissuto i dolori e gli orrori della Seconda Guerra Mondiale.
Nicola Marazzita racconta così la storia del padre Giuseppe .
Fu il padre stesso una sera a raccontargliela “mescolando cibo ed emozioni”.
Gli raccontò dell’’angoscia che si portava dentro.
Gli italiani prigionieri dei nazisti, dopo l’8 settembre, dissero dei “no” e furono trattati come traditori; poi, tornati in Patria, vennero umiliati come collaboratori dei tedeschi.
La storia di Giuseppe Marazzita iniziò con il suo arrivo a Nola.
In caserma si trovava bene con i suoi compagni, finchè non furono catturati e ammassati sui treni merci, “trattati come bestie”; poi il lager, le baracche, l’orrore quotidiano, la fame, il freddo, la malattia. “Una non-vita, una non-morte: un’agonia” .Ma gli IMI seppero dire dei coraggiosi “no”: rifiuto di combattere per i tedeschi e di aderire alla Repubblica di Salò. “Un atto di Resistenza” . Ecco il punto: resistenza non fu solo quella del partigiano che combatté in montagna, ma anche quella del prigioniero di guerra che rifiutò di sparare sugli Alleati anglo-americani.
Giuseppe racconta al figlio anche di una ragazza Helga, che conobbe in quel periodo e di cui si innamorò contro ogni pregiudizio dei commilitoni.
Helga fu per lui una boccata d’ossigeno.
Al figlio, raccontò anche di una giornata felice al Prater, ammirando la magnificenza della ruota panoramica: lì la ragazza gli regalò quella foto, scattata nel luogo del loro primo incontro. “Se dovesse accadere qualcosa, gli disse, ricordati sempre di me”.
Finita la guerra, Giuseppe ritorna a casa riabbraccia la famiglia, rivede gli alberi d’ulivo della sua amata terra. Piano piano ritorna alla vita.
Purtroppo per molto tempo, tanti diritti gli furono negati, fino a quando Carlo Azeglio Ciampi, un Presidente illuminato, riconobbe l’eroica Resistenza dei prigionieri italiani nei campi tedeschi Dopo di lui lo seguirono altri. Infine arrivarono i riconoscimenti.
Arrivarono le medaglie.
Ma Giuseppe Marazzita non c’era più, era morto nel 1976.
Avrebbe voluto rivedere la sua Helga, il cui ricordo lo aveva accompagnato per tutta la vita.