Confesso di aver comprato il libro, perché nel titolo ho visto la parola “arancio”.
Mio nonno Ferdinando, possedeva un’azienda agricola, dove c’erano meravigliosi aranceti.
Ebbene l’arancio, anche questa volta, non mi ha delusa, perché la lettura di questo libro mi ha fatto sognare, trasportandomi nell’antica Sicilia, bellissima terra ricca di storia, bellezza e cultura.
Protagoniste tre donne straordinarie, resilienti: Nardina, dolce e paziente, che sogna di laurearsi, ma che finisce intrappolata nel ruolo di moglie.
Sabedda, selvatica e orgogliosa, che vorrebbe poter decidere il proprio futuro, ma è troppo povera per poterlo fare.
Carlotta, orgogliosa e determinata, che vorrebbe diventare avvocato in un mondo dove solo i maschi ritengono di poter esercitare la professione.
Al di sopra di tutto un segreto, che affonda nella notte in cui i loro destini si sono uniti per sempre.
Il libro esplora anche il tema della maternità, ancora molto attuale.
Ambientato tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento ad Agrigento , Sabedda, Nardina e Carlotta lottano e amano sullo sfondo di un mondo che cambia, che attraversa il Fascismo e la guerra, arriva alla nuova speranza della ricostruzione.
Per ciascuna di loro, la vita ha in serbo prove durissime ma anche la forza di un amore più grande del giudizio degli uomini.
Un romanzo maturo e travolgente, scritto con una lingua ricca di sfumature, popolato di personaggi memorabili, per la dolente fierezza con cui abbracciano i propri destini.
Un romanzo che non smette di stupire, che ti costringe alla lettura, che mantiene la sua atmosfera anche nei momenti più drammatici e insegna che il destino è pronto sempre ad inseguirci, anche se noi vorremmo nasconderci.
Non ultimo vorrei sottolineare la bellissima frase “ Come l’arancio amaro, con i suoi frutti asperrimi, è l’arbusto più fecondo su cui innestare i dolcissimi sanguinelli” che mi ha fatto ritrovare nonno Ferdinando e il suo dolcissimo e allo stesso tempo amaro profumo
Milena Palminteri è nata a Palermo, vive a Salerno e ha due figli ormai grandi. Ha lavorato per tutta la vita come conservatore negli archivi notarili, dove insieme alla memoria economica di paesi e città italiane vengono conservate e custodite anche le nostre vicende individuali e collettive. All’inizio degli anni ottanta, mentre dirigeva l’archivio di Salerno, tra le carte di un vecchio fascicolo si è imbattuta in una storia che chiedeva di essere raccontata, quella di un neonato trasportato in una cesta e di una madre accusata di avere comprato il suo bambino.
A quella storia negli anni se ne sono intrecciate altre, confluite in questo suo primo romanzo che profuma d’arancio, amaro naturalmente.
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