INTELLIGENCE, MIGUEL GOTOR AL MASTER DELL’UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA: “IL 1974 ANNO CRUCIALE DELLA STRATEGIA DELLA TENSIONE”

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“Generazione Settanta: il 1974, l’anno cruciale della strategia della tensione in Italia” è il titolo della lezione tenuta da Miguel Gotor, storico, saggista, professore di storia moderna dell’Università di Roma Tor Vergata, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Secondo Gotor, gli anni Settanta rappresentano un caso di studio interessante per verificare il rapporto che intercorre tra la democrazia politica (per come la conosciamo in Occidente) e il ruolo svolto al suo interno dal conflitto. Questo periodo della storia italiana, infatti, è stato forse caratterizzato dal più alto tasso di provvedimenti riformatori di segno progressivo e modernizzatore nella storia dell’Italia unitaria ma anche da una radicalizzazione del conflitto politico senza precedenti, accompagnato da diverse tipologie di violenza. Tra gli interventi riformatori si ricordano l’approvazione dello Statuto dei lavoratori, la legge sul divorzio, i decreti delegati per la scuola, la nuova legislazione sul diritto di famiglia, l’istituzione del sistema sanitario nazionale, il riconoscimento del diritto all’aborto, l’introduzione dell’equo canone, la chiusura dei manicomi e l’abrogazione delle norme sul delitto d’onore. Contemporaneamente, si sono sviluppati lo stragismo, di matrice neofascista, e la lotta armata, sia a sinistra che a destra, due fenomeni che hanno riguardato esigue minoranze della popolazione, a differenza del radicamento di una violenza politica diffusa, nelle piazze, nelle scuole e nelle università che ha interessato ampie fasce del mondo giovanile.
Gotor ritiene che il 1974, in particolare il mese di maggio, sia stato l’anno cruciale della strategia della tensione in Italia. Per argomentare questa affermazione, Gotor ha illustrato quattro eventi rilevanti avvenuti tutti nel maggio 1974 che consentono di analizzare i comportamenti delle principali forze che stavano segnando la democrazia italiana tra riforme e violenza, tra speranze e tempeste.
Il 12 maggio 1974 si svolse il referendum abrogativo della legge sul divorzio che vide la vittoria del fronte laico e progressista, guidato dai radicali di Marco Pannella e dalla Lega Italiana per il divorzio, insieme con liberali, socialisti, socialdemocratici, repubblicani e comunisti. Uscì sconfitto il fronte clericale, capitanato dalla Democrazia Cristiana ed alleato con la destra conservatrice e con il Movimento Sociale Italiano, al termine di una campagna referendaria molto accesa che sembrò riprendere quella del 1948.
In questo clima, il 9 e 10 maggio 1974 ci fu una rivolta di detenuti nel carcere di Alessandria repressa con violenza per volontà del Governo, della procura della Repubblica di Torino e dei reparti dei carabinieri guidati dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nonostante la contrarietà delle autorità locali che si erano impegnate in una negoziazione con i rivoltosi. Secondo Gotor, l’obiettivo del Governo era lanciare un messaggio securitario al Paese in una fase politica in cui il dibattito sulle condizioni dei detenuti era molto acceso. La rivolta di Alessandria fu soffocata nel sangue con un bilancio di sette morti e quindici feriti. Le tragiche conclusioni della rivolta contribuirono ad inasprire la violenza e il 1° ottobre 1974 nacquero i Nuclei Armati Proletari che scelsero la strada della lotta armata per denunciare le condizioni dei detenuti in carcere.
Anche le Brigate Rosse, che fino al maggio 1974 avevano compiuto rapimenti di breve durata, decisero di alzare la qualità dello scontro nel corso della campagna referendaria sul divorzio. L’evento cui fa riferimento Gotor è infatti la liberazione, il 23 maggio 1974, del Sostituto Procuratore di Genova Mario Sossi, rapito il 18 aprile dalle Brigate Rosse. In pieno sequestro Sossi, il 28 aprile, il capo dell’Ufficio Affari Riservati Federico Umberto D’Amato dichiarava in un’intervista all’Espresso: “Questi delle Brigate Rosse li conosciamo tutti, uno per uno, sono una quarantina di persone, non di più, quasi tutti giovani e sono tutti militanti fedeli, coerenti, indottrinati, ben preparati, né corrotti né corruttibili”. Inoltre, sulla base di appunti ritrovati a casa del Generale del SID Gianadelio Maletti nel corso di una perquisizione nel 1980, si evince che, nel corso del sequestro Sossi, si erano svolte delle riunioni tra lui ed il capo dei servizi Vito Miceli nel corso delle quali era stato progettato come ritorsione verso le Brigate Rosse il rapimento di due personalità animatrici di Soccorso Rosso (Dario Fo e Giambattista Lazagna) e del brigatista Alfredo Buonavita con l’obiettivo di conoscere il luogo dove Sossi era custodito. Il sequestro Sossi assume particolare rilevanza secondo Gotor in quanto mostra come i vertici della sicurezza dello Stato avessero già definito delle controffensive con pratiche di infiltrazione del gruppo brigatista responsabile del sequestro e di contro-terrorismo assai spregiudicate. Inoltre, Gotor ha sottolineato anche come, secondo quanto testimoniato dal brigatista Alberto Franceschini (a capo delle Brigate Rosse durante il sequestro Sossi), ci siano stati nel gennaio 1974 contatti tra le Brigate Rosse e l’avvocato Alberto Malagugini, parlamentare e dirigente nazionale del PCI, dove faceva parte della sezione “Problemi dello Stato”, finalizzati a ottenere una smobilitazione del gruppo brigatista alla vigilia del sequestro Sossi.
Il quarto fatto accaduto sempre nel maggio 1974 è l’attentato di Piazza della Loggia a Brescia del 28 di quel mese, nel corso di una manifestazione antifascista indetta da tutti i partiti dell’arco costituzionale e dai sindacati confederali, in cui morirono otto cittadini e ci furono un centinaio di feriti. Secondo Gotor, questa strage di matrice neofascista rientra tra le stragi di intimidazione volte a creare un clima di paura sociale per rafforzare un riflesso politico centrista e moderato del quadro politico.
Nel settembre 1974 (un mese dopo la strage dell’Italicus) il Ministro dell’Interno, il democristiano Paolo Emilio Taviani, in un’intervista all’Espresso, prese le distanze dalla teoria dei “doppi estremismi” propugnata dal suo partito, secondo cui l’estremismo rosso a sinistra e l’estremismo nero a destra servivano alla Democrazia Cristiana per mantenere la propria posizione centrale nello schieramento politico. Decise quindi di rimuovere Federico Umberto D’Amato dalla direzione dell’Ufficio Affari Riservati, sospettandolo di non avere impedito le azioni stragiste della fase 1969-1974, nonostante le informazioni raccolte con i suoi informatori e i suoi infiltrati nel mondo neofascista, e di non avere fermato il sequestro del giudice Sossi a opera delle Brigate rosse.
Infine, Gotor ha spiegato come il 1974 rappresenti anche l’anno in cui si chiuse la prima fase della strategia della tensione e se ne aprì una seconda, più raffinata, che riguardò il terrorismo rosso e culminò con il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro. L’evento che fece da spartiacque tra il prima e il dopo avvenne l’8 agosto 1974, all’indomani della strage neofascista del treno Italicus del 4 agosto e il giorno prima in cui il presidente statunitense Richard Nixon fu costretto alle dimissioni per anticipare l’imminente impeachment in seguito allo scandalo Watergate, quando nell’inceneritore di Fiumicino, per ordine del Ministro della Difesa Giulio Andreotti e alla presenza del generale Maletti, bruciarono fino a tarda sera circa 128mila dossier raccolti dal SID nei vent’anni precedenti (i fascicoli del generale Giovanni Di Lorenzo, i documenti relativi al Golpe Borghese, e molto altro relativo alle stragi neofasciste del 1969-74). Da quel momento, la strategia della tensione non avrebbe più riguardato la destra ma la sinistra con le azioni in serie delle Brigate Rosse come anticipato dal capo del Sid Maletti al giudice Giovanni Tamburino nel settembre 1974 (“ora non sentirete più parlare di terrorismo nero, sentirete parlare di quegli altri”). E cosí avvenne, perpetuando quella continua tensione tra conflitto politico
e sociale, violenza armata, disponibilità al sovversivismo delle classi dirigenti e riformismo difficile che costituisce un carattere originale della
democrazia italiana negli anni Settanta e non solo.

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