Nel documento di indirizzo Ministeriale per l’introduzione dell’Educazione Civica, fra anacronistici richiami ai “sacri confini nazionali”, si sottolinea la necessità di considerare la nuova disciplina come “trasversale e strategica”.
In verità la trasversalità dovrebbe essere elemento comune a tutte le attività didattiche, in una società che richiede sempre più competenze che, per definizione, hanno caratteristiche di ologramma.
Nei paesi europei che spesso si trovano al vertice delle classifiche delle indagini internazionali – di cui in verità non si avverte alcuna necessità – l’educazione civica conta quanto da noi l’italiano o la matematica; anche se il suo insegnamento è “affare di tutti”, perché è un obiettivo formativo unitario da promuovere in un sistema educativo ampio (formale, non formale ed informale); con continui rimandi alle scuole ed alle famiglie.
Le scuole e le famiglie sono ancora le Istituzioni elettive all’interno delle quali si creano le basi della convivenza civile e della cittadinanza attiva.
Eppure si conoscono pochi casi – mondo politico a parte – in cui fra elementi dello stesso percorso, spesso ci sia incomprensione più ampia.
Gli elementi più innovativi di pedagogia e sociologia, concordano sulla necessità del miglioramento del clima relazionale per creare i presupposti del successo formativo e per strutturare le basi di una cittadinanza affiancata da un sostantivo – attiva – che ne esalta ed amplifica il valore.
Il clima relazionale può essere migliorato con azioni di riflessione e di partecipazione nei due ambienti: nella scuola, con un’attenzione particolare alla qualità dei rapporti, delle informazioni e della comunicazione – in attesa della “ciarlata” ma mai attuata riforma degli organi collegiali fermi al …1974; nella famiglia, nella quale i genitori possono concorrere al raggiungimento delle finalità formative comuni, proprie della vita della scuola.
Realizzare tutto ciò non è impresa da poco: ma la strada è obbligata, perché è il percorso che fa passare gli allievi dal ruolo di abitanti a quello di cittadini.
Il presupposto perché quanto detto si realizzi richiama il principio secondo il quale la scuola debba essere” …vivaio di relazioni umane” e non semplice apprenditoio anche se tecnologicamente avanzato teso a migliorare performace confindustriali.
Una scuola dunque autenticamente comunitaria, che condivide vision e mission; che si concentra oltre che sugli apprendimenti, sul clima relazionale e sulla costruzione di una cittadinanza scolastica basata su rispetto, senso di appartenenza, partecipazione, protagonismo giovanile. In poche parole un “essere scuola, non esserci soltanto dentro”, come recitava lo slogan del Progetto Giovani ‘93: con buona pace del Censis e delle sue …statistiche.
Perché sarebbe diabolico non riconoscere che è prioritariamente la scuola, fra tutte quelle che la pedagogia sociale definisce “Istituzioni educative”, quella che meglio si presta a sperimentare il valore dell’uguaglianza e della differenza; l’impegno per l’affermazione personale ed il gusto per la collaborazione; il rispetto di ruoli diversi e le energie da profondere insieme per il conseguimento di obiettivi comuni.
Solo una nuova scuola così intesa si caratterizzerà sempre più positivamente come “Laboratorio di Cittadinanza”; solo così si darà sostanza all’Educazione Civica.
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