“La deradicalizzazione: il quadro giuridico” è il titolo della lezione tenuta da Stefano Dambruoso, magistrato e esperto di antiterrorismo, presso il Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.
Dambruoso ha presentato una lezione impostata sui cambiamenti introdotti dal Decreto 7 del 2015 in Italia nei confronti della lotta al terrorismo del tempo, evidenziando anche esperienze di deradicalizzazione in alcuni Stati esteri.
La lotta al terrorismo internazionale si è evoluta nel tempo, raggiungendo un punto di svolta globale nel 2014 e in Italia nel 2015.
Inizialmente, il terrorismo internazionale era stato legato agli eventi del 2001 e considerato un problema connesso all’Afghanistan.
Gli attentati del 2004 a Madrid e del 2005 a Londra hanno invece dimostrato che anche i propri cittadini (in quest’ultimo caso immigrati di seconda generazione) possono rappresentare una minaccia.
In questo modo, è emersa la necessità di una risposta più coordinata a livello nazionale ed internazionale contro il terrorismo.
Dal 2011, le Primavere Arabe hanno dato vita ad un cambiamento politico significativo nel Nord Africa e si è assistito anche ad un indebolimento di regimi di lunga durata in aree come la Siria.
La parallela ritirata americana dall’Iraq ha permesso a gruppi criminali di sfruttare il pretesto religioso per rafforzare il controllo su parte del territorio fino ad arrivare alla nascita dello Stato Islamico e ad una diffusione di nuovi mezzi per la propagazione di ideologie e terrorismo.
Il web, precedentemente visto come una forma di espressione democratica, è repentinamente diventato uno strumento chiave per la propaganda e il reclutamento dello Stato Islamico, creando nuove sfide per le forze dell’ordine.
Le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza hanno adottato una risoluzione nel 2014, recepita prima dall’Unione Europea e successivamente dall’Italia con il Decreto numero 7 del 18 febbraio del 2015, poche settimane dopo l’attentato al giornale parigino di “”Charlie Hebdo”.
Questo decreto ha introdotto norme che penalizzano non solo l’organizzazione di viaggi verso l’allora Stato Islamico, ma anche l’adesione ideologica e la preparazione di atti terroristici tramite il web.
Simmetricamente alla partenza verso lo Stato Islamico, si è registrato anche il rientro dei ‘foreign fighters’ nei paesi d’origine, accentuato soprattutto dopo la caduta dell’autoproclamato califfato.
Tale inedita circostanza rappresentava una minaccia per la sicurezza nazionale e rendeva essenziale la creazione di programmi di deradicalizzazione.
Questi programmi, che in molti casi esistono ancora, variano tra i paesi, ma condividono l’obiettivo di reintegrare nella società gli individui radicalizzati.
Un caso particolare è quello dell’Arabia Saudita, dove il programma sostenuto da ingenti fondi e strutture all’avanguardia si basa su counseling e riabilitazione in centri specializzati prima di una successiva reintegrazione assistita.
Guardando al futuro, l’evoluzione del terrorismo richiederà risposte rapide ed efficaci dalle istituzioni.
L’intelligence gioca un ruolo cruciale, operando con maggiore flessibilità rispetto alle forze di polizia, ma sempre entro i limiti della legge.
Le informazioni raccolte vengono verificate dalla polizia giudiziaria e trasmesse al pubblico ministero per avviare indagini formali, garantendo che le prove abbiano valore legale in un sistema democratico.
La lezione è stata conclusa da una brillante testimonianza di Francesco Conti, ricercatore e analista, che ha illustrato i più importanti progetti di deradicalizzazione, che si stanno svolgendo nel mondo arabo, dove il fenomeno oggi è particolarmente avvertito.
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