Robert Prevost è Papa Leone XIV che adotta le origini della tribù di Davide per aprire i 7 sigilli? (AP.5:4-5) Robert Prevost è Papa Leone XIV che adotta le origini della tribù di Davide per aprire i 7 sigilli? (AP.5:4-5)

Robert Prevost è Papa Leone XIV che adotta le origini della tribù di Davide per aprire i 7 sigilli? (AP.5:4-5)

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Ogni vero papa è la continuazione di Pietro e non del suo predecessore. Questa è una regola storica. A nulla vale il tifo da stadio di chi cerca di tirare per la tonaca il papa di turno. Egli ha una indole sacerdotale che è una missione specifica, incastonata nel tempo che vive.

La forza di Papa Leone XIV sta nella sua storia ecclesiastica e nel carisma del suo Ordine di mendicanti, l’OSA-Ordo Sancti Augustini, fondato nel XIII secolo in Italia che si richiama ai concetti di povertà evangelica, di predicazione ambulante, di esenzione dalla giurisdizione vescovile e di estrema fraternità, meglio conosciuto come Agostiniani, ispirato agli insegnamento di Sant’Agostino d’Ippona che non fu il fondatore, essendo vissuto circa 700 anni prima della creazione dell’Ordine.

Ricordiamoci che anche Martin Lutero era un frate agostiniano e la sua appartenenza creò, per un certo periodo, qualche difficoltà all’ordine, accusato dai teologi di aver generato con le sue posizioni teologiche il pensiero eretico. Forse proprio queste accuse spinsero i teologi agostiniani ad un’intensa attività apologetica della fede cattolica durante il Concilio di Trento a dimostrazione della loro presa di posizione contro l’eretico Marin Lutero.

Papa Francesco, invece, con il busto di  Martin Lutero esposto Santa Marta, creò non pochi mugugni e, quasi, scandalo. Fu il papa di “gesti sbagiati” quando nella basilica di Loreto si faceva baciare le mani dalle suore e rifiutava, con stizza, il baciamo sull’anello piscatorio da parte dei fedeli, giustificandosi poi dicendo che era per motivi di igiene per gli stessi fedeli. Ma era ancora il 2019 e, il Covid, non esisteva. Gli va dato atto però, tra le sue innumerevoli attività, di aver tenuto al barra dritta su temi cruciali per la dottrina della Chiesa, quali, l’aborto, la teoria gender, l’omosessualità anche interna tra i seminaristi, evidenziata con la fatidica frase che nella “Chiesa c’è già troppa frociaggine”, salvo poi scusarsi.

Anche l’8 dicembre 2015 avevano destato scalpore le immagini di animali, di moschee e di altre forme pagane proiettate sulla facciata della Basilica di San Pietro e sul Cupolone, a sostegno della conferenza sul clima di Parigi del 12 dicembre 2015. Anche la Pachamama esposta nei riti in vaticano ha urtato la sensibilità di molti cattolici essendo una divinità pagana venerata dai popoli indigeni delle Ande che rappresenta la Terra, la fertilità e l’abbondanza, considerata la Madre Terra, una figura materna che dona vita e protegge. Ma, in casa della Vergine Maria, è risultato a molti inaccettabile.

Un progressismo ideologico più che teologico, che ha fatto da spalla a quell globalismo mondialista politicamente sconfitto con la rielezione di Trump e segnato dalla morte ideologica del progetto sincretico che è stato definitivamente seppellito dalla simbolica visita di Vance, in Vaticano, il giorno di Pasqua 2025.

Il nome di Leone XIV la dice lunga sul pontificato che ci attende. Il suo predecessore Leone XIII fu quello della Rerum Novarum, una enciclica del 1891, che si occupava dei vari temi della giustizia sociale, sollecitando la nascita di sindacati di operai d’ispirazione cattolica, promuovendo la solidarietà cristiana come cardine dei rapporti di lavoro e invitando l’intervento dello Stato nei casi di scontro. Quindi, fossi Landini della CGIL, non dormirei sonni tranquilli e neanche sul versante politico, operando di sicuro Leone XIV, una rivisitazione dell’enciclica in chiave italiana ed europea per stimolare il richiamo dei cattolici in una rinnovata forza politica di centro sulla scia della Democrazia Cristiana, in un riscatto della politica della dottrina sociale della Chiesa rispetto alla becera politica dei diritti civili delle ONG.

Papa Prevost ha esordito con “La pace sia con tutti voi” un augurio diverso dal meno impegnativo “Buona sera” di Papa Francesco e ha ricordato il “non abbiate paura” di Giovanni Paolo II ed affermando: “Dio ci vuole bene. Dio vi ama tutti e il male non prevarrà. Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti, mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce”.

Ha proseguito ancora su Cristo dicendo “L’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi, gli uni gli altri, a costruire i ponti con il dialogo, con l’incontro, unendo per essere un solo popolo, sempre in pace … Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante,” Se fossi tra i guerrafondai dell’Europa della Ursula Von der Leyen, dopo queste frasi, mi metterei una macina al collo.

I segnali di una inversione al cambiamento sull’indirizzo della Chiesa che Bergoglio voleva imprimere nella fase finale del suo pontificato, è stata percepita dagli addetti ai lavori con il rinvio del Sinodo generale dei vescovi, svolto dal 31 marzo al 4 aprile u.s., rimandando i lavori al 25 ottobre, dopo le forti e compatte posizioni interne che hanno scongiurato una seria frattura, con un emendamento da parte dei gruppi di lavoro che hanno richiesto un ripensamento globale del testo.

Tutto questo ha creato le basi per un terreno fertile che ha poi coltivato l’attenzione sul papa americano, moderato, tradizionalista utile a creare un ponte con gli Stati Uniti di Trump, che volente o nolente, ha influenzato l’elezione di questo pontefice anche postando la provocatoria foto che lo raffigurava vestito da papa. Trump ha giocato le sue carte in tempo, inserendo ben 11 ministri e altre personalità apicali, tutti esponenti di estrazione cattolica, caratterizzando la sua amministrazione in maniera tale da permettere all’influente cardinale e arcivescovo di New York, Timothy Michael Dolan, di esercitare la sua influenza per questa scelta, ben assistito in Italia da un folto gruppo di cardinali, tra questi, l’influente e carismatico tessitore, Angelo Bagnasco, guidati dal soffio dello Spirito Santo.

Un passo che ci aspettiamo di vedere e capire quanto Leone XIV sarà diverso dal suo predecessore, sarà la prossima pubblicazione dell’annuario pontifico al quale Bergoglio, nell’edizione del 2013, ad inizio del suo pontificato, aveva frapposto il suo nome e i sui titoli, rispetto ai precedenti annuari, inserendo nella parte sottostante il titolo di Vicario di Cristo e gli altri titoli pontificali. Un fatto che destò stupore e meraviglia nel silenzio delle sacre stanze vaticane domandandosi, ironicamente, “se Bergoglio fosse il Vicario di Cristo, oppure Cristo fosse il vicario di Bergoglio?”.

Annuario Pontifico del 2013 e annuario del 2020 modificato

A Bergoglio non sarà stato misericordiosamente perdonato il fatto di aver permesso per lungo tempo la presenza di un clima di sospetto all’interno dei palazzi vaticani dove, egli, non mancava di contattare personalmente chi osava criticare o manifestare una visione differente su alcune scelte del pontefice, con richiami all’odine che non passavano inosservati e/o senza conseguenze. Più volte alcuni incontri che si svolgevano alla luce del sole nelle stanze o corridoi, finirono per essere svolti sottovoce e con circospezione per evitare di essere visti e ascoltati nel fraintendimento di chi riferiva con eccesso di zelo, mortificando monsignori, vescovi e cardinali.

Adesso, papa Prevost, dice di voler unire tutti in Cristo per ottenere la pace, segno di una grande rivoluzione rispetto a chi voleva unire tutti nelle diversità religiose e laiche, in un velato sincretismo di un’ecologia integrale, senza mai precisare agli altri, che il centro dell’unità doveva essere imperniato intorno alla figura di Cristo.

Leone XIV è il tanto atteso Leone della tribù di Giuda?<Giovanni piange perché nessuno è stato trovato degno di aprire il rotolo del giudizio di Dio o anche solo di guardarci dentro. Poi uno degli anziani dice a Giovanni: “Non piangere; ecco, il Leone della tribù di Giuda, la Radice di Davide, ha vinto per aprire il libro e sciogliere i suoi sette sigilli” (Apocalisse 5:4-5).

Buona visione…

Antonio Leonardo Montuoro

Vaticanista, analista di Teo Intelligence

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