Luigi Mamone non era mai stato in Iraq; ma ha magistralmente descritto i luoghi, la guerra con le sue terribili dinamiche, l’odore di gomma bruciata, i calcinacci dei ruderi di Baghdad, il sinistro rumore dei bombardamenti, il cielo stellato di Nassiriya, il richiamo dei Muezzin all’adhàn e il vociare della casbah, attraverso una prosa densa di poesia.
Il romanzo è una lunga poesia, un lungo canto d’amore, che emoziona il lettore fino alle lacrime, che toglie il fiato e costringe ad andare avanti, a leggere fino alla fine.
Un romanzo che conferma la straordinarietà di un uomo colto e raffinato: avvocato, poeta, scrittore, storico, attore, sportivo, pittore, uomo di chiesa e acuto giornalista.
Un uomo di una cultura enciclopedica, che ha attraversato il suo tempo, rendendolo prezioso, cogliendone i segni e i cambiamenti, rendendolo immortale.
Protagonista del romanzo è il giornalista Ugo Malimeni(anagramma di Luigi Mamone) che attraverso precise descrizioni e analisi geopolitiche ,racconta la guerra in Iraq, anticipando riflessioni che poi sono divenute realtà.
Infatti quando Luigi aveva iniziato a scrivere il romanzo l’establishment americano ,che lui chiamerà i libertadores, non aveva fatto outing sulle bufale delle armi chimiche di Saddam Hussein, un pretesto che avrebbe consentito la colonizzazione di un asset strategico nero come la notte.
Si trovano , inoltre termini della nomenclatura tecnica dei giornalisti d’inchiesta, dei loro strumenti di ripresa e di regia.
Non manca la terminologia militare, dettagli delle armi e delle dotazioni, la descrizione delle truppe di guerra e di pace.
Senza tralasciare la distinzione tra waemakers e peacekeeping, andando a pescare nel glossario geopolitico delle Peace Support Operationi(P.S.O), per poi rivivere le divise dei dimions e quel suo periodo di naja a Macomer nella Brigata Sassari.
Meravigliose sono le descrizioni dei luoghi: il Tigri e l’Eufrate, la bellezza delle antiche civiltà, Alessandro Magno, Ninive, a conferma del suo amore verso storia.
Luigi intreccia alla guerra i suoi ricordi, la terra natia con l’Aspromonte, il Cristo Nero di Terranova e sente l’urlo straziante “Elì, Elì, lamà sabactàni, il profumo di zagara dei suoi aranceti, il ricordo dei suoi cari genitori e della casa delle rose, infinitamente amata.
Ricordi domestici come la preparazione della passata di pomodoro durante l’estate, il dolore della morte del padre e di un cugino, si rivede chierichetto nella Chiesa di Santa Luigi e poi all’Università, senza tralasciare vicende di cronaca nazionale, come la morte di Alfredino Rampi, caduto in un pozzo artesiano negli anni 80.
Il romanzo si conclude in Liguria dove Ugo arriva a bordo del suo Duetto Alfa Romeo, sul monte Beigua al Santuario della Regina Pacis e dove lascia una medaglietta d’oro raccolta da terra davanti alle macerie dell’ Animal House, distrutta dall’esplosione, gesto che segna la fine della sua missione a Nassiriya.
Traspare all’interno del romanzo il senso della finitezza della vita, tradotto in un trovarsi e perdersi.
Ugo scrive:” trovarsi e perdersi e conservare dentro icone di vita, talvolta dolci talaltra dolorose. Trovarsi e perdersi con quelli che non ci sono più e che ritrovi nel sogno finchè il sogno dura o fino al risveglio quando ti ritrovi ancora solo senza quelli che nel subconscio pensavi di aver ritrovato. Trovarsi e perdersi”.
Un’opera-testamento di un grande uomo, più di quanto queste poche righe possano esprimere.
La prefazione è stata curata da Michelangelo Di Stefano.
In copertina illustrazione di Giuseppe Mamone.
Caterina Sorbara