Un dolce ricordo: l’estate 1992

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Correva l’anno 1992, principessa estate riscaldava con il suo caldo sole gli ulivi della Piana del Tauro, mentre Luca Carboni cantava “Mare Mare”, una  canzone  che raccontava il viaggio di un uomo che partiva da Bologna per raggiungere il mare, con la speranza di trovare qualcuno o qualcosa che desse senso alla sua vita.

Un testo  caratterizzato da una forte componente emotiva e riflessiva, tipica dello stile dell’autore, molto amato dal suo pubblico e che quell’anno fu vincitore assoluto delle Kermesse estive.

“Forse tu mi stai aspettando mentre io attraverso il mondo”.

Era un verso del brano e sembrava scritto proprio per Clelia, che seduta sulla riva del mare nell’incantevole Tonnara di Palmi, aspettava l’arrivo del suo amato Guglielmo.

Clelia sapeva che lui attraversava il mondo, viveva il mondo, parlava perfettamente l’inglese e il tedesco, era cresciuto in un  mondo totalmente diverso dal suo, fatto di spaventapasseri, ulivi, fate ed elfi, principesse e principi,  libri e preghiere.

Clelia aspettava in silenzio guardando lo scoglio dell’Ulivarella, mentre i gabbiani danzavano sul mare infinita distesa d’azzurro.

Clelia gli aveva persino spedito una cartolina raffigurante la scoglio, scrivendo: “ti aspetto qui”!

Guglielmo sarebbe arrivato al borgo natio, dopo aver attraversato il mondo.

Quell’anno presso il cortile della Scuola De Zerbi di Palmi Michele Placido aveva magistralmente interpretato Pirandello.

Clelia era felice perché amava il teatro.

Nella vetrina di un noto negozio palmese  di abiti da sposa, c’era un bellissimo abito in pizzo che  tanto ricordava(per lo stile) l’abito da sposa di Edda Mussolini.

Clelia non riusciva a staccare gli occhi dalla vetrina.

Non vedeva l’ora di raccontare a Guglielmo  di Michele Placido, della stagione teatrale palmese e  dall’abito da sposa, che avrebbe voluto indossare per lui.

“Forse tu mi stai aspettando mentre io attraverso i mondo”.

Clelia aspettava.

Avrebbe voluto portarlo a Palmi, alla Tonnara a guardare insieme a lui lo scoglio dell’Ulivarella.

Clelia sognava di raccontargli  la leggenda di donna Canfora.

Donna Canfora era una giovane donna di grande bellezza, amata da tutti, molto ricca ed estremamente generosa con i bisognosi che, rimasta vedova troppo presto, decise di onorare la memoria del marito deceduto dedicando a lui la propria vita.  La sua fama iniziò a diffondersi non solo nelle contrade vicine ma arrivò oltremare giungendo fino ai porti più lontani.

I saraceni non poterono resistere a tale notizia e sotto le mentite spoglie di mercanti di stoffe pregiate, tappeti, pietre preziose e raffinate maioliche, giunsero al porto allestendo un mercatino a bordo  della loro imbarcazione. Tutte le donne del posto si recarono a curiosare e anche Donna Canfora, pur se titubante a causa di uno strano presentimento, si fece convincere dalla sua cameriera di andare ad ammirare tale mercatino ricco di rarità.  Giunta sulla spiaggia, la folla fece largo per farla passare e facilitarle la salita a bordo della nave, dove il capitano, accogliendola con un sorriso, la invitò  a seguirla per mostrarle la merce esposta.  Immediatamente, fece un cenno alla ciurma che si precipitò ad issare le vele e levare l’ancora..  La gente in spiaggia iniziò a urlare, Donna Canfora, capito l’inganno e resasi conto del rapimento, chiese di essere lasciata un attimo sola per dare l’ultimo saluto alla sua terra. Dirigendosi a poppa, guardò gli amici disperati, chiese perdono a Dio alzando gli occhi al cielo e si lanciò in mare gridando:

“Impara o tiranno, che le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”

Donna Canfora annegò tra le onde e nel punto in cui sparì, il mare prese i colori indaco, blu, turchese e smeraldo, delle sue pesanti vesti, in quella nota come Costa Viola.

Avrebbe voluto portarlo a Seminara e presentarlo alla  Madonna dei Poveri.

Sarebbe stato bello  assistere assieme a lui  all’uscita della chiesa della statua per la processione con il palio e i giganti  Mata e Grifone, che rappresentano un principe saraceno che durante un’incursione in Calabria si era innamorato di una bellissima ragazza calabrese.

Le due figura portate da due uomini mimano la scena del corteggiamento con una danza ritmata dalla cosiddetta “banda pilusa”, cioè composta da  strumenti derivanti dalla pelle della  pecora: tamburi, tamburelli e zampogne.

E poi ancora a San Rocco d’Acquaro, perché come diceva don Luca Asprea: ”San Rocco d’Acquaro è sempre San Rocco d’Acquaro”.

Senza tralasciare la visita a San Rocco di Palmi per  vedere gli spinati e  dopo la notte i fuochi d’artificio.

Naturalmente è sempre San Rocco di Montpellier, ma Clelia era fedele alle trazioni che imponevano prima Acquaro e dopo Palmi.

Allora i fuochi d’artificio di Palmi erano i più belli della Piana del Tauro

Clelia aspettava e sognava tra gli ulivi che profumavano d’estate.

Scriveva il nome del suo amato  sulle pagine del libri che leggeva.

Studiava e leggeva, era affamata di cultura , non ultimo voleva che lui fosse orgoglioso di lei.

Presto lui sarebbe arrivato con un mazzo di rose rosse e un bellissimo anello.

L’illusione si sa   è la più dolce delle medicine, e mentre l’alba rosata danzava tra gli ulivi, Clelia sognava il suo matrimonio con Guglielmo: la cattedrale di Oppido Mamertina, il bouquet di zagara e rose, l’abito in pizzo e l’Ave Maria di Schubert.

“Mare, mare, mare
Ma sai che ognuno c’ha il suo mare dentro al cuore sì
E che ogni tanto gli fa sentire l’onda
Mare, mare, mare
Ma sai che ognuno c’ha i suoi sogni da inseguire sì
Per stare a galla e non affondare no, no”.

Ma  l’estate  1992, è volata via senza nessun arrivo, se non quello  del  tempo del  dolore, un dolore lancinante che ha squarciato il cuore di Clelia, fino a farla morire, insieme all’amore, al vestito in pizzo, al bouquet di zagara e rose, all’Ave Maria di Schubert.

Tutto sepolto in una bara piena di freddo e solitudine, il resto l’ha fatto il tempo, che scorre lento e inesorabile.

Il tempo che scorre portandosi via i sogni e le speranze.

E’ rimasto il ricordo di Clelia  e del suo infinito amore per Guglielmo, che ritorna a vivere d’estate, che danza insieme ai gabbiani sullo scoglio dell’Ulivarella e nel verso della canzone di

Luca Carboni :”forse tu mi stai aspettando mentre io attraverso il mondo”.

Caterina Sorbara

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