Appello per una scuola responsabile, inclusiva e pluralista Con l’apertura del nuovo anno scolastico, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane desidera richiamare l’attenzione di ogni soggetto coinvolto – Ministro, dirigenza, ispettorati, docenti, studenti, famiglie, sindacati – al proprio grado di partecipazione e responsabilità, per favorire la frequenza in un ambiente accogliente e tutelato. A proteggere e vivere il percorso educativo in un contesto scolastico di unità e di civile formazione. Solo in uno spazio equilibrato gli studenti possono acquisire, con gradualità e maturità, le competenze che li guideranno a sviluppare una coscienza personale, consapevole e autonoma, di fronte alle sfide, ai dilemmi morali e laceranti e alle tragedie del nostro tempo, vicine o lontane ai confini italiani. Insegnare la complessità, promuovere il pensiero critico e trasmettere empatia universale – non selettiva – sono i presupposti fondamentali per una scuola capace di costruire cittadinanza e convivenza. Dinanzi a numerose iniziative che invitano nel primo giorno di scuola a dedicare l’attenzione con forme diverse (minuto di silenzio, indossare magliette e simboli, adesioni ad appelli per denunce) unicamente alle sofferenze subite a Gaza, a volte accompagnate da contestazioni politiche che affrontano il drammatico conflitto in Medio Oriente in modo parziale, con slogan che alludono alla cancellazione dello Stato di Israele ed espressioni fortemente distorsive, come “genocidio” o “scolasticidio”, sentiamo il dovere di rimarcare la pericolosità di tali scelte, per l’impegno che invece il sistema scolastico deve generare in termini di rispetto ed equilibrio. In queste iniziative, sembra mancare un riconoscimento della complessità della situazione e del contesto che ha portato all’escalation del conflitto, a partire dall’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, compiuto da Hamas contro civili israeliani. In quell’assalto sono state massacrate famiglie intere, uccisi bambini nei loro letti, bruciati vivi, rapiti, separati dai genitori. Bambini che oggi, orfani e traumatizzati, non possono più frequentare serenamente la scuola, perché le loro scuole o i loro compagni non ci sono più. Non si tratta solo di una grave omissione storica e umana. Un racconto che ignora questo dolore trasmette una narrazione distorta, che seleziona arbitrariamente chi meriti empatia e solidarietà. È una lettura riduttiva, che traduce una crisi geopolitica complessa e dolorosa in una visione ideologizzata, pericolosamente polarizzante.
E’ certamente chiaro lo spirito buonista di inviti che mirano a stimolare sensibilità e consapevolezza su temi internazionali che viviamo tutti con dolore, ma la polarizzazione delle coscienze offre narrazioni conflittuali, senza poter disporre degli strumenti necessari a decodificare la complessità geopolitica, storica e reale di quanto trasmesso in modo superficiale. Ma è un preciso dovere nel primo giorno di scuola ricordare tutti coloro che non possono spensieratamente e liberamente vivere questo momento, con il pensiero rivolto anche ai bambini israeliani, ex ostaggi ed orfani, feriti e sofferenti per i crimini subiti dal massacro di Hamas del 7 ottobre, esposti quotidianamente ad attacchi e attentati, a bambini ucraini nelle zone tutt’oggi colpite e ospitati anche nelle nostre scuole, ai trasferimenti forzati illegali di 20.000 minori ucraini in Russia e in Bielorussia, alle scuole in numerose zone di guerra, o in paesi che limitano fortemente la libertà di studio, alle bambine afgane che sono precluse dalla formazione. E non ultimo, il dovere di coerenza e verità a comprendere e ricordare che i bambini di Gaza, la cui sofferenza è indicibile, sono anch’essi vittime di organizzazioni terroristiche che indottrinano all’odio e usano scuole e spazi di vita come scudo per ben altri progetti di distruzione. Il rischio concreto di iniziative unilaterali è che si apra la via alla trasformazione della scuola in un terreno di scontro, riportando ad un passato che si sperava superato con iniziative che favoriscano la discriminazione, accanita anche verso chi esprime liberamente una propria valutazione diversa rispetto all’iniziativa promossa. È dinnanzi a noi la testimonianza della senatrice Liliana Segre, il suo negato primo giorno di scuola nel 1938, a soli 8 anni. Con rispetto e senso di responsabilità istituzionale, invitiamo a vigilare affinché nelle scuole italiane venga garantito un approccio pluralista, informato e rispettoso di ogni persona, ogni vita, ogni storia.
Ufficio stampa UCEI
(Fonte Facebook)
- Tags: bambini, Comunità Ebraiche, gaza, Liliana Segre, odio, scuola