“Carissimi, per noi cristiani il Natale ricorda l’evento che ha cambiato la storia dell’umanità: il Figlio di Dio è venuto ad abitare tra gli uomini, “si è fatto come noi per farci come lui”. Anche se nel frattempo nulla appare cambiato nel mondo rispetto al passato perchè le guerre continuano a dominare sull’orizzonte, l’odio prevale su ogni volontà di amore, il futuro sembra farsi più buio che mai, la cultura dello scarto è prevalente in ogni campo. Eppure il Bambino di Betlemme emana col suo sguardo una energia talmente speciale da coinvolgere chiunque. E’ un Gesù che si fa dono, affronta tutti i rischi e le difficoltà comuni agli uomini, ci prende e ci conduce per mano, ci esorta ad uscire dal chiasso di feste che non sono festa per riappropriarci dei desideri profondi del cuore.
Si dice che il Natale è bello come un sogno perchè, malgrado tutto, vuol farci sognare una vita piena di luce, di gioia, di bontà, di pace. Quel Bambino può restituire il sapore alla vita perchè viene a richiamarci la bellezza della semplicità, il gusto di sentirci amati e di poter amare.
Siamo appena usciti dall’anno giubilare della misericordia, ma non per questo è finito il tempo della misericordia. Al contrario. Ecco perchè vogliamo accostarci e contemplare il Bambinello, riportarlo dalla grotta del presepe nel cuore di ciascuno perchè con Lui, preso sul serio, ce la possiamo giocare veramente la vita in uno stile di rapporti umani rinnovati, capaci di infondere in tutti fiducia e stimoli per uscire dalla disperazione di una umanità malata, della mancanza di un lavoro dignitoso, di situazioni di sofferenze diffuse e di vuoto di valori autentici e non effimeri. Che possiamo fare? E’ la domanda che tutti ci poniamo perchè sentiamo il bisogno di trovare risposte sane, senza sentirci avviliti e oppressi nei nostri guai. L’icona che ci può fare da riferimento è quella di Giuseppe e Maria alla ricerca di un rifugio dove accogliere il Figlio che sta per nascere: nemmeno loro trovarono “posto nell’albergo”. Alla fine, però, ce l’hanno fatta.
Anche per noi, con i nostri problemi, si può aprire la strada buona che porta a Betlemme: non si tratta del sentiero delle parole vuote di cui siamo tutti stanchi, nè di un fugace quanto inutile sentimento di pietà. Si tratta, invece, del coraggio di una fede rinnovata e della carità che si fa tutto per gli altri, soprattutto per i più deboli ed indifesi. E’ il mondo nuovo della misericordia e della “inclusione” nell’amore. Le nostre parrocchie, le nostre famiglie, i nostri cuori devono diventare luoghi accoglienti per ospitare Gesù nei fratelli, devono trasformarsi in grembo fecondo di crescita e di testimonianza come quello di Maria. Ieri come oggi l’umanità ha sempre attraversato periodi terribili di violenze e di male. Il Natale, in attesa della Pasqua, ci apre la porta verso la liberazione. Per questo occorre guardare al Bambino senza perdere di vista la sua Risurrezione, da cui dipende la speranza che non delude. Finirà cosi ucciso anche in noi il demone della paura e dello scoraggiamento per puntare al traguardo della luce accesa a Betlemme al fine di illuminare ognuno di noi, le nostre famiglie, le nostre comunità. Senza Pasqua il Natale è insignificante. E’, se vogliamo, riscoprire il vero senso cristiano del Natale senza cadere nei limiti lamentati ironicamente dallo scrittore Gilbert Keith Chesterton quando scrive: “Molti ringraziano Babbo Natale perchè mette doni nelle calze, mentre non ringraziano Dio che ha dato loro i piedi da mettere in quelle calze”.
E’ questa l’eredità ricevuta dalla chiusura della porta santa del Giubileo, di cui dobbiamo sentirci orgogliosi: sentirci tutti mendicanti ed insieme donatori di misericordia, di perdono e di amore. A partire dalla nascita di Gesù, 2000 anni fa, ci ha ricordato Papa Francesco, “il Vangelo ci chiama a riconoscere nella storia dell’umanità il disegno di una grande opera di inclusione, che, rispettando pienamente la libertà di ogni persona, di ogni comunità, di ogni popolo, chiama tutti a formare una famiglia di fratelli e sorelle, nella giustizia, nella solidarietà e nella pace, e a far parte della Chiesa, che è il corpo di Cristo”. (cf. Udienza Giubilare del 12 novembre 2016) Sono profondamente vere le parole con cui Gesù invita quanti sono stanchi e affaticati ad andare da Lui per trovare riposo.
“Le sue braccia spalancate sulla croce, continua il Papa nella stessa Udienza, dimostrano che nessuno è escluso dal suo amore e dalla sua misericordia, neppure il più grande peccatore: nessuno! Tutti siamo inclusi nel suo amore e nella sua misericordia. Il modo più immediato e concreto con cui siamo accolti e ci sentiamo inseriti in Lui è il suo perdono”.
Tutti abbiamo bisogno di essere perdonati da Dio. Non possiamo nasconderci dietro un dito. E tutti abbiamo bisogno di incontrare fratelli e sorelle che ci aiutino ad andare a Gesù, ad aprirci al dono che ci ha fatto sulla croce. Con umiltà e semplicità facciamoci, pertanto, strumenti docili della misericordia inclusiva del Padre. Attraverso la madre Chiesa ed attraverso la nostra cooperazione la misericordia inclusiva del Padre prolunga nel mondo il grande abbraccio di Cristo morto e risorto. “Lasciamoci coinvolgere, allora, in questo movimento di inclusione degli altri, per essere testimoni della misericordia con la quale Dio ha accolto e accoglie anche ciascuno di noi”. (ivi) E’ l’augurio che mi sento di fare, fratelli carissimi, per questo Santo Natale: che tutti, a conclusione dell’anno della misericordia, incontrando il Bambino di Betlemme possiamo esperimentare intimamente di essere in Lui “inclusi” nel cuore di Dio e che ciascuno possa “includere” nel proprio cuore ogni uomo che incontra sulla sua strada. Buon Natale e buon inizio di Anno nuovo”.
Monsignor LUIGI RENZO (vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea)