645 gli intervistati in Calabria, pari al 6,2 per cento del campione nazionale, dove, rispetto al resto d’Italia, la mafia è considerata un fenomeno preoccupante e socialmente pericoloso anche se i giovanissimi tendono a minimizzare la sua pericolosità sociale.
Sono i dati più rilevanti della campagna regionale anti-racket, “La libertà non ha pizzo”, promossa dall’associazione Libera i cui risultati sono stati presentati presso la sala convegni della villa confiscata ai Mancuso di località “Santa”. Nel luogo simbolo del potere criminale del territorio, alla presenza, tra gli altri, del prefetto di Vibo Valentia, Giuseppe Gualtieri, di Antonio Reppucci, commissario straordinario del Comune di Limbadi, don Ennio Stamile, referente regionale Libera Calabria, Marcello Cozzi, presidente della Fondazione nazionale “Interesse uomo”, Michele Albanese, giornalista e responsabile Fnsi per la legalità e dell’imprenditore Gaetano Saffioti che rifiutandosi di pagare il pizzo ha fatto condannare alcuni pericolosi mafiosi della Piana, sono stati analizzati i risultati della ricerca sociale con l’obiettivo di creare una white list di imprenditori certificati, non succubi di racket e usura, al fine di incentivare il consumo critico.
L’incontro è stato moderato da Giuseppe Borrello, referente provinciale di Libera che insieme a Maria Joel Conocchiella ha reso noti alla platea formata in gran parte da studenti del Liceo nicoterese, assenti ancora una volta i cittadini di Limbadi, i dati dell’indagine che supporteranno il lavoro di chi è in prima linea nella lotta a mafia e corruzione e gli imprenditori che si rifiutano di pagare il pizzo denunciando gli estorsori. Nello specifico, in Calabria, il fenomeno mafioso è percepito da 3 intervistati su 4 come un fenomeno globale, infatti quasi nessuno ritiene che i gruppi mafiosi siano presenti solo al Sud. Secondo i rispondenti, tra le attività principali della ‘ndrangheta vi sono il traffico di stupefacenti e l’estorsione, quest’ultima segnalata in misura molto più rilevante rispetto al campione nazionale. Il coinvolgimento della criminalità organizzata nel lavoro nero preoccupa primariamente i più giovani, mentre l’usura, lo scambio di voti e le interferenze nella sfera economica sono indicate come attività prevalenti delle mafie soprattutto dagli adulti e da coloro che hanno più di 65 anni. Tra i fattori sociali considerati rilevanti per l’adesione a gruppi mafiosi spiccano da un lato il ruolo della famiglia e del contesto di riferimento, dall’altro l’assenza di istituzioni e di una cultura diffusa della legalità. Nell’opinione dei rispondenti, la mafia toglie soprattutto libertà, futuro, giustizia e sicurezza. Nel racconto e approfondimento dei fenomeni mafiosi, i mezzi considerati più adeguati sono la televisione, le lezioni nelle aule scolastiche e universitarie e il giornalismo d’inchiesta. Nella grande maggioranza dei casi i beni confiscati sono da destinare a cooperative orientate all’inserimento lavorativo dei giovani e alla realizzazione di luoghi di aggregazione. In Calabria, più ampia rispetto al campione nazionale risulta, infine, la percezione della corruzione.
Sono necessarie nuove forme di partecipazione sociale contro le mafie, indispensabile è fare rete per uscire dall’ignavia e schiacciare la criminalità organizzata, occorre una rivoluzione culturale affinchè aumentino le denunce. Sono le conclusioni dell’incontro di Libera che ha attestato vicinanza agli imprenditori della provincia che in questi giorni hanno subito intimidazioni affinchè la Calabria diventi luogo libero per fare impresa.
“Dovere di tutti – per Gualtieri – è l’emarginazione sociale dei mafiosi perché un’economia infiltrata è fittizia. Il cittadino che vuol fare un passo avanti deve avere il coraggio di denunciare e le istituzioni a cui si rivolge devono essere credibili”.
“Chi fa domande rischia spesso la vita – afferma Albanese (in foto) – anche se ci sono stati giornalisti condannati. Mai come in questo momento è necessaria una informazione libera”.
Per questo “dobbiamo essere credibili – afferma Saffioti – non per quello che diciamo, ma per quello che facciamo. Il cittadino, anche chi non è toccato direttamente, ha un grande potere semplicemente scegliendo un’azienda piuttosto che un’altra. Siamo noi adulti, con il nostro atteggiamento complice, con la nostra “piccola mafiosità”, che non riusciamo a far emergere questa terra. Vivere con il rimorso di non aver fatto niente per cambiare la situazione della Calabria è la peggiore cosa. Se non c’è un risveglio di coscienza da parte di ciascuno di noi non stravolgeremo mai le situazioni negative perchè non ci sarebbe spaccio di droga se non ci fossero i “clienti”. Non dobbiamo vivere di speranza, ma di certezza come quella di essere uomini liberi, sempre”.
“Sono necessari dei “missionari” all’interno delle forze dell’ordine – dichiara Reppucci -, della politica, della pubblica amministrazione che non si voltino dall’altra parte, ma che combattano contro la criminalità che sarà sconfitta solo quando tutti agiremo insieme”.