Limbadi, nasce l’Università della ricerca, della memoria e dell’impegno nel nome Rossella Casini – VIDEO

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Numerose le autorità presenti per assistere alla consegna delle chiavi dell’immobile da parte del ministro dell’Interno Matteo Salvini all’associazione culturale e caritativa “San Benedetto Abate” del presidente don  Ennio Stamile.

Matteo Salvini

Oltre la commissione straordinaria che sta gestendo il Comune, Antonio Reppucci, Emma Caprino e Francesco Battaglia, il prefetto Francesco Zito, il questore Annino Gargano, il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo, Gianfilippo Magro, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, Roberto Prosperi, il prefetto di Cosenza, Paola Galeone, il comandante Giuseppe Spera della Capitaneria di Porto di Vibo, il sindaco di Cetraro, Angelo Aita e Giampiero Rizzo, comandante provinciale dei Vigili del Fuoco.

Definitivamente concluso il progetto dell’Università antimafia, la struttura ospiterà l’Università della ricerca, della memoria e dell’impegno intitolata a Rossella Casini, studentessa di 25 anni, trucidata dalla ‘ndrangheta, a Palmi, nel 1981, perchè innamorata del ragazzo sbagliato. “Il primo latitante in quegli anni era lo Stato – ricorda don Stamile –, con la ‘ndrangheta che ha cambiato aspetto e i Mancuso divenuti una delle cosche più potenti grazie ad un’opera di ingegneria ‘ndranghetista che è il porto di Gioia Tauro”. Adesso, per il presidente dell’associazione che ha avuto in eredità lo stabile, la priorità è quella di fare memoria, “soprattutto – dichiara – di quell’80 per cento di familiari di vittime innocenti delle mafie che ancora attendono verità e giustizia e noi, questo centro, lo dedichiamo anche a loro, a chi non ha avuto giustizia per paura e omertà. Ma grazie alla presenza delle Forze dell’Ordine e della magistratura che da anni stanno facendo un lavoro incredibile in Calabria, non c’è giustificazione per chi non ha più il coraggio di parlare perché non si è più soli, c’è lo Stato. La Calabria dall’etimo greco significa “sorga il bello”, speriamo che a Limbadi sorga il bello grazie a questo bene e alla vera calabresità è non arrendersi mai”.

Il nuovo progetto potrebbe partire fra qualche mese contribuendo, così, a frenare il dannoso fenomeno della desertificazione intellettuale ed impedire che i giovani vengano ghermiti e diventino manovalanza dalla criminalità organizzata.

In quella sala piena di giornalisti, per Reppucci, idealmente c’è tutta Limbadi, per molti la “Mancuso city”, dove, però, “c’è anche una comunità – afferma – che sta ponendo un argine forte e poderoso contro mire e appetiti di ulteriori infiltrazioni. Su 3.600 abitanti, 3.500 sono persone oneste che sentiamo vicine anche a noi. Per questo è necessario che lo Stato sia ancora più vicino alla gente, che faccia da stimolo, da pungolo affinchè il territorio possa decollare definitivamente”. Grazie alla presenza di Salvini lo Stato ha riconquistato la sovranità su “un paese – dichiara – notoriamente fatto di piaghe e ferite a causa di una criminalità tra le più sanguinarie, invasiva e pervasiva che condiziona la vita della città, che strangola la sua economia facendo sentire il proprio alito mefitico su un contesto bellissimo con tante potenzialità”. A Limbadi, secondo il commissario prefettizio, la stragrande maggioranza dei cittadini si rimbocca le maniche e crede nello Stato di diritto. “Qui – sottolinea Reppucci – da alcuni anni c’è una visibile discontinuità con il passato. I cittadini hanno il senso dello Stato e delle istituzioni visti non più come ostili o lontani, ma vicini”.

“Ogni volta che i beni vengono sequestrati, confiscati e poi affidati ad altri soggetti si colpisce la mafia – afferma il prefetto Zito – in quello a cui tengono di più, le proprietà, i beni, i soldi. La ‘ndrangheta in questa terra prospera sul silenzio che rappresenta paura e rassegnazione. Amplifichiamo, invece, ciò che è il contrario del silenzio, cioè la parola. Chiedo, quindi, a don Stamile che attraverso la sua attività in questo immobile non ci sia la parola, ma l’urlo di rivolta di questa bellissima terra contro la ‘ndrangheta”.

Salvini ha concesso alcuni minuti anche a Sara Scarpulla, madre di Matteo Vinci, il giovane biologo ucciso da un’autobomba il 9 aprile 2018. Visibilmente commossa la Scarpulla gli ha raccontato la triste storia della sua famiglia e delle numerose angherie che ha dovuto subire durante gli anni da parte della famiglia Di Grillo-Mancuso i cui componenti, il prossimo 17 settembre, dovranno comparire davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro. La donna ha chiesto al ministro la sua vicinanza. “E’ stato molto disponibile – afferma –. Mi ha promesso che ritornerà e che ci starà vicino seguendo direttamente il nostro caso”.

C’è tanta gente ad attendere l’arrivo di Matteo Salvini a Limbadi. In tanti nelle vicinanze del bene confiscato, la villa in località “Santa”, ma anche fuori dal Comune o nei pressi della Caserma dei Carabinieri. La gente lo acclama, lo applaude con cori quasi da stadio urlando “Matteo, Matteo”. In tanti gli si accalcano intorno, farsi largo non è davvero così semplice. Il ministro dell’Interno, però, non si sottrae alla folla, anzi, sorride a tutti, avvicinandosi a chiunque, a chi gli vuole stringere semplicemente la mano, a chi gli chiede di fare un selfie insieme o raccontare qualcosa di sé. Visita, quindi, la Caserma, il Comune e i suoi uffici per poi uscire e ripartire da Limbadi.

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