La tanto attesa sentenza della Corte costituzionale è arrivata. E le sorprese non sono mancate nel tipico rituale italico. La Suprema corte, ha infatti ritenuto incostituzionale il ballottaggio. Un bel misetro visto che questo strumento di ingegneria elettorale è utilizzato in molti paesi democratici e che stranamente continua ad andare bene per i grandi comuni (e fino a ieri anche per le province) – Francia in testa – ma starnamanete non ha bocciato il punto più criticato della riforma targata Renzi. Infatti permangono i capilista bloccati e le pluricandidature ma solo affidando la scelta finale del candidato eletto in più di un collegio, a un sorteggio. Resta anche il premio di maggioranza – che garantisce il 55 per cento dei seggi alla lista che raggiunge la soglia del 40 per cento -sul quale la Corte stessa ha dichiarato non fondata la questione di legittimità.
La Corte ha quindi trasformato l’Italicum in una legge proporzionale corretta da un ampio premio di maggioranza. Nelle prossime settimane la Corte pubblicherà le motivazioni della sentenza, che probabilmente conteranno ulteriori informazioni e indicazioni. Non solo: da oggi in pratica, caso forse unico al mondo, l’Italia ha ufficialmente in vigore due leggi elettorali, una per la Camera e una per il Senato, che sono entrambe il frutto di interventi della Corte Costituzionale su leggi precedentemente approvate dal Parlamento.
La legge per eleggere la Camera dei deupuati è quindi, dopo la sentenza di oggi un proporzionale corretto da un largo premio di maggioranza, che non prevede coalizioni e dove la soglia di sbarramento è fissata al 3 per cento. Quella per eleggere il Senato, è invece un proporzionale puro senza premio, in cui è prevista la possibilità di presentarsi in coalizioni, con soglie di sbarramento fissate all’8 per cento per i partiti fuori dalle coalizioni e al 3 per cento per i partiti all’interno di una coalizione.
Appare chiaro a tutti – alla luce anche degli ultimi sondaggi elettorali – che se si votasse con questo sistema, ci sarebbe una maggioranza alla Camera, grazie al premio, mentre il Senato resterebbe frammentato. Ma data l’impossibilità di formare coalizioni pre -elettorali, è possibile che, anche alla Camera, nessuno raggiunga la soglia del 40% per far scattare il premio di maggioranza.
I giudici hanno poi sancito che “la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione” il che – inevitabilmente – riaprirà il dibattito, tra chi vuole tornare subito alle urne, al massimo entro giugno e chi invece vuole prima introdurre delle modifiche per armonizzare i due sisteni elettorali.
Insomma il solito “pantano all’italiana”. Il premio di maggioranza poteva avere un senso, solo se restava il ballottaggio, cioè un secondo turno nel quale gli esclsui dal primo avrebbero operato una convergenza sui soggetti politici ritenuti più affini, secondo il principio di dare ad un partito, una maggioranza di seggi grazie al voto di una maggioranza di elettori. Così invece, si rischia che un partito minoritario nel corpo intero elettorale possa accaparrasi un 15% dei seggi in più che gli spetterebero, cioè quasi cento seggi in più (95-96). In tutto l’Occidente un simile premio si ritrova solo in Grecia al partito che a livello nazionale raccoglie più voti viene assegnato un premio di maggioranza di 50 seggi, grazie al quale è possibile ottenere la maggioranza assoluta dei seggi con circa il 40.5% dei voti.