Proseguono gli incontri “in remoto” promossi dall’Associazione Culturale Anassilaos e dallo Spazio Open.
L’incontro prossimo, già disponibile sul sito facebook di Anassilaos e su You Tube, con il patrocinio della Deputazione di Storia Patria della Calabria, è dedicato al Canonico Paolo Pellicano (1813-1886).
Del patriota reggino conversa il Dott. Fabio Arichetta, socio della sopra citata Deputazione di Storia Patria della Calabria nonché della Società Napoletana di Storia Patria e dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano.
La Chiesa nei suoi vertici (Papa Pio IX e Curia) fu sempre ostile al Risorgimento Italiano e al processo di Unità della Nazione.
Non mancarono comunque i sacerdoti che aderirono al processo risorgimentale. Paolo Pellicano fu tra questi e per le sue idee e le sue iniziative rivoluzionarie patì il carcere e l’esilio. Il padre, d’altra parte, era stato vicino a Gioacchino Murat mentre il nonno, per parte di madre, era quell’Agamennone Spanò che a Napoli, nel corso della rivoluzione del 1799, aveva comandato la Guardia Nazionale. All’influsso esercitato sul giovane Paolo dalle tradizioni familiari va aggiunto anche quello del suo maestro, il sacerdote Giuseppe Battaglia, rara figura di prete, repubblicano, murattiano e liberale, che ne favorì la vocazione sacerdotale avvertita dal Pellicano non necessariamente in contrasto con le sue idee politiche. Ordinato sacerdote nel 1836 studiò a Napoli. Tornato a Reggio Calabria esercitò la funzione di parroco a San Giorgio extra fino al 1841 e successivamente a Santa Lucia. Fu tra i fondatori della rivista La Fata Morgana, pubblicata a Reggio dal 1838 al 1844 fino alla chiusura definitiva, intorno alla quale si muoveva il fior fiore della intellettualità reggina di matrice liberale. Nominato canonico del capitolo metropolitano svolse appieno la sua attività di sacerdote. Tale ruolo e impegno non gli impedirono tuttavia di far parte del movimento patriottico calabrese e di partecipare alla preparazione della rivolta antiborbonica che deflagrò a Reggio il 2 settembre del 1847. La rivolta ebbe un iniziale effimero successo e Pellicano fu addirittura nominato presidente della giunta provvisoria di governo. Ferdinando II, come è noto, represse con durezza tale tentativo insurrezionale. Vi furono condanne capitali e lo stesso Pellicano venne condannato a morte da un tribunale militare. La pena fu poi commutata in ergastolo e allorquando il sovrano (23 gennaio 1848) concesse la grazia ai detenuti politici, anche Pellicano venne rimesso in libertà. La Rivoluzione del 1848 vide ancora una volta il nostro in prima fila. Fece parte di una commissione incaricata di riformare la pubblica istruzione nel Regno e successivamente venne nominato coadiutore del ministro degli Affari ecclesiastici. Conclusasi nel 1849 quella esperienza costituzionale che sola avrebbe potuto salvare l’indipendenza del Regno di Napoli che appena undici anni dopo sarebbe stato travolto dalla Spedizione dei Mille, Pellicano fece ritornò nella sua città dove subì la sospensione a divinis e il confino per qualche anno a Terreti. Scontata la pena visse in modo distaccato le successive vicende storiche che interessarono la sua città, l’arrivo di Garibaldi nell’agosto del 1860 e la successiva proclamazione del Regno d’Italia nel marzo del 186.
Si interessò invece dell’educazione dei giovani divenendo direttore spirituale del convitto nazionale Tommaso Campanella e delle scuole tecniche di Reggio Calabria.