Per sette anni Salvatore Rugolo, titolare di una ditta di ristorazione collettiva, ha sofferto e lottato contro tutto e contro tutti per dimostrare la bontà del suo operato. Per sette anni ha cozzato contro il parere contrario di Tar e Consiglio di Stato. Ora, però, l’incubo è finito. A cancellare sul suo volto incupito dalla sofferenza il ricordo delle notti insonni e dei tanti disagi vissuti, è l’informativa liberatoria con cui il prefetto di Vibo Valentia, Roberta Lulli, dopo aver condotto ogni necessaria verifica attraverso le forze di polizia, gli comunica l’accoglimento dell’istanza di riesame inoltrata in data 19.12.2019 per il tramite dell’ avv. Giulio Ceravolo.
In sostanza, a parere del rappresentante di governo, <non sussistono cause di divieto, di sospensione e di decadenza> previste dalla normativa vigente e che <possano suffragare eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società>. Salvatore Rugolo, pertanto, può tornare a partecipare in piena libertà e a pieno titolo a tutte le gare indette da enti pubblici e privati nel settore della ristorazione collettiva. Il suo calvario era cominciato nell’aprile del 2014 allorchè la prefettura di Vibo gli notificava un’interdittiva che, in pochi giorni, metteva in ginocchio la sua azienda e lasciava senza lavoro più di quaranta dipendenti.
Indagini di polizia avevano, infatti, accertato che 7 lavoratori su 42 avevano legami di parentela con famiglie sospettate di vicinanza con ambienti in odore di mafia. Inutile si rivelava ogni tentativo di dimostrare la propria innocenza. <Finalmente – afferma Salvatore Rugolo – oggi finisce la mia disavventura e posso guardare al futuro con ottimismo. Ringrazio per questo il prefetto Lulli e l’avv. Ceravolo che ha sempre sostenuto le mie ragioni con grande professionalità>.