<La lotta alla mafia dev’essere un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità>. Lo sosteneva Paolo Borsellino prima di essere ammazzato. Un messaggio forte che nel convegno organizzato dalla biblioteca comunale, diretta da Stefano D’Apa, in collaborazione con l’amministrazione comunale, guidata da Leo Mercuri, per commemorare il trentennale della scomparsa del magistrato siciliano, ha fatto da filo conduttore negli interventi dei vari relatori. A soffermarsi sulle parole di Borsellino è stata, in primis, il vicesindaco e assessore alla Cultura Alessandra Limardo, che da tempo si muove a fianco di Stefano D’Apa avendo per obiettivo l’avvio di quella primavera culturale limbadese che ha già trovato il suo punto di forza nel coinvolgimento degli alunni della scuola secondaria di primo grado guidati dalla prof.ssa Francesca Marra, responsabile del Dipartimento di Lettere. Al suo fianco hanno lavorato assiduamente anche le prof.sse Scarfone, Vardè, Lombardo e Tramontana, componenti del citato Dipartimento. Un valido contributo alla buona riuscita delle varie manifestazioni ha contribuito anche il prof. Romolo Calandruccio che ha curato gli intermezzi musicali dirigendo da par suo i musicisti in erba della scuola.
E’ merito di tutti loro il pieno successo ottenuto dal progetto “Leggere contro le mafie” destinato ad avere un seguito anche l’anno prossimo grazie ad una nuova iniziativa varata dal Comune. Il giovane vicesindaco ha annunciato anche l’istituzione della prima borsa di studio intitolata a Matteo Vinci, il che ha suscitato la commozione dei suoi genitori presenti nella sala consiliare. Ha strappato applausi l’intervento di Giuseppe Borrello, coordinatore di Libera, che ha ricordato anche la figura di Rita Atria, testimone di giustizia suicidatasi pochi giorni dopo la morte di Borsellino. Molto apprezzati gli interventi di Nicola Rombolà e del prof. Saverio Di Bella, che, relatiamente alla morte di Borsellino, ha denunciato trent’anni di depistaggi con la complicità degli uomini dello Stato.