Oggi viviamo in una società povera di speranza e, per questo, sarebbe importante ritornare a coltivare l’immaginazione.
In questo tempo malato di spazzatura e solitudine, è il pensiero scientifico a dominare.
Persino nelle scuole ai nostri ragazzi, vengono consigliati corsi che “ preparano alla vita” e, anche se persino Einstein aveva detto che “ l’immaginazione è molto più importante della conoscenza”, nel selezionare le discipline si tende a preferire la conoscenza utile e concreta, relegando in un piano inferiore la letteratura e l’arte.
Non poco tempo fa sui giornali abbiamo letto che le case editrici stanno chiudendo le collane dedicate alla poesia.
Il motivo non è da ricercare nella scomparsa dei poeti, ma perché nessuno ama leggere libri di poesia.
Eppure, sono proprio la poesia, la letteratura e l’arte che nutrono la nostra immaginazione.
Oggi i nostri giovani, trascorrono gran parte del loro tempo su facebook, sui tablet e usando giochi rigorosamente elettronici.
Niente di più sbagliato, perché solo ciò che si immagina comincia ad essere vero , anticipa la realtà , rendendola possibile.
Si può pensare al futuro solo se iniziamo a sognarlo, a immaginarlo con tanta speranza.
E’ nell’immaginazione che ogni cambiamento acquista diritto e possibilità di esistenza.
Quando ero bambina mia nonna mi raccontava delle bellissime fiabe calabresi che stimolavano la mia immaginazione.
Ricordo la sera, davanti al camino, quando le chiedevo: ” Nonna mi racconti una storia?”
Appena lei iniziava a parlare, io iniziavo ad immaginare e a sognare ad occhi aperti.
Quelle fiabe, costituiscono ancora oggi, nutrimento per la mia immaginazione e per la mia anima.
Fiabe ricche di buoni sentimenti e speranza.
Angela Pacilè, nel suo libro “La Fiaba Delle Fiabe” Città del Sole Edizioni, fa un lavoro importantissimo racconta la celebre raccolta di fiabe di Giovambattista Basile “Lo Cuntu de li Cunti”, ovvero, “Lo trattenemiento de’ peccerille” o Pentamerone, che rappresenta una pietra miliare della letteratura fiabesca seicentesca, ambientate in Basilicata e in Campania.
Una raccolta di 50 fiabe in raccontate da 10 novellatrici in 5 giorni.
Le 50 fiabe sono collocate in una cornice che segue il modello del Decamerone di Boccaccio anche se diversi sono il linguaggio e i temi trattati;
Il filosofo Benedetto Croce nel 1924, pubblicò il Pentamerone in italiano, definendo nella premessa, la raccolta come “il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari”.
La cornice narrativa costituisce il primo di essi, da cui scaturiscono gli altri quarantanove, narrati da dieci personaggi per cinque giornate; alla fine, con l’ultima fiaba, si ritorna alla vicenda principale, che ritrova la sua conclusione.
Il racconto della cornice, infatti, narra la vicenda della principessa Lucrezia, detta Zoza, che si trova nella condizione di non riuscire più a ridere. Invano il padre si sforza di strapparle un sorriso, facendo venire a corte una gran quantità di saltimbanchi, buffoni e uomini di spettacolo: Zoza non riesce ad uscire dal suo perenne stato di malinconia. Un giorno, però, mentre si trova affacciata alla finestra della sua stanza, scoppia a ridere allorquando vede una vecchia cadere e poi compiere un gesto osceno di rivalsa e di protesta. La vecchia si vendica della risata della giovane principessa con una maledizione: Zoza potrà sposarsi solo con Tadeo, un principe che a causa di un incantesimo giace in un sepolcro in uno stato di morte apparente, e che riuscirà a svegliarsi solo se una fanciulla riuscirà a riempire in tre giorni un’anfora con le sue lacrime. Zoza inizia l’impresa; l’anfora è quasi colma quando ella, stremata dalla fatica, si addormenta. È allora che una schiava moresca si sostituisce a lei, versando le ultime lacrime in modo da svegliare il principe, e si fa sposare. Zoza, però, riesce a infondere nella schiava il desiderio di ascoltare fiabe, e dà l’incarico a dieci ripugnanti vecchie di narrare una novella ciascuna al giorno, per cinque giorni. Alla fine Zoza si sostituisce all’ultima novellatrice, raccontando la propria storia come ultima novella. Così il principe viene a conoscenza dell’inganno che gli è stato teso, condanna a morte la schiava moresca e sposa Zoza.
Angela Pacilè non ha tradito il testo originale, perché sono presenti tutte e cinquanta novelle basiliane organizzate in cinque giornate, ma lo ha adattato ad una lettura per ragazzi più giovane e leggera.
L’autrice, magistralmente dimostra che uno scritto datato oltre quattrocento anni può essere ancora attuale.
Ogni novella è uno scrigno dal quale trarre insegnamenti, dove le vere protagoniste sono le donne: Zeza sciancata, Cecca storta, Meneca gozzuta, Tolla nasuta, Popa gobba, Antonella bavosa, Ciulla musuta, Paola sgargiata, Ciommetella tignosa e Iacova squacquarata.
Novelle gentili dove incontriamo, il principe, il re, l’orco, il dragone, il palazzo reale, il mercante, la castagna , i pulcini d’oro, la serpe, le fate e tanto altro.
Ogni racconto è anticipato da un proverbio o un motto.
Un immenso patrimonio di cultura popolare, carico di emozioni, che rappresenta una sorta di arcipelago di narrazioni messo a punto da Angela Pacilè che restituisce la magia dei racconti popolari tramandati nel tempo.
Un libro importante che i nostri ragazzi dovrebbero conoscere, anche perché solo conoscendo la ricchezza del nostro passato, possiamo vivere il presente, proiettandoci nel futuro.