Testimonianza di Padre Giuseppe Calderone OMI, missionario in Uruguay

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“La messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Luca 10:1-9).

In questa frase Gesù  indica l’impegno primario di ogni discepolo. Egli con la propria vita e con la parola deve annunziare il regno di Dio. È il compito che Gesù ora affida.

In questo mondo malato di dolore e solitudine c’è bisogno di molti “operai”.

Nei giorni scorsi, nel corso dell’Assemblea del Serra Club Oppido Mamertina-Palmi, abbiamo avuto il privilegio di raccogliere  la testimonianza di Padre Giuseppe Calderone OMI, missionario in Uruguay .

Una testimonianza emozionante, pregna di significati e ricca di spiritualità, per questo abbiamo deciso di riportarla, affinchè possa essere presa da esempio, possa toccare il cuore e l’anima dei nostri giovani.

Padre Giuseppe dopo aver ricordato i il fondatore Sant’Eugenio de Mazenod, ha  così testimoniato:

<< E’ una gioia essere qui con voi, anche perché ho visto nascere questo Club e credo fortemente che la cosa più bella nella Chiesa, sia la condivisione dei carismi. Condividere ciò che abbiamo ricevuto.

Sono i Uruguay dal 2015 e mi trovo a  4 Km da Montevideo.

Nel 2001 gli Oblati hanno fatto una missione giovanile e per la prima volta ho visto  tutti i giovani  lavorare insieme nella luce di Dio. In quei giorni ho capito la bellezza del carisma, perché ho visto che erano i giovani i protagonisti della missione.

Vedere i giovani mettersi in gioco, dedicare il loro tempo è stato fondamentale per proseguire con questo carisma.

Ho sempre vissuto la parrocchia di Tresilico e ho respirato la fede, non solo all’interno della parrocchia, ma nella mia famiglia sin da piccolo.

Negli anni 90 Oppido Mamertina ha vissuto momenti bui, in particolare l’8 maggio del 1998 con la strage dove è morta la piccola Maria  Angela Ansalone.

In quei momenti, mi sono chiesto spesso il  perché di  tanto dolore, tanto odio e se fosse possibile un cambiamento.

Ricordo di aver trovato una medaglietta dove da un lato era raffigurato San Francesco e dall’altro c’era scritto:” Se vuoi cambiare il mondo cambia te stesso”.

Ho sentito così la necessità di entrare in modo attivo nella vita della chiesa, come scout e come catechista.

Nel 2001 ho fatto la catechesi nel cammino neocatecumenale e ho visto l’Eucaristia in un’altra luce, ho capito che volevo far parte ancora di più alla chiesa e così ho fatto l’esperienza della missione.

Ero fidanzato e avevo dei progetti, ma ho capito che il mio cuore batteva fortemente per qualcosa di più alto. Così ho iniziato a fare direzione spirituale con Padre Pasquale, ho interrotto il mio fidanzamento e sono partito per un campeggio vocazionale sulle Dolomiti, dove ho vissuto un’esperienza prezioso.

Dio si è servito di due ragazzi napoletani( non provavo simpatia per i napoletani, in genere) per farmi capire che se lasci uno spiraglio, Lui entra con tutta la sua luce.

In seguito ho fatto un’esperienza a Marino Laziale, dove ho capito che volevo mettere Dio al Primo posto. Ho chiesto di proseguire l’esperienza un altro anno.

Nel 2005 è morto Giovanni Paolo II e la sera prima del funerale, ho partecipato alla veglia di preghiera a San Giovanni in Laterano, dove  mi ha colpito la frase:” Non abbiate paura, spalancate le porte a Cristo”.

Ho capito che quella era la mia strada e sono entrato in noviziato.

Il giovedì guardavamo dei films e mi hanno segnato:  Mission e quello sulla vita di Mons. Romero.

Mi ha colpito l’esperienza di  una chiesa missionaria e ho sentito che quella era la chiamata.

All’inizio volevo andare in Irlanda, perché avevo sentito che una chiesa era stata venduta e trasformata in una stazione .

Poi  siccome come Oblati abbiamo delle delegazioni all’estero, mi è stato proposto l’Uruguay e ho accettato.

In Uruguay  nelle scuole l’insegnamento è laico, la famiglia è disgregata  e ci sono molte ragazze madri.

La partecipazione alla messa è meno del 5%.

All’inizio è stato difficile, ma ho trovato un lato molto positivo: la chiesa è vicina alla gente, è una chiesa familiare e mi sono innamorato di questa  chiesa, che ha bisogno di missionari e di un annuncio forte di Gesù.

Il missionario è qualcuno chiamato ad annunciare Gesù.

Annunciare quello che noi abbiamo ricevuto. Non cambiare il mondo, ma annunciare Gesù.

Il laicismo in Uruguay ha inserito una visione di vita che appiattisce la speranza, c’è una percentuale di suicidi altissima, più di due persone al giorno. Non esiste la visione della vita eterna. C’è una visione pessimistica della vita.

Un verso di una canzone dice: “Perché continuare a sognare se poi vai a finire in una tomba?”

Questo influisce anche nella chiesa.

In Uruguay la fame più grande è di Gesù, è necessario donare  la speranza che viene dalla fede. Un bisogno di un annuncio esplicito: è Gesù Cristo che salva la tua vita.

E’ necessario risolvere il problema spirituale e quello materiale non è altro che la conseguenza>>.

 

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