A poche ore dall’appuntamento mancato con Limbadi, la premier Giorgia Meloni arriva puntuale a Ortona, in Abruzzo, dove per la prima volta ha attraccato l’Amerigo Vespucci. Una data sicuramente storica per la cittadina abruzzese, così come storica sarebbe stata la partecipazione della Premier all’inaugurazione di una caserma dei Carabinieri ubicata in un bene confiscato alla ‘ndrangheta. Solo che al capo di governo, per venire a Limbadi è improvvisamente sorto l’imprevisto dei dazi americani. Imprevisto che, però, si sapeva già da un paio di mesi che si sarebbe verificato il 3 aprile. Nessuno può pensare, peraltro, che la data dell’evento di Limbadi l’abbia fissata il sindaco Pantaleone Mercuri all’insaputa della Meloni! Inutile recriminare, la festa è passata! Non è passato, invece, il disappunto dello stesso sindaco Pantaleone Mercuri. Anzi, probabilmente, guardando i telegiornali di mezza giornata, è lievitato. Dal tutto, esce bene il ministro Matteo Piantedosi, ieri sera protagonista a Limbadi e stamattina a fianco della Meloni a Ortona. Si possono, comunque, fare mille considerazioni, ormai non cambia nulla. La delusione per l’assenza del capo di governo dopo i capillari preparativi portati avanti da giorni resterà, comunque, indelebile nell’anima dei cittadini limbadesi e degli amministratori, nonché in tutti coloro che per la buona riuscita dell’evento non hanno risparmiato energie né, mercoledì scorso, hanno cancellato le prove generali effettuate sotto una pioggerellina che, come la nuvoletta di Fantozzi, li ha accompagnati per quasi tutto il pomeriggio.
Onore a tutti loro. Onore a tutti i rappresentanti di enti e istituzioni che, pur sapendo dell’assenza del capo di governo, hanno egualmente raggiunto Limbadi non solo per rispetto al ministro Piantedosi, ma, soprattutto, a tutte le forze dell’ordine impegnate nell’organizzazione, ai cittadini, al sindaco Mercuri e a tutta l’amministrazione comunale che il riscatto del territorio lo sta perseguendo da tempo con i fatti e non solo con le parole. Un plauso particolare, in ogni caso, va a tutti gli alunni delle scuole limbadesi che, sotto gli occhi attenti dei loro insegnanti e della dirigente Marisa Piro, indossando magliette verdi, bianche e rosse, hanno disegnato sulle gradinate dell’anfiteatro, la bandiera italiana. Uno spettacolo. Il loro entusiasmo ha coinvolto tutti. Non a caso, i relatori susseguitisi sul palco (il sindaco Mercuri, il governatore Roberto Occhiuto, il generale Salvatore Luongo e il ministro Matteo Piantedosi) li hanno continuamente chiamati in causa alimentando nella loro ancora verde prateria di pensieri quei semi di libertà già inculcati in loro dalla scuola. Un’esperienza che non dimenticheranno. I contenuti dei relatori non sono usciti fuori dall’immaginabile: il ruolo dello Stato, la storia dei Carabinieri e del loro quotidiano impegno a stare sempre vicini ai bisogni della gente, il futuro dei giovani e il riscatto del territorio per regalare loro le giuste opportunità e alimentare la ‘restanza’, le responsabilità formative ed educative della Scuola. Alla fine, il messaggio è stato chiaro per tutti: non possono essere il singolo cittadino, il singolo magistrato o le sole forze dell’ordine a stare quotidianamente sulle barricate per sbarrare il passo a illegalità e corruzione. Tutte le componenti sociali, tutte le agenzie educative, (Famiglia, Scuola, Chiesa in primis), tutte le diramazioni dello Stato devono quotidianamente fare il loro dovere puntando a ridare vigore a quei princìpi e quei valori che, tutti assieme, danno un senso di libertà alla vita.
Ieri, assistendo allo schieramento del picchetto d’onore, alle note suonate dalla Fanfara dei Carabinieri della Sicilia, alla cerimonia dell’alzabandiera, alla passeggiata verso la nuova caserma dei Carabinieri tra due ali di militari schierati e coi cecchini sui tetti, l’emozione non può non aver toccato i sentimenti di ogni persona presente. Ognuno ha fatto le sue riflessioni, ognuno ha maturato convincimenti magari diversi. Un solo dato è certo: l’assenza della Premier non ha intaccato il significato dell’evento, non ha sminuito il messaggio dello Stato, non ha mortificato l’impegno di magistrati, amministratori e forze dell’ordine. Ieri, anche se si fossero assentati tutti gli ospiti in elenco e ci fosse stato solo il Sindaco a consegnare il Tricolore al maresciallo Di Mauro, comandante della nuova Stazione dei Carabinieri, il valore della cerimonia sarebbe rimasto inalterato. Nell’immaginario collettivo, Limbadi rimane un esempio, una scommessa da sostenere, un emblema del riscatto socio-culturale ed economico di un territorio che ha voglia di strappare dal libro della propria storia tante pagine poco edificanti.
Magari, nella speranza che certi ‘rigori’ organizzativi non si ripetano anche in futuro, va annotata qualche linea di malumore che non è arrivata dalle mille pecore che un’ordinanza del primo cittadino ha, inevitabilmente, costretto, ieri, a rimanere negli ovili per evitare ogni possibile intralcio al traffico, bensì dalle decine di giornalisti arrivati da ogni parte della Calabria e dirottati in un recinto lontano dal palco e impossibilitati a lavorare al meglio. Disagi e malumori accresciuti anche dall’impossibilità per quasi tutti – i più ‘atletici’ riescono sempre ad infilarsi nei punti strategici! – di assistere al taglio del nastro davanti al portone del nuovo Comando di stazione e, soprattutto, a fare qualche domanda al ministro Piantedosi e ad altri ospiti. Tutti costretti in un cantuccio ad aspettare…Godot! In altre parole, la stampa non è stata messa in condizione di lavorare al meglio. Va da sè che in manifestazioni del genere e in ogni altra occasione non sono certo i giornalisti a costituire pericolo per la sicurezza.