Viaggio nella Calabria che non può scomparire: Joppolo (VV) – Prima puntata.

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Scendendo dagli ultimi contrafforti rocciosi del Monte Poro, in direzione del centro turistico costiero vibonese di Nicotera, si rimane abbagliati dall’incantevole vista che offre di sé il territorio che, come scrive il Brancia, si caratterizza per “svariate pittoresche balze, le quali da vicino offrono uno spettacolo sublime per meravigliosi dirupi, per rocce precipitose, e per burroni orribilissimi, il cui intuito risveglia nel riguardante il concetto di una forza infinita operatrice nel tempo e nello spazio”. Un territorio coperto – scrive ancora il nostro – “di querce, di mandorli, di giuggioli, di susini, di fichi, di peri e di viti” che circondavano e ancora in parte circondano tutt’oggi il nucleo urbano del piccolo centro abitato di Joppolo.

Sino a oggi, gli storici calabresi non hanno saputo dare certa conoscenza della fondazione di Joppolo. Il Barrio si contenta solo di dedurre tale nome da Diopolis, ossia Jovis Civitas. Filadelfo Mugnos, vuole che sia stato fondato da un certo Artemidoro Joppolo, il quale greco e chiarissimo capitano, avendo ottenuto il possesso di alcune ville da Re Carlo II, vi edificò un castello, che dal suo cognome fu detto Joppolo, e fu in poco di tempo ingrandito con il concorso di molti abitanti. Per l’Aceti invece, Joppolo è di epoca anteriore a quella voluta dal Mugnos, e lo stesso afferma la presenza in loco di un Archimandrita già nei tempi in cui Nicotera aveva il suo Vescovo, cioè innanzi al secolo IX°. I villaggi che formarono prima l’Università e poi il Comune, furono, Coccorino e Coccorinello ai quali poi, verso l’anno 1822 per aumentarne la popolazione, si è aggiunto il Villaggio di Caroniti, che apparteneva a Nicotera. Pare che sul suo territorio ci fosse un convento di monaci basiliani di rito greco, abbandonato nel 1756 e posto ad un quarto di miglio dall’abitato e un castello, al quale stava attaccata la chiesa matrice, e un quartiere posto in linea trasversale, cinto di mura con due porte, l’una detta porta dell’Olmo sita sotto il castello con ponte a levatoio, l’altra verso ponente con piccola torre a lato. Uno dei tanti miti di questa terra inoltre ,vuole che San Gennaro patrono di Napoli nacque a Caroniti di Joppolo.

Oggi il simbolo più evidente del passato di questo piccolo comune, oltre le sue chiese, resta la Torre che pur trovandosi in territorio nicoterese è comunemente detta “Torre di Joppolo” e che insieme alla gemella torre sita in località Santa Maria dell’Agnone di cui oggi non rimane nulla, e forse ad una terza torre posta presso Capo S. Pietro (come afferma G. Valente, nel suo “Le torri costiere della Calabria”, Chiaravalle Centrale 1972), costituivano la linea difensiva della città di Nicotera contro le incursioni barbaresche.

Il genius loci è sicuramente Agostino Nifo, il quale nacque dalla famiglia dei Baroni del luogo circa l’anno 1473. Questi per studi fatti dapprima in Tropea, e poi a Padova, divenne celebre filosofo e medico, sicché meritò di professare la filosofia e medicina in Napoli ed in Pisa, ove ebbe molti onori. Leone X, nel 15 giugno 1521 gli conferì il titolo di Conte Palatino, e gli concesse moltissimi altri onori e privilegi. Scrisse quaranta e più opere, per le quali ebbe stima e lode dei dotti contemporanei. Morì in Sessa sotto il Pontificato di Paolo III, e fu elogiato pubblicamente dal suo chiaro discepolo Monsignor Galeazzo Florimonte, di cui è l’Epitaffio che si legge nella Chiesa de’ Padri Predicatori, nella città di Sessa.

Al compimento dell’unità d’Italia, il paese contava su 2119 abitanti, divenuti 4236 nel 1921 quando la popolazione tocca, numericamente, il suo punto più elevato Poi, come tanti centri della nostra regione, comincia un lento declino dovuto all’emigrazione perché questa è una terra dove si vive di agricoltura e la fame da lavoro spinge molti ad andarsene. Nel 1961, la popolazione – nel centenario dell’unità, difatti è già scesa a 3182 anime.

Oggi il comune di Joppolo è uno dei tanti centri della regione che rischia seriamente di scomparire. Dal 1961 a oggi ha infatti perso il 39.91% della sua popolazione, attestandosi, al primo gennaio di quest’anno, a 1912 abitanti appena, peraltro distribuiti tra il “centro” e le frazioni.

Colpisce inoltre la modifica profonda intervenuta nella composizione strutturale della popolazione joppolese in cui gli over 65 costituiscono il 30.71% della stessa (oltre otto punti sopra la già elevata media nazionale) dato che fa di questo paese quello con la più alta percentuale di anziani nel vibonese e l’indice di vecchiaia – cioè il rapporto tra la popolazione anziana e quella con meno di 14 anni di età – che in Italia si attesta sui 167 punti è qui è schizzato qui a 345 punti. E se il paese invecchia, di giovani c’è ne stanno sempre meno (appena l’8.8% del totale degli abitanti) – 170 in tutto – terzo peggior dato del vibonese stesso. Una dinamica che mette a rischio gli ultimi presidi esistenti come le scuole e preannuncia il drastico calo della forza lavoro.

Eppure Joppolo non si rassegna a quello che sembra un destino già scritto. L’amministrazione lavora alacremente con le poche risorse che ha per mantenere alto lo spirito civico, assistita da associazioni locali, dalla chiesa locale. E cose da sfruttare il paese ne avrebbe in verità.

Il suo territorio che spazia dal mare al Monte Poro infatti è fertilissimo e si presta all’agricoltura e alla pastorizia tanto che alcune produzioni come il Pecorino del Poro e le ricotte o l’olio di oliva oppure l’agnello del Poro meriterebbero un adeguata valorizzazione

Il clima e il territorio stesso si prestano inoltre all’attività turistica sia realizzando strutture alberghiere che agriturismi  e bad and breakfast e le attività di ristorazioni: attività tutte queste presenti oggi sul territorio joppolese ma che potrebbero aumentare di numero senza contare poi il fatto che i borghi stessi in cui il comune si suddivide sono altrettanti potenziali “alberghi diffusi”. Si potrebbero attivare forme di turismo enogastronomico, culturale, religioso e ambientale vista la fitta rete di percorsi e sentieri (uno dei quali recentemente messo in funzione) che il territorio stesso offre. Qualche piccola attività industriale di trasformazione dei prodotti locali di sicuro sosterebbe l’economia del posto e contribuirebbe a smorzare l’emigrazione.

Ovviamente servono anche servizi. Gli anziani necessitano di assistenza e una cooperativa pensata per accudirli potrebbe portare ulteriore occupazione. Si dovrebbe incrementare la raccolta differenziata. Così come si potrebbero allestire una ludoteca comunale per i piccoli e un centro ricreativo per gli anziani stessi. La sicurezza sociale in un paese con molti anziani va poi accresciuta: videosorveglianza, una pista per atterraggio per elisoccorso, anagrafe sociale, volontariato, un presidio della protezione civile  potrebbero di certo essere di aiuto.

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