Luis Sepulveda -scrittore, giornalista, sceneggiatore, regista e attivista cileno naturalizzato francese, autore che spazia dalla poesia ai racconti e che ha conquistato la scena letteraria con il suo primo romanzo, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, apparso per la prima volta in Spagna nel 1989 e in Italia nel 1993 – torna a farci sognare con il suo nuovo libro e lo fa con il suo consueto stile, interrogandosi su un passato destinato forse a non passare mai del tutto.
Luis Sepúlveda – lo ricordiamo – si trovava infatti nel palazzo presidenziale (dove morì Allende), venne arrestato e torturato. Passò sette mesi in una cella minuscola in cui era impossibile stare anche solo sdraiati o in piedi. Grazie alle forti pressioni di Amnesty International venne scarcerato e ricominciò a fare teatro ispirato alle sue convinzioni politiche. Questo gli costò un secondo arresto: data la notorietà del personaggio, la giunta militare, che in quegli anni fu responsabile del dramma dei desaparecidos cileni, lo processò ufficialmente ed egli ebbe una condanna all’ergastolo che poi, sempre su pressione di Amnesty International, fu commutata nella pena di otto anni d’esilio. In tutto passò due anni e mezzo in carcere.
Non è quindi un caso che il suo grande ritorno nelle librerie con “La fine della storia” ritorni proprio a quei tempi lontani ma che sono impressi nella memoria collettiva non solo dei cileni ma forse di tutto il mondo libero. Il libro si snoda tra la Russia di Trockij al Cile di Pinochet, dalla Germania di Hitler alla Patagonia di oggi, attraversando la pesante e drammatica storia del novecento raccontandone grandezze e miserie, per giungere infine alle pagine drammatiche in cui il protagonista, il cileno Juan Belmonte, gioca la sua partita finale. La trama del libro ci racconta difatti che lo stesso Belmonte, dopo aver combattuto tante battaglie – prima fra tutte quella al fianco di Salvador Allende – da anni ha deposto le armi e vive tranquillo in una casa sul mare nell’estremo sud del Cile, insieme alla sua compagna Verónica, che non si è mai completamente ripresa dopo le torture subite all’epoca della dittatura. Belmonte è un uomo stanco, disilluso, restio a scendere in campo. Ma il passato torna a bussare alla sua porta. I servizi segreti russi, che conoscono bene il suo curriculum di esperto di guerra sotterranea e infallibile cecchino, hanno bisogno di lui. Sul fronte opposto, c’è il piano ordito da un gruppo di nostalgici di stirpe cosacca, decisi a liberare dal carcere Miguel Krassnoff, discendente diretto dell’ultimo atamano, la cui famiglia riuscì a riparare in Cile dopo la II° guerra mondiale. Krassnoff, ufficiale dell’esercito cileno durante la dittatura militare, al momento sta scontando numerose condanne per crimini contro l’umanità. E Belmonte ha un ottimo motivo per odiare «il cosacco», un motivo molto personale.
Tra i suoi lavori più conosciuti ricordiamo: 1989 – Il vecchio che leggeva romanzi d’amore (Un viejo que leía novelas de amor); 1989 – Il mondo alla fine del mondo (Mundo del fin del mundo); 1994 – Un nome da torero (Nombre de torero); 1994 – La frontiera scomparsa (La frontera extraviada); 1995 – Patagonia express. Appunti dal sud del mondo (Al andar se hace el camino se hace el camino al andar); 1996 – Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (Historia de una gaviota y del gato que le enseñó a volar); 1996 – Diario di un killer sentimentale (Diario de un killer sentimental); 2002 – Le rose di Atacama (Historias marginales); 2003 – Il generale e il giudice (La locura de Pinochet); Il potere dei sogni (El poder de los sueños); 2007- Cronache dal cono sud (Los calzoncillos de Carolina Huechuraba y otras croónicas); 2008 – La lampada di Aladino e altri racconti per vincere l’oblio (La lámpara de Aladino y otros cuentos para vencer al olvido); 2009 – L’ombra di quel che eravamo (La Sombra de lo que Fuimos); 2010 – Ritratto di gruppo con assenza (Historias de aquí y de allá) e 2011 – Ultime notizie dal Sud.