In corso il processo nato dalle operazione denominate “Decollo Ter” e “Decollo money”

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Le importazioni milionarie di cocaina nel porto di Gioia Tauro spiegate oggi al Tribunale di Vibo da uno degli investigatori principali della storica inchiesta della Dda di Catanzaro

Fonte: zoom24. E’ in corso il processo nato dalle operazione denominate “Decollo Ter” e “Decollo money”. Dinanzi al Tribunale Collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Giovanna Taricco, a latere i giudici Pia Sordetti e Graziamaria Monaco, è stato escusso il luogotenente Agostino Notaro del Ros di Catanzaro, sezione Anticrimine, il quale ha risposto alle domande del pm Saverio Vertuccio.

tribunale vibo valentia

L’investigatore ha ripercorso la genesi dell’inchiesta con l’individuazione di diverse articolazioni criminali dedite al narcotraffico: una colombiana, una spagnola, una vibonese, una reggina ed una australiana. Diverse le importazioni di grosse partite di cocaina dai cartelli colombiani, sia verso organizzazioni calabresi, e segnatamente facenti capo a Natale Scali di Gioiosa Ionica per il versante reggino, a Vincenzo Barbieri e Francesco Ventrici, Francesco Pugliese di San Calogero per il versante vibonese, sia verso altre organizzazioni operanti in Europa e in Australia.

decollo ros cocaina

Un vero e proprio “sistema criminale”, venuto alla luce grazie al fiuto investigativo dei carabinieri del Ros di Catanzaro e ad una pluralità di prove dirette e convergenti: intercettazioni ambientali e telefoniche a tappeto e poi il decisivo apporto collaborativo di Bruno Fuduli, imprenditore di Zungri, nel Vibonese, che da un dato momento in poi è divenuto un “infiltrato” del Ros nell’organizzazione dei narcotrafficanti. Fuduli era già inserito, a livello di vertice, nel narcotraffico internazionale per conto della compagine vibonese facente capo a Vincenzo Barbieri e Francesco Ventrici, quando a partire dal marzo 2003 assunse anche formalmente la qualità di agente sotto copertura, svelando così al Ros, sezione anticrimine di Catanzaro, l’identità e le utenze telefoniche dei propri contatti che hanno poi condotto al sequestro di importanti partite di stupefacenti. Il teste Notaro ha quindi ricostruito“l’ingresso” di Fuduli nel giro dei narcotrafficanti, spiegando come lo stesso per anni abbia operato nel settore della lavorazione dei marmi, dapprima con la società “Fudulitos” avente sede a Nicotera, e poi, dopo il fallimento, con altra società denominata “Marmi Imeffe” con sede in località “Femminamorta” del comune di Zungri. Nei primi anni ’80, con la “Fudulitos”, Fuduli aveva però incontrato numerosi problemi legati a richieste estorsive, danneggiamenti e problemi usurari, per effetto dei quali era stato infine protestato e condotto al fallimento. Per ottenere prestiti usurai, Fuduli si era rivolto pure a Natale Scali di Gioiosa, “personaggio legato ai cartelli colombiani” che aveva prestato al futuro collaboratore due miliardi di lire.

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Non riuscendo a restituire il denaro, ecco così Fuduli entrare nel giro del narcotraffico, recandosi in Colombia a prendere contatti con i fornitori sudamericani per conto di Scali. Attraverso la “Lavormarmo” ubicata negli stessi locali della “Fudulitos”, Fuduli aveva poi conosciuto Barbieri Vincenzo, persona che aveva dovuto assumere come dipendente su richiesta e pressione di Diego Mancuso di Limbadi. Barbieri aveva infatti bisogno di un lavoro per godere di alcuni benefici penitenziari. Era stato quindi Barbieri a far conoscere a Fuduli “Ventrici Francesco, e lo stesso Barbieri si era subito interessato all’importazione dei blocchi di marmo dal Brasile per il tramite dell’azienda di Fuduli”. Ma appena il futuro collaboratore aveva “accennato a Barbieri e Ventrici dei traffici con la Colombia che aveva portato avanti per conto di Natale Scali, erano subito nati degli accordi tra Barbieri, Ventrici e Scali finalizzati all’importazione in comune dello stupefacente, sfruttando il medesimo canale di approvvigionamento”. Era l’inizio della “collaborazione” fra vibonesi e reggini con chili e chili di cocaina sbarcata nel porto di Gioia Tauro ed occultata in grossi blocchi di marmo importati dal Sud America. Blocchi di marmo che venivano poi portati dall’organizzazione criminale in una cava di Calimera, nel Vibonese, di proprietà della famiglia Mercuri di San Calogero.

porto-gioia-tauro

Il ruolo di Gennaro Vecchio, presunto boss di San Calogero. Il teste Notaro ha fatto riferimento in aula anche all’omicidio (6 settembre 2001) del pluripregiudicato di San Calogero, Gennaro Vecchio, “indagato quale stretto collaboratore di Francesco Ventrici”. Un omicidio, quello di Gennaro Vecchio, destabilizzante per l’intera organizzazione di narcotrafficanti diretta da Ventrici e Barbieri e che il 2 luglio 2010 il colonnello del Ros, Giovanni De Chiara, aveva definito in aula a Vibo, in altro troncone del processo “Decollo”, come al centro dei commenti di una captazione ambientale a Bologna fra Fuduli, Barbieri e Ventrici, nella quale proprio Ventrici avrebbe spiegato che l’omicidio “di Gennaro” rientrava in un “regolamento di conti della malavita locale” e non sarebbe stato quindi legato al narcotraffico, bensì maturato nell’ambito di “cose paesane”.

tribunale toga aula

Le accuse di “Decollo Ter”. Di aver importato centinaia di chili di cocaina dalla Colombia, occultata in container contenenti blocchi di marmo e sbarcati nel porto di Gioia Tauro, devono rispondere: Sebastiano Signati,  di Bovalino; i colombiani Ernesto Castillo Rico e Giovanny Castillo Rico, gli ultimi due ai vertici del narcotraffico internazionale. Con loro, sempre per narcotraffico contestato nel troncone “Decollo Ter” sono imputati: Nestor Amouzou, sudafricano; Martin Carballo, Gloria Perez, Renato e Sandro Spadei, Rafael Zapata Cuadros, tutti colombiani; Massimo Martigli, di Capraia (Fi), residente in Brasile; Santiago Carmona, spagnolo; Angelo Merlini, venezuelano; Antonio Soler, spagnolo; Monica Serafini.

Credito Sammarinese

Nell’ambito del filone scoperchiato dall’inchiesta “Decollo money”, processo riunito a “Decollo Ter” sono invece imputati i vertici del “Credito Sammarinese”, vale a dire Lucio Amati, Valter Vendemini, Sandro Sapignoli, Massimiliano Sensi, Renato Cornacchia, Luigi Passeri.Insieme a loro, con l’accusa di concorso in riciclaggio dei narco-proventi di Vincenzo Barbieri 8ucciso a San Calogero il 12 marzo 2011), a giudizio pure Barbara Gabba, 41 anni, di Roma, e Luca Bressi, 39 anni, di Catanzaro. Infine, nell’ambito dell’inchiesta “Decollo Ter”, ma con l’accusa di intestazione fittizia di beni riconducibili, secondo la Dda, ai narcotrafficanti Francesco Ventrici e Vincenzo Barbieri, sotto processo ci sono: Maria Pia Barbieri, 33 anni, figlia del defunto broker della droga; Giuseppe Mercuri, 40 anni, cognato di Ventrici; Giuseppe Barbieri, 33 anni, tutti di San Calogero, Giuseppe Ceravolo, 36 anni, di Vibo Valentia. Imputati anche i fratelli Domenico (commercialista) e Salvatore Lubiana (avvocato) di Nicotera, Domenico Macrì, originario di Nicotera e residente a Città di Casstello (Pg), e Giorgio Galiano, genero di Barbieri.

Vincenzo Barbieri
Vincenzo Barbieri

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Domenico Macrì e Barbara Gabba, in concorso con i due Lubiana, avrebbero proposto al direttore del Credito Sammarinese, Valter Vendemini, un nuovo “cliente” capace di depositare nella banca di San Marino 15 milioni di euro, cioè Vincenzo Barbieri. Tale operazione bancaria, unitamente alle dichiarazioni fatte da Vendemini ai magistrati l’8 ed il 15 luglio 2011, ha finito per coinvolgere nella vicenda giudiziaria anche Lucio Amati, grosso imprenditore sammarinese che nel 2005 aveva fondato la banca. Amati, fra l’altro, era stato in passato anche ambasciatore della Repubblica di San Marino in India. Ad aprire al Credito Sammarinese due conti correnti su cui, attraverso bonifici bancari effettuati da Barbieri, sarebbe confluito il 24 gennaio 2011 oltre un milione di euro – somma reimpiegata per la sottoscrizione di certificati di deposito pari a un milione e 200mila euro – sarebbe stato per l’accusa il vibonese Giorgio Galiano, genero di Vincenzo Barbieri. Il compenso per le varie “operazioni” finanziarie, necessarie secondo gli inquirenti per dissimulare la provenienza illecita del denaro, sarebbe quindi stato pattuito con Vendemini, Amati, i due Lubiana, Macrì e la Gabba attraverso una provvigione in loro favore del 2 per cento (300mila euro) sul versamento complessivo di 15 milioni di euro. Tutti i reati sono aggravati dall’art. 7 della legge antimafia e sarebbero stati commessi dal 2009 all’8 luglio 2011.

Stralciate le posizioni di Rafael Zapata Cuadros, estradato nel novembre 2013 ad Amsterdam, e quella di Santo Scipione, 83 anni, di San Luca, detenuto in Colombia e non ancora estradato in Italia a causa delle condizioni di salute. Scipione è ritenuto dall’accusa ai vertici del narcotraffico internazionale.

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