Altomonte – l’incanto dell’Alto cosentino.

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Posta a 496 metri dal livello del mare, Altomonte, in provincia di Cosenza, conta 4800 abitanti di cui circa millecinquecento nel Borgo.

La città era già conosciuta ai tempi dei romani con il nome di Balbia voce di derivazione fenicia, proveniente da Baal che significa “signore” e “divinità”. Non è un caso infatti che Plinio il Vecchio la citi tra quelle che producevano vini pregiati come, appunto, il Balbino. Nel 1052 si hanno le prime notizie di una espansione dell’abitato – siamo già in epoca normanna – e lo stesso è menzionato col nome di Brahalla o Brakhalla il cui significato deriva secondo alcuni dall’arabo “Benedizione di Dio”. Nel 1337 il nome del paese muta prima in Altoflumen per poi assumere il nome odierno, tra il 1343 e il 1345, per volere della regina Giovanna prima. Nel 1343-45, il Conte Filippo Sangineto, cavaliere di re Roberto d’Angiò, da inizio allo sviluppo di Altomonte edificando la Chiesa della Consolazione, che arricchisce di opere d’arte dei maestri toscani. Il casato dei Sangineto si estingue nel 1381 e Altomonte passa sotto il dominio dei Sanseverino – imparentati con i Ruffo di Sicilia – i quali favoriscono l’arrivo dei Domenicani. Gli stessi Sanseverino manetranno fino all’800 il possesso della città. Nel 1588 vi soggiorna il filosofo Tommaso Campanella, che proprio qui, nel convento dei Domenicani scrisse la “Philosophia sensibus demonstrata”.

C’è una vena orientale in questa città, segnata dai monaci basiliani dediti all’ascetismo che qui si insediarono, dalla persistenza del rito grecoe dall’impianto urbanistico di derivazione araba, fatto di vicoli ciechi, strade e stradine che si incrociano e si annullano come in una Casbah.  Ma il protagonista eccellente della storia di questo suggestivo borgo è senza dubbio Filippo Sangineto che ne fu primo Conte dal 1317 al 1349. Un personaggio di primo piano come attestano le sue numerose cariche – Vicario del Duca di Calabria, Giustiziere della Terra del Lavoro e Siniscalco di Provenza – a cui si deve la trasformazione di Altomonte da piccolo borgo agricolo a sede privilegiata di statuti speciali che furono alla base di una splendida stagione iniziata con la costruzione della Chiesa della Consolazione, nel 1343-45.

Entrati nel borgo – dove le donne siedono ancora sull’uscio di casa a sbucciare i cardi selvatici raccolti in campagna – si è letteralmente avvolti da un groviglio di aromi che viene dalle cucine mentre la città, incamminandosi, si svela a noi in un susseguirsi di vicoli e scalinate. Tra i primi posti da visitare c’è di sicuro il Castello normanno del XII secolo, ampliato e restaurato più volte dai vari feudatari che si sono succeduti ma che per fortuna hanno saputo preservare l’impianto originario e che oggi ospita anche un albergo. Arrivati poi a Piazza Coppola e imboccando via Paladino si arriva a Piazza Campanella dove la seconda imperdibile tappa è ovviamente costituita dalla stupenda Chiesa di Santa Maria della Conciliazione con l’attiguo convento domenicano che oggi ospita il museo civico. La chiesa, domina la valle dell’Esaro, nobile e austera, impreziosita da capolavori dell’arte lapidea come il magnifico portale e il grande rosone composto da archetti a ruota e l’elegante bifora della mella massiccia torre campanaria. Lo stile è quello della corte angioina con riferimenti alle tradizioni normanne e svevo-cistercensi.

Proseguendo il giro turistico e giunti a Piazza Campanella è impossibile poi non fare una sosta a Palazzo Pancaro – XVI secolo – una delle più antiche dimore gentilizie della città. Lasciata la piazza si raggiunge via Paladino dove è d’obbligo una sosta alla Casa-torre dei Pallotta di origine normanna. Proseguendo poi per Piazza Balbia si arriva alla Chiesa di San Giacomo apostolo di probabile origine bizantina e con interno barocco, restaurata pochi anni fa. Da qui, proseguendo lungo le tortuose stradine del centro storico cittadino si arriva a Piazza San Francesco di Paola su cui si affaccia l’omonima chiesa con l’attiguo complesso monastico ora sede del Municipio, al cui interno vi è un bellissimo chiostro settecentesco. La visita si può concludere a Palazzo Giacobini – 1584 – anticamente un ospedale rifugio per pellegrini e oggi utilizzato per convegni e ricevimenti.

Ma Altomonte offre ai turisti anche due importanti musei: il Museo civico (tra le opere di maggior pregio ivi custodite, il San Ladislao di Simone Martini commissionato da Filippo Sangineto nel 1326, le due tavole dell’allievo di Giotto, Bernardo Daddi, , le storie della Passione di Cristo, del Maestro dei Penna e la Madonna delle Pere, opera del 1460, di Paolo di Ciaco) e il Museo Azzinari che raccoglie le opere del pittore Franco Azzinari. Vi sono piu anche una Biblioteca civica, una Biblioteca storica e una Pinacoteca comunale d’arte moderna.

Tanti gli eventi culturali che Altomonte offre. si Comincia notte dell’Epifania con la rappresentazione dell’arrivo dei magi, in costume. Degustazioni e falò (qui chiamati fucine) alla vigilia delle feste di San Giuseppe e San Francesco di Paola. la Via Crucis del Venerdì Santo. La festa patronale di San Francesco di Paola che si tiene la seconda domenica dopo Pasqua. L’infiorata del Corpus Domini. La Festa del pane che si tiene nell’ultima settimana di maggio. Il Festival della danza, che si tiene invece nella seconda settimana di giugno, seguito, a luglio, dal Festival Rock e dal Festival Euro-mediterraneo che si svolge tra luglio e agosto. Si prosegue poi con il Di…..vino jazz – con assaggi itineranti di vino e di musica nel borgo – per finire poi, nel mese di novembre, con la tradizionale sagra dei funghi.

Altomonte però è anche natura – posta com’è a pochi chilometri dalla Riserva del Farneto e dal Parco nazionale del Pollino – artigianato (segnaliamo le terracotte e le celebri cartoline di legno) e gastronomia con le paste fatte in casa, le minestre a base di verdure e legumi, la mischiglia, composta da nove erbe, i secondi a base di carne, le cicerchie, raro legume che sta tra i ceci e i lupini, i zafarani cruschi, peperoni essiccati al sole e saltati nell’olio bollente, i dolci al miele di derivazione araba e il vanto del borgo: i cardi selvatici sottolio.

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