Caso Sogefil, il Tribunale di Cosenza esclude Nicotera dall’elenco dei Comuni aventi diritto al risarcimento

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Il dispositivo di sentenza che ha sancito la fine del processo penale pendente davanti al Tribunale di Cosenza contro gli amministratori responsabili della Sogefil, società per la riscossione di tributi, più altri sei, ha generato sorpresa e disappunto. Incredulità anche tra i tanti avvocati che difendevano gli imputati oppure i numerosi Comuni che si erano costituiti parte civile, tra cui Nicotera, Limbadi, Ionadi, Briatico e altri ancora. Tutto rinviato, ora, al deposito delle motivazione per allestire eventuali ricorsi che di certo non mancheranno. Sul banco degli imputati index-3c’erano, inizialmente, i fratelli Mario e Maria Grazia Lo Po, nonché i fratelli Leonardo e Giovanna Trovato più altri altri sei. Mentre, però, i responsabili della società rendese patteggiavano la pena cavandosela con condanne irrisorie a fronte dell’ammanco di circa quindici milioni per il mancato versamento dei tributi riscossi nelle casse dei Comuni per i quali effettuavano il servizio, gli altri sei imputati sceglievano la celebrazione del rito ordinario ritenendo di poter dimostrare la loro estraneità ai fatti. In realtà, il Tribunale di Cosenza (presidente Enrico Di Dedda, a latere Claudia Pingitore e Manuela Gallo) ha individuato responsabilità solo a carico di Mauro Nucaro, ex presidente del Cosenza calcio, che s’è buscato una condanna a cinque anni più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, il pagamento delle spese processuali e il risarcimento danni solo per dieci comuni (Mendicino, Zumpano, Dipignano, Oriolo, Petrizzi, San Vito allo Ionio, Squillace, San Procopio e Limbadi) su circa cinquanta che s’erano costituiti parte civile, mandando assolti tutti gli altri altri dipendenti Sogefil <per non aver commesso il fatto>. Ha, altresì, disposto la confisca di tutto quanto sottoposto a sequestro.

In sostanza, alla lettura del dispositivo di sentenza, in aula si sono registrati la soddisfazione di pochi e lo sconcerto di tanti. Sorpresa soprattutto tra i legali di fiducia che non hanno visto riconosciuto il diritto al risarcimento per gli enti da loro assistiti. Tra questi anche Nicotera, il Comune su cui la “voracia” della Sogefil s’è abbattuta con più accanimento che su tutti gli altri. Rappresentato e difeso dall’avv. Alessio Colistra, l’ente s’era regolarmente costituito parte civile. Non essendo ngdfel dispositivo di sentenza indicato alcun termine per il deposito delle motivazioni, c’è da presumere che bisognerà aspettare non più di una quindicina di giorni prima di conoscere le valutazioni del Tribunale. Nelle casse comunali mancano, comunque, all’appello, circa otto milioni di euro. E’, invece, andata bene al Comune di Limbadi, difeso dall’avv. Giulio Ceravolo. La somma non versata dalla Sogefil ammonta a circa 240mila euro e anche se <di questo importo – dice il sindaco Pino Morello – probabilmente non vedremo mai una lira> quanto meno <potremo metterci al sicuro – aggiunge – di fronte ad eventuali interventi della Corte dei Conti>. Un problema questo che un po’ assilla tutti i Comuni “vittime” dello “shopping” selvaggio dei dirigenti della Sogefil e che ora, per veder riconosciute le loro ragioni, non hanno alternative al ricorso in appello con ulteriore aggravio di spese. Di certo, di fronte a quelle che sono le conclusioni del processo, i commenti si sprecano. Il ragionamento è semplice. I maggiori responsabili del “buco” di circa quindici milioni, i fratelli Lo Po e Trovato, avendo patteggiato la pena, se la sono cavata con pene oscillanti tra i 18 ed i 24 mesi, mentre tutti gli altri dipendenti Sogefil incriminati sono stati scagionati. Per i cittadini nicoteresi, intanto, il danno sarà doppio. Hanno, infatti, pagato la prima volta la Sogefil e pagheranno una seconda volta perchè l’ex amministrazione Pagano, per evitare il dissesto dell’ente creato dal mancato versamento dei tributi da parte della Sogefil, ha fatto ricorso ad un mutuo di circa sei milioni da restituire con rate annue da circa 300mila euro per trent’anni. Somme sempre a carico dei cittadini e che si sarebbero potute utilizzare per altri scopi.

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