Strepitoso successo quello riscosso dalla ‘nduja calabrese nell’anno che è appena trascorso che ha letteralmente conquistato il mondo, e viene continuamente ricercato nei paesi dove ancora il prodotto in questione, non era mai arrivato.
La ‘nduja – ci ricorda il “Food and travel magazine Lorenzo Vinci” (un club online con più di 50000 registrati in Italia che si è specializzato nel proporre ai consumatori il meglio della produzione artigianale nostrana – è un salume della nostra regione, di consistenza morbida e dal gusto particolarmente piccante. Il nome nduja o più semplicemente duja, che trae origine dal termine latino “inducere”, cioè introdurre, è altresì collegato ad altri due particolari tipi di insaccato, sempre costituiti da carne e spezie, il piemontese salam dla doja e la francese andouille, da cui, tramite la mediazione del diminutivo andouillette forse prende il nome. Alcuni fanno risalire la sua introduzione in Calabria ai Francesi, durante il periodo napoleonico (1806-1815), altri ritengono invece che siano stati gli Spagnoli, nel Cinquecento, a portare questo particolare salame insieme al peperoncino. È tipica delle zone dell’altopiano del Poro: Spilinga (in provincia di Vibo Valentia) è il comune d’elezione, ma l’area di produzione è estesa a molti comuni, in particolar modo a quelli del versante tirrenico, a tal punto da fare della ‘nduja un alimento tipicamente associato a tutta la Calabria.
Storicamente la ‘nduja – si legge ancora – sul sito del “Food and travel magazine Lorenzo Vinci” – è un piatto povero, nato per utilizzare gli scarti delle carni del maiale: milza, stomaco, intestino, polmoni, esofago, cuore, trachea, parti molli del retrobocca e faringe, porzioni carnee della testa, muscoli pellicciai, linfonodi, grasso di varie regioni, ecc. Il successo commerciale è all’origine delle modificazioni attuali nelle diverse composizioni. La sua origine è comunque quella di un alimento povero, nato dalla necessità dei contadini di sfruttare ogni parte del suino. Dopo aver dato ai proprietari terrieri le parti più pregiate dell’animale, quello che restava erano gli scarti: stomaco, milza, polmoni, intestino, esofago, trachea, faringe, parti carnose della testa, grassi vari ecc. Anche se fatta con queste parti poco nobili, la ‘nduja manteneva e mantiene tuttora (benché la composizione, dato il successo commerciale, sia un po’ cambiata) un forte valore nutritivo e terapeutico, dato, quest’ultimo, dall’abbondante presenza di peperoncino.
Le parti grasse del maiale (lardo, grasso e pancetta), con l’aggiunta del peperoncino piccante calabrese (solitamente in ogni 2 Kg di carne viene mescolato 1 Kg di peperoncino) vengono insaccate nel budello cieco; dopodichè si aggiunge del sale (con una percentuale del 3% circa sul totale). Infine, il tutto viene affumicato.L’abbondate contenuto di peperoncino rosso calabrese, con le sue proprietà antisettiche edantiossidanti, fa sì che la ‘Nduja non abbia bisogno di conservanti e coloranti.
I modi in cui la ‘Nduja viene apprezzata sono vari. Essa, infatti, è un paté molto versatile che può rientrare anche in contesti casalinghi e quotidiani, così come in cene eleganti o in degustazioni con vini ed oli pregiati. Tra i più classici c’è sicuramente quello che la vede spalmata su fette di pane abbrustolito, meglio se ancora caldo. Può però essere utilizzata, magari insieme a dell’aglio, anche per fare il soffritto, come base di un ragù o di un semplice sugo di pomodoro. Non solo, la ‘Nduja è ottima anche per accompagnare formaggi semi-stagionati, per farcire delle frittate e per guarnire la pizza. Un insaccato dal gusto deciso, insomma ma che permette una miriade di abbinamenti e di modi per gustarlo. Tra i primi piatti classici preparati con questo insaccato – si legge infine sempre sul sito – ricordiamo la “fileja alla ‘nduja” e i fagioli con la ‘nduja.
A commentare questo grande exploit di questo prodotto tra le ecclellenze della Calabria ci ha pensato Pietro Molinaro attuale Presidente di Coldiretti Calabria secondo cui è in netta crescita l’export delle produzioni regionali. Nell’ambito di questo aspetto – egli dice – il caso della ‘ nduja è emblematico e di buon auspicio poichè, da Londra a New York, il 2016, è stato davvero l’anno della scoperta di questa pietanza da parte degli chef stranieri. Non a caso la nota agenzia di stampa Bloomberg, l’ha incoronata cibo dell’anno, spiegando come l’insaccato piccante calabrese abbia conquistato il palato di americani e inglesi. E questo – continua Molinaro – perchè sta bene e lega meravigliosamente con tutto dai crostacei alla pizza, e si abbina benissimo alla pasta.
Un “risveglio piccante” – potremmo dire – che si associa alla fortissima attrazione che si registra in tutta la Calabria verso “il fai da te” casalingo con famiglie che preparano in casa dopo aver acquistato prodotti direttamente dagli agricoltori nei numerosi punti vendita, botteghe e mercati di Campagna Amica facendo quindi stravincere la riscoperta delle tradizioni del passato, con una scelta precisa del Made in Calabria e una netta contrarietà alla omogeneizzazione dei sapori.
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