Economia asfittica, necessaria una strategia per lo sviluppo.

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L’economista austriaco Joseph Schumpeter, amava dire che “non ci sono investimenti che di per sé, fanno decollare un’area debole se prima non cambia la struttura sociale, la cultura dominante e il rapporto tra le istituzioni e la società”. E se questo assunto è vero – come del resto indicano tante testimonianze – allora, allo stato attuale delle cose, difficilmente Nicotera si incamminerà sulla strada dello sviluppo economico, in quanto la struttura sociale del paese risente di tutti quei fattori di immobilismo tipici della parte meno evoluta della società meridionale, cioè quella in cui la cultura dominane non è purtroppo quella “del fare” quanto piuttosto quella “del parlare” e il rapporto tra istituzioni e società, ha toccato, col terzo scioglimento consecutivo del civico consesso cittadino, il punto più basso di una parabola discendente iniziata almeno 30 anni fa.

Questa premesse – per quanto dolorosa per qualunque nicoterese – è indispensabile per capire le vere debolezze racchiuse nel tessuto sociale cittadino e che non permettono alla città di svilupparsi, nonostante la stessa, per la felice posizione geografica e per la sua storia millenaria che ha lasciato in dono, un patrimonio storico artistico di grande valore, con decine di siti, avrebbe tutte le carte in regole per progredire sul piano economico.

Tutto comincia col grande errore dei primi anni 80 del secolo scorso, quando si preferì indirizzare capitali e lavoro su uno sviluppo non proiettato verso la naturale vocazione turistica della città bensì “monotematico” cioè orientato solo sul comparto edilizio che invece avrebbe dovuto essere complementare all’attività turistica e ancor oggi può trovare nuova linfa  in un serio piano di riqualificazione del centro storico per utilizzare l’ingente patrimonio immobiliare presente, facendo entrare la città, in quella logica di “albergo diffuso” che sta facendo la fortuna di altre località calabresi.

Sempre nell’ottica della diversificazione dell’economia cittadina, sarebbe poi opportuno, indirizzare il comparto edilizio verso interventi di tipo infrastrutturale e anche di bio-edilizia e di riqualificazione energetica degli edifici. Nel commercio invece, secondo settore produttivo della città, si nota una dispersione delle attività che vengono aperte quasi a caso, senza aver prima fatto una analisi di mercato e verificato se vi è un bacino sia di utenti che di domanda di beni, sufficiente a tenerli in vita e senza neanche tentare di associarsi per tenere testa alla grande distribuzione i cui prezzi risultano imbattibili per il piccolo negoziante. Ancora risulta il comparto agricolo vista l’eccessiva polverizzazione della proprietà terriera che non consente produzioni su larga scala e il perseverare sulla strada della “quantità” al posto della “qualità” dei prodotti – pensiamo solo all’olio – mentre in altri paesi calabresi non solo si punta molto sull’eccellenza ma si recuperano addirittura vecchie coltivazioni: dal magliocco di Limbadi allo zibibbo di Pizzo calabro al cedro dell’alto Cosentino tanto per fare dei semplici esempi. Una debolezza strutturale che si riscontra anche nell’ambito delle professioni dove ognuno preferisce curare il suo sempre più ristretto orticello invece di associarsi.  Del tutto in fase embrionale infine, risulta la politica tesa ad accogliere le piccole e medie imprese dotandosi di una area per gli insediamenti produttivi che esiste solo sulla carta e che invece potrebbe generare un robusto flusso occupazionale, così come è del quasi del tutto assente il fenomeno del cooperativismo.

Eppure come dicevano le possibilità non mancano a cominciare dalla natura. Nicotera infatti è forse l’unico centro della provincia che può vantare una varietà di ambienti, dal mare e oltre sei chilometri di spiagge, alle lussureggianti colline delle estreme propaggini meridionali del monte Poro.

 

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