Il periodo federiciano dagli scritti dello storico Diego Corso.

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Continuando il nostro viaggio alla riscoperta della storia di Nicotera – e affidandoci ancora una volta alle parole dello storico Diego Corso autore della celebre “Cronistoria civile e religiosa della città di Nicotera” – pubblicata a Napoli nel lontano 1882 – ci inoltriamo nel periodo di massimo splendore della città che è quello federiciano o normanno-svevo.

“Estinto il ramo dei Normanni e subentrato nel suo regime la casa sveva, in persona di Ferdinando II°, sotto la tutela di Papa Innocenzo III°, Nicotera continuò ad essere amministrata da bajuli imperiali e nel 1200 ritroviamo un certo Giovanni come bajulo e castellano di essa. Con Federico II° cominciò il rafforzamento del regno in quanto egli favorì la libertà dei sudditi rialzando il potere civile, stabilì una forza pubblica in difesa degli oppressi, garantì l’ordine elevando a grande autorità l’ufficio di Giustiziere civile, proibì ai feudatari, sotto pena della confisca dei beni, di usare violenza e rappresaglie, richiamò a se le regalie e promosse le fiere per agevolare le industrie e allargare il commercio. Nel 1224 concesse ai padri Certosini di Santo stefano del Bosco le colture e le terre che avevano nel tenimento di Nicotera. E in questa occasione si diedero ad erigere la chiesa di San Brunone nella sottoposta marina. In siffatta congiuntura lo spirito pubblico erasi desto, il commercio e le industrie della seta eransi rialzati, poiché con il Re, tornato dalla Terrasanta era entrata nel regno una gran quantità di Ebrei ai qual aveva dato licenza di stabilirsi nei suoi stati e principalmente nella Calabria. Anzi fra le città da loro maggiormente scelte, figuravano proprio Reggio e Nicotera le quali essendo marittime e vicine alla Sicilia, offrivano ai loro traffici molti lucri e vantaggi. Infine con regia ordinanza del 1239, lo stesso Federico II° stabiliva come cantieri e arsenali regi le città di Napoli, Amalfi, Salerno, Brindisi e Nicotera a ciascuno dei quali furono chiamati a sovrintendere dei magistrati chiamati Comiti o Protontini”.

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