E’ strano che in questo nostro paese ci si debba accorgersi di vivere in un clima di piena emergenza solo quando accadono episodi come quello che ha interessato purtroppo la famiglia Reggio. Un gesto inqualificabile – quello del danneggiamento della cappella di famiglia – che colpisce non solo per la sacralità del luogo, ma anche perchè testimonia il fatto che non c’è più nessun limite a quello che un qualunque malintenzionato può compiere su questo territorio e questo, a sua volta, ci fa percepire come tutti noi possiamo essere esposti a questa situazione.
Ritengo parimenti che abbiamo però sbagliato ad abbassare la guardia su certi fenomeni sperando che l’ondata di piena si esaurisse da sola e che quindi le fiaccolate e altri eventi sono utili certo, per dare solidarietà e vicinanza, ma la crisi strutturale del tessuto comunitario di cui anche la delinquenza si nutre, necessita però di una azione di lungo periodo. Occorre quindi fare sempre legalità ma anche nei gesti del quotidiano, perché la legalità nasce dall’educazione civica prima di tutto. Dobbiamo quindi cogliere l’occasione che questo triste evento ci offre. Il fuoco delle fiaccole che saranno accese stasera quindi, non può e non deve spegnersi questa volta.
Serve prima di ogni cosa una mobilitazione permanente sul problema della sicurezza. Una riflessione sul tema con il nuovo comandante dei carabinieri è d’obbligo e la stessa va fatta col nuovo Prefetto. La questione della videosorveglianza va portata poi a soluzione, perché il paese dopo le 20 è off limit e c’è il rischio, che cittadini inermi temano persino di uscire di casa, per non correre il rischio di “vedere” i vandali in azione.
Ma il processo di imbarbarimento della collettività si contrasta anche e sopratutto ricreando un tessuto comunitario. I problemi non mancano ma è assurdo che con tutte le cose da fare si perda tempo a fare convegni. Quello che serve è un nuovo vangelo sociale fatto di azioni concrete sul territorio: vogliamo creare una banca dati sui casi di tumore? Sento dire da alcuni che in tutta Italia si muore. Grande consolazione, peccato però che la media nazionale è di 4 morti per 1000 abitanti e sarei assai curioso di sapere la nostra. I Mulini e la Porta Palmentieri poi – ad esempio – cadono a pezzi, quindi cosa vogliamo fare? E la problematica idrica su cui tanto si sta spendendo il movimento 14/7 non necessita forse di altre lotte pacifiche e non violente? Allora – come si può vedere – cose da fare c’è ne sono e tante.
Bisogna poi ricostruire il tessuto sociale. Troppi attori, troppe primedonne e pochi risultati e pochi fatti. Lo vogliamo tirare fuori dal cassetto il Piano sulla Partecipazione popolare che giace nei cassetti di Palazzo Convento? Un commissario che viene da Bologna, realtà all’avanguardia su questo tema, potrebbe forse essere sensibile a questa tematica. Tutti gli strumenti di partecipazione popolare che sono in quel documento, possono infatti essere utili per attivare una “politica dal basso e un rinnovato impegno civico” per far uscire la gente dalle case, in cui giustamente si sono rifugiate per colpa di una politica che non li ha mai coinvolti.
Anche sul fronte sociale dobbiamo smuovere l’andazzo: Troppe associazioni, si faccia una bella cernita e si ci si limiti a quelle attive per promuovere un vero coordinamento. Incredibile poi che, nel paese con tali problemi “ambientali”, non ci sia un presidio di Libera. O che nella città della Dieta Mediterranea non ci sia un presidio di Slow food o che in un paese con problemi di inquinamento marino così gravi, non si sia mai pensato a fare una sezione di Legambiente. E vogliamo stare vicino ai nostri commercianti che tengono ancora – fino a quando? – le serrande dei negozi alzate? Incredibile poi che a scuola non vi sia un Comitato studentesco. Anche i partiti dovrebbero essere ricreati: C’è spazio almeno per una sezione del PD, un Meet up del Movimento 5 stelle, una di Forza Italia, una di sinistra radicale e una di destra, oltre all’unica esistente che è oggi quella del PSI.
Anche il parroco non può essere lasciato solo come un “povero cristo”. (trattandosi del parroco, uso ovviamente questa espressione in senso per nulla ironico ma perchè non è proprio lui, il vicario di Cristo in terra, per quanto riguarda la sua parrocchia?). Anche perchè ha il suo bel da fare con le attività che gli competono come guida pastorale della comunità (messe, funerali, matrimoni, battesimi, catechesi, oratorio, ecc.) e anzi con tutto ciò, è da lodare che cerchi di fare qualcosa di extra. Aiutamolo dunque a portare sta “benedetta cruci”. Ma un aiuto fattivo che non si limti solo alla dimensione orante del pregare, che è di sicuro conforto ma non fa scomparire i problemi. In moltissime realtà esistono difatti commissioni di lavoro all’interno del Consiglio pastorale, si fa un Assemblea parrocchiale annuale, c’è persino la consulta dei laici e i gruppi scout.
E poi la cultura: Questa benedetta Casa della cultura la apriamo si o no?, il Polo museale lo si fa o no? L’archivio storico che giace in una scuola chiusa per il sollazzo dei topi, lo portiamo nella biblioteca? La cava romana, la poniamo sotto vincolo archeologico o no? Il progetto del centro di studi ebraici lo si continua o no? E lo sport? sosteniamo o no le nostre associazioni sportive? E promuoviamo l’arte, la lettura, la musica? Perché se volete che la gente esca di casa, dovete creare dei presidi culturali altrimenti nessuno esce a passeggiare nel deserto. E la gente dove e come può socializzare?
Su questo cose che ho detto si faccia una commissione di studio: piccola, indipendente, magari mettendoci il parroco, un delegato del 14/7, uno a testa dei due giornali presenti che dipendono da altrettante associazioni e qualcun altro e si parta”….
Anche nella comunicazione dobbiamo cambiare pagina. Di recente (vedi foto sotto) è stato sottoscritto il Manifesto della comunicazione non ostile. Andrebbe fatto un volantino e diffuso. Ve lo dico in sintesi: 1) Dico e scrivo in rete ciò che ho il coraggio di dire di persona; 2) Si è ciò che si comunica; 3) Le parole danno forma al pensiero: 4) Le parole sono un ponte; 5) parlare ma anche ascoltare; 6) Le parole hanno conseguenze; 7) Condividi testi e immagini solo dopo averli letti e non acriticamente; 8) Le idee si possono discutere, le persone si devono rispettare; 9) Gli insulti non sono mai argomenti; 10) Anche il silenzio comunica”.
E finimula cu stu murmuriamentu generali, anche su FB. Tutti usano FB per promuovere i propri paesi e qua si litiga come cani e gatti. Non passa giorno che – come giornale – non dobbiamo scrivere di borghi calabresi di mille o duemila anime che crescono e si proiettano nella modernità. Usiamoli bene questi social e però usiamoli meno. C’è bisogno anche di parlarsi come ai bei tempi, nei bar, nelle piazze o assettati a nu scaluni.…