E ‘stato presentato qualche giorno fa, il primo rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, previsto dal “Collegato Ambientale (L.221/2005) e consegnato dal Ministro dell’Ambiente al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Economia, che affronta il legame tra lo stato dell’ecosistema, il benessere sociale e le prospettive economiche.
“Frutto del lavoro del Comitato per il Capitale Naturale, cui hanno partecipato nove ministeri, cinque istituzioni di ricerca pubbliche, Regioni, Comuni e nove esperti scientifici, il Rapporto – si legge sul sito del ministero – raccoglie le informazioni rilevabili sullo stato di conservazione di acqua, suolo, aria, biodiversità ed ecosistemi, avviando un modello di valutazione del Capitale Naturale. Questo viene inquadrato all’interno di cinque Ecoregioni terrestri: Alpina, Padana, Appenninica, Mediterranea Tirrenica e Mediterranea Adriatica. A queste, si aggiungono le Ecoregioni marine del Mediterraneo che interessano l’Italia (Mare Adriatico, Mare Ionio e Mediterraneo Occidentale)”.
“Il Rapporto – si legge ancora nel sito – presenta la cartografia degli ecosistemi e la valutazione del loro stato di conservazione, propedeutica all’identificazione delle priorità di ripristino in un’ottica di mantenimento e potenziamento dei servizi ecosistemici. Tale valutazione ha permesso di stimare 19 ecosistemi ad alto stato di conservazione, 18 a medio e 36 a basso: tra questi ultimi, che riguardano il 14% della superficie nazionale, gli ecosistemi a struttura forestale della Pianura Padana, quelli delle fasce costiere e subcostiere, gli ecosistemi legati agli ambienti d’acqua dolce e quelli forestali in territorio di pianura e collinare”.
Vediamo insieme ai lettori di Mediterraneinews.it, i punti salienti del rapporto.
Il consumo di suolo si accompagna nel nostro Paese a un uso del territorio sempre più intensivo, con la perdita di ampie aree vocate all’agricoltura nelle zone circostanti le aree urbane e con la progressiva edificazione a densità medio-bassa, insediamenti commerciali e di servizio, infrastrutture e aree agricole marginali, che generano frammentazione degli habitat, discontinuità paesaggistica ed elevato impatto antropico sulle risorse naturali, sul paesaggio e, più in generale, sulla qualità della vita delle popolazioni locali. Il consumo di suolo in Italia continua a crescere, pur segnando un importante rallentamento negli ultimi anni: tra il 2013 e il 2015 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 250 km2 di territorio, ovvero, in media, circa 35 ha al giorno.
Il sottosuolo ha fornito in passato numerosi e diversificati giacimenti minerari, grazie alle sue caratteristiche geologiche. Oggi, l’attività mineraria in Italia è praticamente nulla. Sul territorio nazionale risultano attive circa 4.800 cave, diffuse in tutte le regioni. Dei circa 3.000 siti minerari che sono stati in produzione negli ultimi 150 anni solo 125 hanno una concessione ancora in vigore e 92 hanno dichiarato la produzione nel corso del 2013. Rimane in buona parte irrisolto il problema del recupero di siti minerari abbandonati.
Significativi sono i segnali di miglioramento della qualità dell’aria presenti in Italia: le emissioni dei principali inquinanti continuano infatti a diminuire, così come i livelli atmosferici mostrano trend decrescenti. Questi segnali positivi sono però insufficienti e la situazione della qualità dell’aria permane critica: per il particolato atmosferico, il biossido di azoto e l’ozono troposferico in particolare si continuano a registrare livelli elevati, che troppo spesso superano gli standard normativi in aree molto vaste, soprattutto nelle aree metropolitane e nella Pianura Padana.
Il valore della temperatura media risulta in costante aumento; il 2015 in Italia è stato l’anno più caldo dal 1961. La variazione della temperatura media (+1,58 °C) è stata superiore a quella globale sulla terraferma (+1,23 °C), con potenziali danni gravi per la salute e il benessere delle persone e per gli ecosistemi.
Dal punto di vista qualitativo, il dato di sintesi nazionale evidenzia che per le acque superficiali (7.494 corpi idrici fluviali e 347 corpi idrici lacustri) solo il 43% dei fiumi raggiunge l’obiettivo di qualità per lo stato ecologico e il 75% per lo stato chimico; per i laghi, l’obiettivo di qualità è raggiunto dal 21% dei corpi per lo stato ecologico e dal 47% per lo stato chimico.
Lo stato chimico delle acque marino-costiere presenta forti criticità su tutto il territorio nazionale con percentuali dei corpi idrici in stato “non buono” vicini o superiori al 40%, fatto salvo i distretti della Sardegna e dell’Appennino Centrale, in cui i valori scendono al 33% e al 12%, rispettivamente.
Il rapporto propone a salvaguardia dell’ambiente alcune azioni: 1) La creazione di un sistema il più possibile coordinato di raccolta dei dati e di elaborazione di statistiche sui fattori di pressione sul Capitale Naturale, riguardante tutte le tipologie di attori previste dalla contabilità nazionale (imprese, famiglie, amministrazioni pubbliche); 2) il Rafforzamento delle competenze tecniche valutative della P.A. sui temi del Capitale Naturale e dei servizi ecosistemici (mappatura, quantificazione fisica, valutazione monetaria); 3) l’Integrazione del Capitale Naturale nelle vigenti procedure di valutazione preventiva di piani, programmi e progetti (Valutazione dei programmi comunitari, Valutazione Ambientale Strategica, Analisi Costi-Benefici di progetto e Valutazione d’Impatto Ambientale); 4) il Rafforzamento delle attività di valutazione ambientale dei Sussidi economici previsti dalle politiche pubbliche settoriali; 5) la riforma della fiscalità ambientale e altri strumenti economici per la protezione del Capitale Naturale.
L’Italia è uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità terrestre e marina: la flora vascolare è costituita da oltre 6.700 specie (il 20,4% delle quali endemiche, cioè presenti allo stato spontaneo solo nel territorio italiano) e conta circa la metà delle specie note per l’Europa. La fauna include invece oltre 58.000 specie, di cui ben il 30% endemiche. Nel complesso, il sistema delle aree protette nazionali/regionali, insieme alla Rete Natura 2000, copre un’estensione di circa 9.474.343 ettari, interessando il 21% della superficie terrestre e il 19,1% della superficie marina nazionale (esclusa la Zona di Protezione Ecologica), attestandosi in tal modo largamente al di sopra degli obiettivi stabiliti a livello internazionale.
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