A Nicotera nasce un Comitato contro il centro di accoglienza migranti. Lanciata petizione e raccolta firme.

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Redazione.

La notizia dell’apertura di un Centro di accoglienza a Nicotera – diffusa prima da alcuni organi di stampa e poi rimbalzata sui social network, sta scatenando una miriade di reazioni come del resto era prevedibile. Quello che per settimane sembrava a molti solo una “voce”, sta trovando conferme. La città – è bene chiarirlo subito – sta comunque reagendo in termini civili, e di questa reazione si sta facendo interprete, in queste ore, un comitato spontaneo di cittadini che pone domande serie e concrete alle istituzioni in merito a questa ennesima decisione, passata sopra le teste dei nicoteresi in barba ai più elementari diritti di informazione dei cittadini e condivisione delle scelte con gli stessi e le istituzioni locali del mondo associazionistico, della Chiesa e della società civile in genere.

Il comitato secondo alcune indiscrezioni avrebbe già contattato uno dei commissari della triade che governa la nostra città – il dott. Nicola Auricchio – anticipandogli telefonicamente l’intenzione di chiedere al più presto, cioè in settimana, un incontro pubblico con la cittadinanza al fine di discutere e di saper con chiarezza tutti i punti della ormai nota vicenda. Cosa a cui la commissione – da sempre disponibile al confronto – pare non essersi sottratta.

Ma si guarda anche oltre. Dal comitato civico, alcuni attivisti, fanno sapere che è stata lanciata una petizione popolare con tanto di raccolta di firme, per chiedere di revocare la decisione di creare un simile centro in città.

“Nicotera è stato sempre un paese accogliente – si legge nel testo della petizione – storicamente terra di emigrati (lo è ancora oggi purtroppo), è diventata terra di accoglienza per forestieri prima e cittadini provenienti da ogni parte del mondo dopo. Sono infatti quasi trecento – appartenenti a trenta nazionalità diverse – gli stranieri residenti in città; e mai si è verificato un episodio di razzismo, né ci sono stati problemi di ordine pubblico. I migranti sono stati accolti bene, si sono integrati nel tessuto sociale della città e svolgono tutti un lavoro, soprattutto in agricoltura e nel campo dell’assistenza agli anziani. Questo non solo perché – come scritto – i nicoteresi, soffrendo della piaga dell’emigrazione, comprendono chi fugge da realtà difficili o cerca occasioni di lavoro, ma anche perché l’immissione di queste persone nel tessuto collettivo è avvenuta gradualmente, senza imposizioni dall’alto e quindi senza scossoni”. Ebbene da qualche settimana – si legge ancora – vi è notizia dell’imminente apertura in città di un centro di accoglienza per stranieri richiedenti asilo. La stampa riporta di 250 migranti in arrivo che dovrebbero essere alloggiati in alcune strutture alberghiere a Nicotera ed a Nicotera marina. La popolazione ha reagito con sconcerto e incredulità. Non certamente perché la città è un covo di facinorosi e di razzisti, ma semplicemente perché questo modo di fare accoglienza è sbagliato. Tante sono le domande cui si vorrebbe risposta”.

 Poi il comitato incalza e pone delle domande precise: “Perché la popolazione non è stata avvisata, nonostante sia evidente che l’intera complessa operazione non è certo stata fatta in pochi giorni?
Quante persone ospiterà il centro? Chi è l’ente gestore? Con quale modalità è avvenuta l’aggiudicazione allo stesso da parte della Prefettura? Con quali modalità e criteri è stata individuata la struttura di accoglienza (nella specie un hotel)? Chi e quanti saranno gli operatori dell’accoglienza ed i mediatori culturali? Che proporzione numerica vi sarà tra operatori e migranti accolti? Chi saranno i migranti in accoglienza? Vi saranno anche donne e minori? Vi saranno anche soggetti vulnerabili in genere? E’ prevista per questi la dovuta assistenza sanitaria e psicologica? Quali saranno le attività previste in favore dei migranti (es. corsi di lingua italiana, corsi di formazione professionale, lavori di pubblica utilità)”?

Un’altra domanda fondamentale, poi – anche alla luce dell’accordo tra ANCI (Associazione nazionale dei comuni italiani) e Ministero dell’Interno per cui dovrà esserci una distribuzione di 2,5 stranieri richiedenti asilo ogni 1000 residenti – è se non sarebbe stato meglio accogliere in città un numero inferiore, più adeguato e proporzionato di migranti? Ed esattamente, un numero tale da consentire la loro integrazione ed il loro inserimento socio lavorativo in base a quanto possa offrire il tessuto socio economico locale. E ciò anche nell’ottica di creare percorsi tali da consentire ai migranti di “camminare con le proprie gambe” una volta terminato il periodo di accoglienza e non essere quindi vittime di sfruttamento lavorativo (cosa che avviene nella vicina piana di Gioia Tauro) o preda della criminalità. Ci si chiede poi se, seguendo il modello dell’accoglienza diffusa, anziché ammassare i migranti in un hotel, non sarebbe stato meglio farli abitare in alcuni dei tanti immobili (ormai da anni disabitati ed inutilizzati) presenti nel centro storico cittadino? In tanti comuni calabresi (es. a Riace ed altri comuni nella Locride) è avvenuto proprio questo e sono stati ottenuti fondi pubblici per ristrutturare gli immobili al fine di adibirli all’accoglienza. Il tutto a vantaggio anche dei proprietari e dell’intera collettività.
È un modello che trova disciplina in una precisa legge della Regione Calabria (n. 18 del 2009, cd. “Legge Riace”) che prevede l’erogazione di fondi pubblici per ristrutturare immobili dei centri storici al fine dell’accoglienza dei rifugiati. La vera accoglienza è questa, sul modello di Riace, studiato ed ammirato in tutta Europa. E giammai ammassare numeri elevati di persone in un hotel.

Inoltre, un’accoglienza di un adeguato e proporzionato numero di migranti nelle case del quartiere Baglio o dell’antico Borgo potrebbe essere gestita da un ente (cooperativa o onlus) in cui giovani nicoteresi avrebbero trovato occupazione come operatori, portando così lavoro in una terra dove il tasso di inattività è del 65%. In un simile modello si potrebbe inserire più facilmente i migranti nel tessuto socio lavorativo della città. E gli esempi in Calabria non mancano. Tanto per citarne alcuni: a Riace i migranti gestiscono le operazioni di raccolta differenziata dei rifiuti; a Siderno la scorsa estate sono stati adibiti a guide turistiche; a Badolato hanno aperto delle botteghe artigiane. E si potrebbe continuare: Acquaformosa, Camini, Gioiosa Jonica. Tutti esempi virtuosi di accoglienza diffusa sul territorio comunale.
Che senso ha, quindi, ammassare e “parcheggiare” i migranti in strutture alberghiere che sono destinate ad accogliere turisti, quindi inadatte all’accoglienza ed alle esigenze di chi viene in Italia per chiedere asilo? E ancor peggio, quali saranno le conseguenze di una potenziale assenza di adeguata attività di mediazione culturale (specie per i soggetti vulnerabili, quali vittime di torture, di stupri, di disturbi mentali dovuti alle vicende patite) e di attività di inserimento socio lavorativo in favore degli accolti (posto che nessun essere umano può stare 24 ore al giorno senza fare nulla)? L’assenza di tutto ciò potrà essere causa di disagio psichico e quindi di disordini all’interno della struttura? La stampa infatti, ha riportato di diverse situazioni di mala accoglienza di richiedenti asilo proprio all’interno di strutture alberghiere: tante di esse si sono rivelate luoghi di disordini e luoghi in cui agli stranieri non venivano garantiti i diritti loro previsti dalla legge.

“Nicotera – conclude il comitato – non accetta tutto ciò e chiede che una simile struttura non venga istituita: accoglienza si ma con un piano serio, razionale, condiviso con la cittadinanza”.

 

 

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