Nella tradizione religiosa cittadina uno dei riti più suggestivi e l’antica processione in mare della Statua della Madonna Immacolata. “La tradizione – ci ricorda lo scrittore Umberto Di Stilo – è antichissima e trae origine dal casuale ritrovamento in acqua di una scultura. Si racconta, infatti, che proprio la Statua dell’Immacolata che i pescatori nicoteresi portano in processione, sia stata pescata nello specchio di mare antistante l’attuale abitato. All’epoca del ritrovamento della scultura non esisteva ancora il paese. Ciò anche se, come sembra, ancora prima la “marina” era stata abituata da una colonia di spagnoli dediti alla pesca delle spugne che in gran quantità si trovavano sui fondali della scogliera. La zona era immersa nel verde della campagna. solo in prossimità dell’arenile sorgevano poche rustiche baracche nelle quali i pescatori custodivano le reti ed i vari attrezzi necessari all’esercito della pesca.
I marinai nicoteresi, all’epoca, abitavano il rione “Palmenteri” che, abbarbicato sulla collina di granito ed aprendosi come un gran balcone sul mare, consentiva loro di tenere costantemente sotto controllo l’ampio golfo delimitato dal promontorio di Capo Vaticano e dal pittoresco S. Elia di Palmi. Da questo rione collinare, che si apre ad uno stupendo scenario naturale, i pescatori potevano facilmente spaziare con lo sguardo fin nelle dirimpettaie isole Eolie. Una mattina di quasi due secoli addietro, dunque, mentre da “Palmentieri” scrutava il mare, che dopo alcuni giorni di tempesta cominciava a rabbonirsi, un pescatore si accorse che all’altezza dell’odierno rione “marinella” c’era qualcosa che galleggiava. Incuriosito guardò con attenzione: era una cassa di grandi dimensioni e subito si diresse verso la spiaggia per uno dei tanti sentieri della zona insieme con un parente e secondo la tradizione i due appartenevano rispettivamente alle famiglie Di Capua e Saladino. Giunti sul litorale, però, i due giovani si accorsero che la cassa, spinta dalle forti correnti, si era spostata di parecchio tanto che, galleggiando, era arrivata fino in prossimità del “Fosso”. Fu proprio qui che i due con la collaborazione di alcuni familiari che nel frattempo erano accorsi in loro aiuto, poterono recuperare la misteriosa cassa. e in sostanza, la processione in mare, ogni anno, ripercorre lo stesso tragitto che la statua lignea della Madonna, sotto la spinta delle correnti, ha compiuto quel lontano mattino spostandosi dal punto dove è stata avvistata fino a quello dove venne recuperata. E’ un rito che i pescatori locali, portando sulle spalle l’Immacolata con devozione profonda, compiono ormai da moltissimi anni, con i portatori che si lasciano guidare dai due timonieri che, sistemati uno a prua l’altro a poppa di quell’umana imbarcazione, riescono a farla “veleggiare” parallelamente al litorale. Sta all’abilità ed alla maestria dei timonieri (due tra i più anziani ed esperti pescatori) se la statua, durante la processione in acqua, non subisce sbalzi, non registra strattoni o, peggio, non pencola.
Nessuno si improvvisa portatore anche se non sono in molti ad aspirare a diventarlo. Ma sotto il piedistallo della Madonna si arriva per eredità. Sicché quasi sempre è il figlio ad occupare il posto che per anni fu del padre, e ancora prima, del nonno. Per consuetudine secolare i pescatori portano in processione la Madonna solo in mare. Sulla terra ferma, invece, se ne occupano altre categorie sociali. Infatti l’Immacolata lascia la omonima parrocchiale sulle spalle di fedeli e di cittadini che svolgono una qualsiasi attività lavorativa sulla terra ferma. Soltanto quando la processione, dopo aver attraversato diverse strade interne, giunge in via marina si fanno avanti i pescatori e, tra scoppi di mortaretti, canti, preghiere e ripetuti “evviva Maria”, prendono in consegna la statua per portarla in acqua e ripetere, così, quel rito di fede e di profonda devozione che ha spinto tutta la gente di mare di Nicotera ad eleggere a sua Protettrice l’Immacolata Concezione. Quando la bella statua, dopo un tragitto in acqua di diverse centinaia di metri, raggiunge l’altezza di contrada “Fosso” i pescatori lasciano il mare e attraversando l’ampio arenile, tornano in via marina. Qui il parroco, dopo che la Madonna viene riaffilata ai “portatori di terra” e prima che la processione percorrendo le rimanenti vie del paese, rientri in chiesa, pronuncia il solenne panegirico di lodi alla Vergine Immacolata.
Il ritrovamento della statua dell’Immacolata a Nicotera non è il solo registrato in quei giorni. Pare, infatti, che nello stesso periodo altre “Madonne” siano state pescate a Bagnara, a Santa Maria di Ricadi Capo Vaticano) a Villa San Giovanni, a Tropea e sulla spiaggia dell’odierna San Ferdinando. E’ probabile, dunque, che qualche bottega d’arte napoletana, servendosi dello stesso veliero, abbia contemporaneamente indirizzato a chiese e conventi calabresi e siciliani diverse sculture. Giunta nella stretto di Messina, però, l’imbarcazione si sarebbe imbattuta in un fortunale così violento da mandarla alla deriva facendole perdere l’intero carico. Le correnti marine, poi, avrebbero provveduto al resto facendo prendere direzioni diverse a quelle casse che, in seguito, sono state fortunatamente avvistate e salvate da pescatori di varie località. Per quanto attiene la statua dell’Immacolata di Nicotera pare che alcuni mesi dopo il suo ritrovamento siano giunti in Marina due signori i quali, dichiarandosi legittimi proprietari, pretendevano la restituzione della scultura. Stando al racconto popolare, però, non riuscirono a smuoverla dal piedistallo su cui i pescatori del luogo avevano provveduto a sistemarla all’interno della chiesetta che, – come si rileva dalle “Relaziones ad limina” del 1755 – “diruta la chiesa del monastero di san Francesco d’Assisi dove gli abitanti del luogo solevano ascoltare la messa”, su iniziativa del Vescovo Mons. Francesco Franco fu edificata “per dare il comodo della Messa ai cittadini” che cominciavano ad abitare il villaggio marinaro. Bisogna, però aspettare il 1819 perché gli abitanti della “Marina” raggiungano le 200 unità. Naturale, dunque, che le risorse economiche di quella chiesa fossero assai scarse. Per questo quando, a seguito del “flagello” del 1783, il Marchese di Fuscaldo fu nominato Vicario generale in Calabria, le assegnò la rendita della soppressa parrocchia di Motta Filocastro e, contemporaneamente, nominò un economo che ebbe la cura spirituale di quella comunità fino a quando, il 27 settembre del 1834, il Vescovo Mons. Michelangelo Franchini non elevò la chiesa a parrocchia. Nel frattempo, però, come si rileva da una iscrizione marmorea, nel 1800 il sacerdote nicoterese Giovanni de Luca ricostruì la chiesa e, poi, nel 1832 la completò del nuovo altare. Fino al 1832 il tempio era dedicato all’Annunziata”.