Il dodicesimo Comitato per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco riunitosi in Corea del Sud sull’isola di Jeju, dovrebbe ratificare dopodomani la proposta di concedere all’arte dei pizzaioli napoletani, il prestigioso riconoscimento di “patrimonio dell’umanità” nell’ambito della categoria “saper fare l’artigiano”.
Lo ha annunciato la delegazione italiana presente all’importante appuntamento.
L’annuncio della prossima ratifica è stata accolto con grande soddisfazione dagli stessi napoletani e immediatamente rilanciato sui social dai ministri della Agricoltura (Martina) e Franceschini (Cultura). Lungo il percorso che ha portato al riconoscimento.’ Era infatti il 2009 quando il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali iniziò a redigere il dossier di candidatura con il supporto delle Associazioni dei pizzaiuoli e della Regione Campania. Una soddisfazione anche per gli amanti della Dieta mediterranea italiana – già patrimonio immateriale dell’umanità – grazie all’opera scientifica di Ancel Keys l’autore dello Studio dei Sette Paesi che interessò – come ormai tutti i lettori sapranno – anche la città di Nicotera. Studi che sicuramente hanno influito sul verdetto.
L’Associazione Verace Pizza Napoletana (AVPN) – nata nel 1984, con il patrocinio della Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Napoli – stabilisce le seguenti figure professionali nell’ambito dei processi di produzione e lavorazione dfella pizza: a) Addetto al Forno / Aiuto Pizzaiolo: Colui che da almeno 2 anni in modo continuativo svolge l’attività di supportare e semplificare il lavoro del primo pizzaiolo, ovvero nella preparazione dei condimenti, nella gestione e nella pulizia del banco di lavoro, nella cottura delle pizze, nella gestione del forno presso pizzerie in Italia e all’estero. Tale lavoro deve essere attestato da una lettera di referenze del datore di lavoro presso cui lavora o ha lavorato e confermato con il test di apprendimento, predisposto dall’Associazione, con un punteggio di almeno 75/100; Colui che ha svolto i training di formazione professionale della Scuola della Vera Pizza Napoletana e attraverso il test di apprendimento ottenga un punteggio di almeno 75/100 e abbia svolto almeno un anno di lavoro continuativo presso pizzerie in Italia o all’Estero. B) Pizzaiolo Verace: E’ il pizzaiolo che ha svolto professionalmente il proprio lavoro presso pizzerie in Italia e all’estero per almeno 3 anni. Tale lavoro deve essere attestato da una lettera di referenze del datore di lavoro presso cui ha lavorato e deve essere confermato con il test di apprendimento, con un punteggio di almeno 75/100. c) Pizzaiolo Istruttore: colui che in quanto pizzaiolo Verace, abbia sviluppato una particolare e spiccata vocazione all’insegnamento e abbia svolto con merito almeno 20 sessioni di formazione per conto della AVPN o si sottoponga ad un esame di abilitazione alla formazione svolto da una commissione convocata dall’associazione.
Il Disciplinare Internazionale dell’Associazione Verace Pizza Napoletana è quell’insieme di regole, finalmente codificate, trasmesse oralmente da generazioni di pizzaioli napoletani, che ne tramandavano i segreti da padre in figlio. “Nel 1984 Antonio Pace e Lello Surace – si legge sul sito dell’Associazione – unirono i più importanti e rinomati pizzaioli dell’epoca per sintetizzare le regole fondamentali per riconoscere una Vera Pizza Napoletana e differenziarla dalle tante altre varietà esistenti, donandole così massima dignità e riconoscenza. Da allora il Disciplinare è stato il cuore dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, che difende la tradizione di questo antico piatto e ne diffonde i segreti, tutelandone l’unicità e le caratteristiche”.
I Napoletani prendono la loro pizza molto seriamente. I puristi, come nella famosa pizzeria “Da Michele” in Via C. Sersale (fondata nel 1870) sostengono che esistono solo due vere pizze: la “Marinara” e la “Margherita”, ed è tutto ciò che servono. La Marinara è la più antica e ha un condimento di pomodoro, origano, aglio, olio extra-vergine d’oliva e solitamente basilico. Era chiamata “Marinara” non, come molti credono, perché contiene pesce (non è così) ma perché era il cibo che i pescatori mangiavano quando tornavano a casa dalle lunghe giornate di pesca nella Baia di Napoli. La Margherita è invece attribuita al panettiere Raffaele Esposito, che lavorava alla pizzeria “Pietro… e basta” che fu fondata nel 1880 ed opera ancora oggi sotto il nome di “Pizzeria Brandi”.
La pizza deve essere cucinata in un forno a legno, alla temperatura di 485 °C per non più di 60-90 secondi; che la base deve essere fatta a mano e non deve essere utilizzato il mattarello o comunque non è consentito l’utilizzo di mezzi meccanici per la sua preparazione (i pizzaioli fanno la forma della pizza con le loro mani facendola “girare” con le loro dita) e che la pizza non deve superare i 35 cm di diametro o essere spessa più di un terzo di centimetro al centro.
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