La Lega Navale Sezione di Nicotera accoglierà, Mercoledi 31 Gennaio alle 17.00, presso il Museo Diocesano di Nicotera, l’Ammiraglio della Marina Militare Italiana Romano Sauro in una tappa del suo “Viaggio in barca a vela per 100 porti per 100 anni di storia”.
L’evento, è un’occasione per ricordare il centenario della Prima Guerra Mondiale e, allo stesso tempo, celebrare la ricorrenza dei 100 anni dalla morte dell’eroe nazionale tenente di vascello Nazario Sauro con la presentazione del libro “Nazario Sauro. Storia di un marinaio” scritto da Romano Sauro, nipote dell’eroe.
All’appuntamento culturale in questione – che sarà introdotto dal Presidente della Lega navale di Nicotera, Biagio D’Ammbrosio – prenderanno parte l’autore del libro.
Nazario Sauro (Capodistria, 20 settembre 1880 – Pola, 10 agosto 1916) fu comandante marittimo, patriota e irredentista italiano nativo dell’Istria, all’epoca territorio dell’Impero austro-ungarico e pertanto suo suddito. Arruolatosi nella Regia Marina, raggiunse il grado di tenente di vascelloe, durante la Grande Guerra, fu catturato nel luglio 1916 durante una missione. Condannato da una corte imperiale per alto tradimento venne giustiziato a Pola il 10 agosto dello stesso anno e per tale motivo insignito di medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Fu tra le figure più importanti dell’irredentismo italiano e massimo rappresentante di quello istriano.
Molte furono le occasioni in cui Sauro manifestò la sua contrarietà all’occupazione asburgica del suolo istriano e l’avversità della polizia austriaca verso ogni manifestazione di italianità. Il 21 agosto 1913 furono emanati dal governatore di Trieste i «decreti Hohenlohe» che imponevano alle società e agli enti pubblici locali di licenziare gli impiegati italiani che non fossero sudditi austriaci.
Sauro, non potendo accettare questo programma di cancellazione dell’italianità della Venezia Giulia, entrò immediatamente in conflitto sia col governo marittimo di Trieste sia con la compagnia di navigazione ove lavorava, continuando ad assumere e imbarcare sul piroscafo San Giusto solo marittimi italiani. Non si assoggettò mai a quella “legge anti-italiana” né si piegò alle forti pressioni dell’autorità portuale triestina. Per tener testa a questa dovette più volte subire multe e richiami fino a che le autorità austriache, stanche delle sue attività contrarie all’Impero, nel maggio 1914 lo fecero dimettere dalla Società di Navigazione dove era impiegato.
Essendo scoppiata la prima guerra mondiale nell’agosto del 1914 Sauro, che manifestava apertamente e da sempre sentimenti italiani, lasciò pertanto Capodistria il 2 settembre 1914 e in ferrovia raggiunse Venezia, dove insieme ad altri esuli sostenne l’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria. Con l’entrata in guerra dell’Italia, Sauro si arruolò volontario nella Regia Marina, dove ottenne il grado di tenente di vascello di complemento (23 maggio 1915). Fu destinato alla Piazza Militare Marittima di Venezia e nelle missioni operò spesso con il nome di copertura di Nicolò Sambo allo scopo di eludere eventuali sospetti della sua reale identità in caso di cattura.In 14 mesi di attività Sauro compì oltre sessanta missioni ma il 30 luglio 1916, in qualità di ufficiale di rotta, si imbarcò a Venezia sul sommergibile Giacinto Pullino, al comando del tenente di vascello Ubaldo degli Uberti, con il quale avrebbe dovuto effettuare un’incursione su Fiume, ma l’unità, spostata improvvisamente dalla corrente, andò ad incagliarsi sullo scoglio della Galiola, all’imbocco del golfo del Quarnero. Risultati vani tutti i tentativi di disincaglio, distrutti i cifrari di bordo e le apparecchiature e predisposta per l’autoaffondamento, l’unità fu abbandonata dall’equipaggio e Sauro, allontanatosi volontariamente da solo su un battellino, venne intercettato dal cacciatorpediniere Satellit e fatto prigioniero.
Alla cattura seguì il processo nel tribunale della Marina austriaca di Pola. Dopo aver dichiarato la falsa identità di Nicolò Sambo, Sauro venne riconosciuto dai concittadini Giovanni Riccobon, Giovanni Schiavon, dal cognato Luigi Steffè, maresciallo della Guardia di Finanza austriacaLa condanna alla pena di morte per alto tradimento, tramite impiccagione, fu eseguita nelle carceri militari di Pola il 10 agosto 1916.