Aiutato dalla mafia nigeriana il mostro che ha ucciso Pamela a Macerata . Si cerca il quarto complice.

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Lucky Awelima, nigeriano fermato in stazione Centrale di Milano è sospettato dagli investigatori dell’Arma di Macerata di essere “il macellaio” che ha fatto a pezzi Pamela. Lucky Awelima quando è stato bloccato dai carabinieri della «Catturandi», con fare disinvolto ha spiegato ai militari milanesi di essere in attesa di regolarizzare la sua posizione alla prefettura di Ancona come richiedente asilo. Quando ha capito che non si tratta di un semplice controllo documenti, ha perso tutta la sua iniziale spavalderia chiudendosi nel mutismo più totale.

Sembra che si cerchi un quarto mostro dopo Innocent Oseghale, 29 anni, Desmond Lucky, 22 anni, e Lucky Awelima, 27 anni che avrebbe partecipato alla terribile uccisione della povera diciottenne Pamela Mastropietro, dilaniata e fatta a pezzi.

Sulla feroce mafia nigeriana, è stato sottovalutato l’allarme lanciato già nel 2006 dalla Direzione Investigativa Antimafia, che nella sua consueta relazione semestrale al Parlamento evidenziava la pervasività e anche la ferocia della mafia nigeriana, al pari delle mafie italiane.

La mafia nigeriana, gestisce il traffico della prostituzione delle ragazze immigrate, dello spaccio della droga in gran parte sotto il servizio della mafia italiana, del controllo dell’accattonaggio e delle elemosine giornaliere di migliaia di ragazzi dislocati davanti a supermercati, bar, strade trafficate da passeggio, fonte di un forte business di liquidità spicciole con raccolte in media pro-capite di circa 50/80 euro al giorno che su base mensile ammonta ala media circa di 2000 euro. Soldi che vengono consegnati alle organizzazioni criminali per essere inviati in gran parte in Nigeria, a foraggiare il traffico internazionale di droga e di armi.

Nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia viene riportato questo allarme della mafia nigeriana. Di seguito una breve parte sul rapporto della criminalità nigeriana in Italia.

<Tra le strutture criminali di matrice africana, la più pervasiva appare quella nigeriana, formata da diverse cellule criminali indipendenti e con strutture operative differenziate ma interconnesse, dislocate in Italia e in altri Paesi europei ed extraeuropei.
 Le recenti attività investigative condotte dalle Forze di polizia evidenziano come le consorterie in parola abbiano assunto la conformazione di vere e proprie associazioni per delinquere, utilizzando modus operandi tipici delle mafie autoctone, tra i quali la forte propensione ad operare su business di portata transnazionale.

Particolare attenzione va riservata ai gruppi degli “EIYE” e dei “BLACK AXE”, composti da nigeriani ma anche da ghanesi. Dette formazioni, infatti, sarebbero riconducibili ai così detti Secret Cults da anni presenti in Italia – noti per essere attivi nella commissione di gravi delitti come il traffico internazionale di stupefacenti, la tratta di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione, in opposizione ad altri gruppi rivali nell’ambito della comunità nigeriana.

Tra quest’ultimi si segnalano i “BLACK CATS” (che avrebbero come simbolo distintivo un gatto nero con un basco militare tatuato sulla spalla), sodalizio presente in varie zone d’Italia, ma particolarmente attivo nell’area di Casal di Principe, Aversa e Padova, le cui fonti di sostentamento deriverebbero dal traffico di grossi quantitativi di droga e dallo sfruttamento della prostituzione.

Come si evince da un provvedimento cautelare recentemente emesso dal GIP di Napoli, “il gruppo dei Black Cats è molto ricco, grazie appunto ai proventi delittuosi, ma anche grazie ad attività commerciali apparentemente lecite, come bar, supermarket per africani, negozi di import export o connection house. Tramite le loro imprese di import- export, introducono dall’Africa droga ed altri beni”. 
Nel contesto casertano, la comunità nigeriana avrebbe infatti acquisito una posizione competitiva in molti settori illegali, tra cui il “mercato” della prostituzione e quello della manodopera irregolare impiegata nella raccolta di pomodori, di frutta e nella pastorizia.

Nonostante in queste aree sia pregnante il controllo della criminalità organizzata autoctona, i sodalizi nigeriani riuscirebbero a convivere con i clan locali, mantenendo la gestione di diverse piazze di spaccio di Castel Volturno.
 Sul piano dell’organizzazione interna, tali sodalizi criminali farebbero spesso ricorso alla figura della maman che, come emerso da diverse attività d’indagine, è risultata allo stesso tempo reclutatrice, organizzatrice, sfruttatrice, capo di unità operative, punto di raccordo fra i diversi strati dell’organizzazione, cassiera ed investitrice dei proventi delle attività illecite.

Il settore del trafficking risulta, inoltre, strettamente connesso con quello degli stupefacenti, di cui in parte si è già detto: la criminalità nigeriana sembra utilizzare opportunisticamente gli stessi canali e le medesime strutture per i diversi “servizi” criminali, operando, ormai da tempo, come fornitrice, mediatrice ed organizzatrice anche dei traffici di droga in molti Paesi europei ed extraeuropei.>

 

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