Autobomba di Limbadi, al Ris di Messina iniziano gli accertamenti sui reperti

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E’ stata avviata nella mattinata di ieri, presso il Reparto investigazioni scientifiche (Ris) di Messina, l’opera di accertamento sui circa settanta reperti rinvenuti e recuperati sul luogo dell’attentato e sull’auto di Matteo Vinci, il biologo quarantaquattrenne di Limbadi che il nove aprile scorso è rimasto vittima di un’autobomba che ha ferito, altresì, gravemente il padre Francesco, settantacinquenne, sbalzato fuori dall’autovettura, successivamente, trasportato con gravi ferite presso il Centro ustioni di Palermo e ritornato a casa a giugno dopo una lunga degenza presso il nosocomio siciliano.

Alla presenza dell’avvocato, Giuseppe Antonio De Pace, legale della famiglia Vinci e del consulente tecnico degli indagati, Alessandro Teatino, sono state aperte le numerose buste contenenti i ritrovamenti di quel giorno di aprile e, dopo averne accertata l’integrità, sono stati avviati gli esami tesi ad individuare e rintracciare la presenza di segni di esplosivo e, quindi, stabilire sulla base dei relativi rilievi, il tipo di materiale esplodente utilizzato e le modalità seguite.

Quel lunedì nell’immediatezza della tragica vicenda, sul luogo della deflagrazione, in località “Cervulara”, furono per primi i Carabinieri della Compagnia di Tropea intervenuti nell’area del delitto a repertare autonomamente tutti gli elementi a loro avviso utili alle indagini, successivamente, gli uomini del Ris prelevarono sul luogo del tragico attentato, ulteriori reperti così come fecero, il giorno seguente, presso il deposito di Rombiolo dove è custodita la Ford Fiesta alimentata a metano di Vinci.

Il prossimo tredici settembre, salvo imprevisti, dovrebbero avere inizio, quindi, i primi esami tecnico-scientifici tesi all’individuazione del tipo di esplosivo utilizzato, se era organico o inorganico e a stabilire le quantità adoperate, nonché, saranno ricercate le procedure seguite durante le fasi di caricamento e brillamento, in pratica, si andranno a ricercare le modalità di esecuzione dell’accensione. Per queste valutazioni sarà, perciò, utile la scrupolosa analisi di polveri, sostanze e particelle presenti sui reperti. Sulla base di questi rilievi si dovrebbe avere un quadro circa le modalità tecniche e materiali utilizzati per effettuare l’attentato. Il procedimento pertanto, vista la complessità degli esami, dovrebbe, protrarsi per alcuni mesi. 

Secondo gli inquirenti gli artefici dell’attentato in cui perse la vita il biologo Matteo Vinci sarebbero stati alcuni componenti della famiglia Di Grillo-Mancuso in risposta alla mancata cessione di alcuni terreni agricoli da parte della famiglia Vinci. Quattro gli indagati che si trovano attualmente in carcere dal 29 giugno scorso, Rosaria Mancuso, 63 anni, il marito Domenico Di Grillo, 71 anni, la figlia Lucia Di Grillo, 29 anni  e il marito Vito Barbara, 28 anni.

Un atto criminale così brutale quello che coinvolse Matteo Vinci che scosse e turbò non solo l’intera comunità della cittadina vibonese, ma l’intera nazione.

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