Una profonda lezione di realismo geopolitico è stata quella che il Generale Carlo Jean ha tenuto al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri. “Il mondo – ha introdotto il generale – si è trasformato da bipolare a unipolare e da multipolare ad apolare. Attualmente dominano la scena gli Stati continente come gli USA, la Cina e la Russia”. Jean ha argomentato che “nell’attuale mondo multipolare gli USA rimangono ancora la potenza dominante, esprimendo il 40 per cento delle spese militari mondiali, avendo una rete planetaria di alleati e dominando il sistema finanziario internazionale con i privilegi riservati al dollaro da Bretton-Woods e le loro grandi banche. La geografia li favorisce. Dominano l’Oceano Atlantico e quello Pacifico, confermando la teoria geopolitica in base alla quale chi controlla i mari controlla il mondo. Prevale ancora per adesso il cosiddetto Washington consensus”, base dell’ordine internazionale liberale. Per il generale “la Russia è debole. Non è una piccola URSS.
Teme la penetrazione cinese in Asia centrale e nell’Europa Orientale e Balcanica (Accordo “16+1”). Resta una potenza mondiale non solo per un consistente arsenale nucleare, ma anche per il genio strategico di Vladimir Putin. Infatti, pur avendo un’economia di poco superiore a quella Italiana, ha enorme capacità militare e una diplomazia flessibile, che è rimasta quella imperiale dell’epoca zarista. La Russia non modernizza l’economia perché creerebbe un ceto medio che potrebbe mettere in discussione gli attuali equilibri di potere”. “La Cina – per Jean – presenta enormi squilibri sociali e territoriali. Le regioni oceaniche sono ricche e aperte al mondo esprimendo il potere economico mentre quelle interne sono arretrate ma detengono il potere politico. La Cina ha un debito pubblico del 300 per cento del PIL, che rappresenta uno degli aspetti più delicati della sua economia, mentre la nuova Via della Seta non è solo una strategia economica ma soprattutto geopolitica”. Mira ad espandere l’area d’influenza economica, finanziaria e politica della Cina anche con la cosiddetta “trappola del debito”: gli Stati che non riescono a rimborsare i crediti ricevuti dalla Cina, devono cedere a Pechino parte delle loro infrastrutture. Jean ha quindi parlato della “trappola di Tucidite”, descrivendo il meccanismo delle potenze emergenti che cercano di scalzare quelle dominanti, come è successo nel IV secolo avanti Cristo tra Atene e Sparta nella guerra del Peloponneso e tra Germania e Gran Bretagna nella prima guerra mondiale provocando la reazione militare delle seconde. Secondo taluni studiosi tale “trappola si starebbe ora verificando tra gli Stati Uniti e la Cina. Per il generale avere consapevolezza di tali asimmetrie è essenziale per prevedere come si evolverà il mondo nei prossimi anni: da multipolare potrebbe diventare completamente apolare, assumendo strutture analoghe a quelle precedenti la nascita degli Stati nazionali, a seguito della pace di Vestfalia del 1648.
Il multilateralismo proprio dell’ordine liberale sta erodendosi rapidamente. In tale quadro, è indispensabile “il recupero della cultura dell’interesse nazionale che è l’unico modo per tutelare le proprie imprese e i propri cittadini in un mondo senza regole”, in cui sta tornando la tradizionale politica di potenza, di derivazione machiavellica e hobbesiana”. Per Jean “l’Italia è una grande potenza economica e culturale, con un avanzo commerciale di circa 60 miliardi di dollari all’anno, pari al 3% del PIL. Circa un terzo del surplus deriva dai commerci con gli Stati Uniti. Le regioni che maggiormente contribuiscono alle esportazioni sono la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna. L’Italia nell’UE è preceduta solo da Germania e Olanda”. Il generale ha poi ricordato che “abbiamo tanti problemi ma da noi solo un governo tecnico può fare il lavoro impopolare necessario per fare quadrare i conti economici, e ridurre le spese correnti a favore degli investimenti. La transizione non sarà facile e le Forze di Polizia potrebbero in quel periodo essere chiamate a svolgere un ruolo importante per la stabilità democratica, poiché stanno aumentando drammaticamente le diseguaglianze sociali e territoriali e sta aumentando il peso della criminalità organizzata, che potrebbe allearsi con il terrorismo interno e internazionale. Occorre quindi un ripensamento del ruolo dell’Italia, tuttora priva di una classe politica in condizione di modificare la deriva della nostra Patria e anche di prendere atto della realtà, assorbita come è da calcoli e interessi a breve termine, in pratica dalle prossime elezioni. L’Italia è infatti tuttora trainata dalle Piccole e Medie Imprese del Nord-Est, che non hanno un’adeguata rappresentanza politica. E’ deleterio per l’Italia lo scontro con la Francia con la quale abbiamo invece interessi comuni per contrastare l’austerità europea imposta dalla Germania”.
Jean ha poi ulteriormente approfondito le politiche e la geopolitica dei due maggiori Paesi mondiali. Ha ricordato che gli USA, a differenza dell’UE, hanno una demografia stabile, con un aumento del 3-4 per cento del PIL all’anno, attraendo capitale finanziario e intellettuale da tutto il mondo anche attraverso un sistema di valori che derivano dall’etica dei Pilgrim Fathers. Gli USA – ha proseguito – saranno ancora dominanti nei prossimi decenni come sostiene la teoria di Henry Kissinger dello “Hub and Spoke”, in base alla quale si possono sviluppare due strategie da parte di Washington: sostenere nelle varie regioni geopolitiche i paesi deboli contro quelli forti, con una politica simile a quella della “balance of power” di derivazione britannica, oppure sostenere gli stati forti contro i paesi deboli. La prima politica richiede più risorse della seconda. La superiorità americana – ha proseguito – è anche finanziaria poiché il 75 per cento delle riserve e del commercio mondiale avviene in dollari, compresa la stessa Nuova Via della Seta. L’euro poteva essere un’alternativa al predominio del dollaro, ma la debolezza politica dell’Unione Europea lo ha messo fuori gioco. A ciò contribuisce anche la politica dell’anti-trust della Commissione Europea. Gioca anche la superiorità tecnologica statunitense iconicamente rappresentata dalle compagnie di Silicon Valley, e rafforzata dagli enormi sforzi effettuati dalle Forze Armate statunitensi nei settori della robotica, dei nuovi materiali, delle biotecnologie dell’intelligenza artificiale e delle neuroscienze. Così come anche nello spazio si manifesta il predominio statunitense.
Per Jean, la geografia svantaggia enormemente la Cina rendendola vulnerabile poiché per importare materie prime, in particolare quelle energetiche (non solo petrolio, ma anche LNG) ed esportare merci le vie di comunicazione marittima cinesi sono costrette, sviluppandosi attraverso lo stretto della Malacca e la doppia catena delle isole che sono controllati e possono essere chiusi dalle Marine degli Stati Uniti e dei loro alleati. La Cina risponde a queste difficoltà anche con la Belt, cioè con la componente terrestre della Nuova Via della Seta. Va comunque considerato che i traffici terrestri, che oggi non superano il 10% dei traffici cinesi, costano da 10 a 15 volte più di quelli marittimi. La Cina ha compresso enormemente le spese sociali e registra differenze sempre maggiori tra ricchi e poveri. E mentre la Cina esprime circa il 20 per cento della popolazione mondiale possiede solo il 6 per cento dell’acqua potabile del mondo. Quindi, ha difficoltà a soddisfare le esigenze alimentari della propria popolazione tanto più che esse sono destinate ad accrescersi notevolmente per l’aumento del benessere, che comporta un mutamento della dieta dai carboidrati alle proteine, comportando maggiori consumi d’acqua.
A questo punto, il generale ha illustrato i megatrend e cioè le tendenze più rilevanti che orienteranno le politiche del futuro. Essi sono rappresentati dalla demografia, dalla tecnologia militare e da quella delle produzioni industriali e dei servizi, sempre più condizionati dalla robotica, dai nuovi materiali e dalla transizione energetica caratterizzata dallo sviluppo delle rinnovabili e delle energie ecologicamente più sostenibili. A riguardo, ha evidenziato che oggi in Italia si investono 16 miliardi annui per sostenere le energie rinnovabili, e che presto si porrà il problema dello smaltimento dei pannelli solari.
Ha quindi approfondito il futuro del mondo. I rapporti di potenza saranno, come sempre avvenuto nella storia, condizionati dalla demografia. Essa subirà modifiche di rilievo, indubbiamente preoccupanti per l’intero Occidente, in particolare per l’Europa e il Giappone. Inoltre l’aumento da 7 a 9 miliardi e, nel 2100 a 11, della popolazione mondiale porrà problemi per il soddisfacimento delle esigenze alimentari soprattutto in Africa e nell’Asia Meridionale. Infatti, dal 2010 al 2050, l’Europa passerà da 753 milioni di abitanti a 651, l’Africa da 1 miliardo e 33 milioni a 2 miliardi e 50 milioni, l’Asia da 4 miliardi e 167 milioni a 5 miliardi e 731 milioni, le Americhe da 838 milioni a 1 miliardo e 188 milioni e l’Oceania da 35 a 51 milioni. La transizione demografica – cioè la stabilizzazione della popolazione, con diminuzione della fertilità – sarà molto complessa e condizionata anche dalle resistenze culturali e religiose al controllo e diminuzione delle nascite. L’immigrazione da sud a nord è destinata a durare sia in Europa che negli USA. Una possibilità – ha sostenuto il generale – è quella di bloccare sul posto gli immigrati, facendo affidamento agli africani arabi o arabizzati dell’Africa Settentrionale per bloccare l’afflusso dall’Africa sub-sahariana. Jean a proposito ha precisato che si stanno profilando nuove primavere arabe, come sembrano dimostrare le attuali vicende dell’Algeria e del Sudan. Inoltre, ha sottolineato che all’invecchiamento della popolazione l’Europa fa fronte importando manodopera giovane, mentre il Giappone sviluppando i robot umanoidi.
Jean ha poi affrontato il tema centrale dell’Italia e l’interesse nazionale. Ha cominciato dicendo che “l’Italia è stata una nazione prima di essere uno stato. L’unificazione non ha rappresentato un fenomeno corale, ma è stata promossa da ristrette élite ispirate dai valori della rivoluzione francese, del calvinismo svizzero e del parlamentarismo britannico. L’unificazione ha provocato il brigantaggio nel Mezzogiorno, un movimento anticoloniale sostenuto dai fautori del Regno delle Due Sicilie e dal clero, mentre la borghesia meridionale aveva interesse al liberalismo. Dopo l’unificazione l’Italia era comunque troppo debole per realizzare le sue ambizioni e aveva bisogno di alleati anche per garantire l’unità nazionale contro le minacce rappresentate dall’Austria e dalla Francia. Data la sua geografia ebbe bisogno di due alleati: sul continente fu la Germania in funzione anti austriaca, mentre a Sud e nel Mediterraneo fu la Gran Bretagna in funzione antifrancese. Finché Germania e Gran Bretagna furono alleate, per l’Italia non si posero particolari problemi. Quando divennero avversarie l’Italia fu obbligata a scegliere. Scelse bene durante la prima Guerra mondiale e si trovò nel campo dei vincitori. Male nella seconda e fu vinta, distrutta e invasa. Per Jean il periodo migliore per la geopolitica italiana fu quello della guerra fredda, durante la quale da paese agricolo siamo diventati una grande potenza industriale. Prima del secondo conflitto mondiale avevamo un terzo del PIL del Regno Unito, che negli anni Sessanta superammo come ricchezza.
La dicotomia Nord e Sud – secondo il generale – è crescente nel tempo ed è causata dai fallimenti delle classi dirigenti politiche e imprenditoriali meridionali, che storicamente denotano una mancanza di visione e di capacità di programmazione. Il Nord non si è arricchito sfruttando il Sud ma per la vicinanza all’Europa: già durante il periodo di Carlo Magno la Lotaringia, regione che si estendeva dal bacino della Ruhr fino alla valle del Po, era la regione più ricca dell’Impero Carolingio. Per Jean “oggi occorre definire una politica estera che massimizzi gli interessi politici, economici e di sicurezza dell’Italia. Per essi occorre essere vicini all’Unione Europea per ragioni economiche e agli USA per la sicurezza”. Gli accordi vantaggiosi con la Cina e la Russia – ha specificato – vanno calibrati senza entrare in eccessivo contrasto con i nostri alleati tradizionali. La questione demografica è particolarmente urgente. Essa è strettamente legata agli equilibri sociali. Oggi i nonni sono alla base della stabilità sociale, in un Paese che per la sua ricchezza mobiliare e immobiliare è tra i maggiori del mondo. Attualmente con la riduzione della popolazione diminuisce il rapporto di sostegno, cioè quello fra il numero dei lavoratori e quello degli anziani e dei giovani. Anche il costo delle abitazioni, è destinato a diminuire. Non è escluso che si determini un fenomeno di de-urbanizzazione, derivante anche dalle migliori condizioni di vita nei piccoli centri. Per il generale, si richiedono, per mantenere a livello la forza lavoro, misure di lungo periodo, mentre l’orizzonte della politica è sostanzialmente elettorale. E’ importante invece – ha precisato – intervenire presto sulla cultura e sul sistema delle regole. Lo dimostra il fatto che le nostre imprese di costruzione hanno più avvocati che ingegneri. Le vere riforme – ha detto – sono queste. Rispondendo alle numerose domande rivoltegli dagli studenti del Master ha tra l’altro affermato che la mafia è un fenomeno antico che risale alla conquista normanna della Sicilia. Dopo il fascismo, che colpì duramente la mafia con l’azione del Prefetto Cesare Mori, lo sbarco in Sicilia fece riprendere quota all’organizzazione criminale. Combatterla adesso è difficile. In proiezione si potrebbero realizzare collegamenti tra le mafie locali e quelle straniere, talune delle quali legate al terrorismo.
Per contrastare il fenomeno occorrono azioni extra giudiziarie come per il terrorismo politico, in analogia con quanto fatto da Francesco Cossiga negli anni Settanta e Ottanta dello scorso secolo, usando sistemi di contro guerriglia e contro terrorismo. Le mafie – ha evidenziato – sono molto interessate alle opere pubbliche tanto che, secondo alcuni, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria è considerato il corpo di reato più lungo del mondo. Ha quindi risposto sulla sua esperienza di Commissario della Sogin ricordando che lo smaltimento delle scorie nucleari vengono prodotte non solo dalle centrali ma anche dalla medicina, dall’agricoltura e dalla raffinazione del petrolio. Attualmente in Italia esiste una pluralità di depositi temporanei, spesso tecnologicamente inadeguati. Secondo taluni, l’Italia è una pattumiera nucleare. I cittadini pagano i costi dello smantellamento delle vecchie centrali e impianti nucleari e dello smaltimento dei rifiuti radioattivi in un’aliquota della bolletta elettrica. Ha poi ricordato che l’Italia possiede 9 tonnellate di plutonio, custodito con grandi oneri in Francia e nel Regno Unito. Per inciso ha ricordato che l’Italia era, all’inizio degli anni ’60 la terza produttrice mondiale di energia elettronucleare e che questa statisticamente è l’energia più umanitaria. Nonostante gli incidenti di Chernobyl e Fukushima, ci sono complessivamente più morti per Megawatt di energia elettrica prodotta causati dall’estrazione di petrolio e gas naturale, senza parlare del carbone. Anche le fonti rinnovabili causano incidenti che non è politicamente corretto ricordare.
Ha poi affrontato il tema del riscaldamento globale. Secondo taluni meteorologi esso dipende più dalle variazioni delle macchie solari che da fattori antropici, quali le emissioni di CO2. Secondo il meteorologo prof. Prodi essi inciderebbero sui mutamenti climatici solo per lo 0.4 per cento. Inoltre, ha ricordato che periodi di desertificazione e glaciazione sul pianeta ci sono sempre stati. Basti ricordare la Groenlandia, il cui significato etimologico significa “terra verde”. L’attuale aumento delle temperature potrebbe rendere possibile la navigazione nelle rotte artiche, oltre che lo sfruttamento degli enormi giacimenti energetici – come quello gasiero dello Yamal – e di minerali pregiati ora coperti dai ghiaccio del Polo Nord. Per Jean, le tecnologie modificano non solo l’economia ma anche i rapporti strategici, quindi l’ordine mondiale. In proposito ha citato la realizzazione di alianti ipersonici che hanno 6 volte la velocità del suono, a parte l’importanza assunta dal cyberspazio, nuovo teatro di scontro tra gli Stati. Ha poi ribadito che l’antiterrorismo è molto più costoso del terrorismo, mettendo in luce che gli attentati dell’11 settembre sono costati 500 mila dollari, provocando danni diretti per 50 miliardi di dollari e indiretti per mille miliardi, oneri che si espandono costantemente per le maggiori misure di sicurezza adottate da tutti gli Stati e le imprese.
Ai nostri tempi, le guerre sono sempre più costose ma rendono sempre di meno. Territori e petrolio si comprano. Non si conquistano, anche perché il loro controllo diventa impraticabile per tre motivi. Primo, l’etica occidentale impedisce di adottare i metodi brutali seguiti nelle guerre coloniali e, almeno in parte, di decolonizzazione. Secondo, la diffusione della tecnologia consente a piccoli gruppi e ad individui singoli di disporre di una potenza distruttiva sconosciuta nel passato, quando esisteva una consistente asimmetria fra la potenza di fuoco disponibile agli eserciti coloniali e gli insorti o i guerriglieri locali. Infine, come messo ben in rilievo dal prof. Filippo Andreatta in “Mercanti e guerrieri”, i costi degli eserciti coloniali erano coperti dai proventi delle colonie.
Per Jean, il parere positivo del presidente americano Donald Trump nei confronti del nostro attuale governo probabilmente deriva dal fatto che con le sue posizioni euroscettiche indebolisce l’UE. Durante la guerra fredda – ha ricordato – l’Italia era considera “la Bulgaria della NATO”. In quel periodo abbiamo goduto di rendite di posizione che ci consentivano di essere leali alla NATO ma nello stesso tempo perseguire i nostri interessi diversi da quelli dei paesi alleati, che erano e rimangono notevoli in campo economico e culturale. A conferma di ciò ha citato le nostre posizioni nello scacchiere mediorientale, nei rapporti con gli arabi e gli israeliani, e nei confronti dell’Unione Sovietica, dove investivano aziende come Eni, Fiat ed Olivetti. Sulla individuazione e selezione delle élite potrebbe essere utile adottare il sistema elettorale alla francese, in un contesto in cui la classe produttiva del nord si disinteressa della politica, evidenziando una pericolosa dicotomia tra chi produce ricchezza e chi fa politica. A riguardo ha anche ricordato le carenze dell’alta burocrazia dello Stato, colpita duramente nel 1972 dal governo, ad opera soprattutto di Giulio Andreotti. A proposito ha ricordato pure un’esperienza personale relativa ai terremoti del 1976 in Friuli Venezia Giulia dove i cittadini si mobilitarono subito e quello dell’Irpinia del 1980 dove invece i cittadini attendevano l’intervento dello Stato. A tal proposito, si è espresso favorevolmente sull’autonomia differenziata, pur in un contesto di disordine politico dove riesce difficile comprendere la suddivisione di ruoli e funzioni fra lo Stato e gli enti locali, soprattutto le regioni.
L’ultimo quesito ha riguardato il significato della geopolitica che Jean ha individuato nei valori dominanti delle classi dirigenti che in questo modo definiscono gli interessi nazionali, oltre che nei fattori fissi e variabili che contraddistinguono ogni analisi geopolitica. E’ quindi decisivo il profondo legame con lo spazio e la terra. Un esempio caratteristico al riguardo è quello di Israele, in cui esiste una relazione organica – quasi mistica – fra il popolo eletto e la terra promessa. Infine, Jean ha accennato al concetto di “nazione”. Per il generale, l’esistenza della Nazione non solo legittima l’esistenza dello Stato, ma, comportando “un plebiscito di ogni giorno fatto dai cittadini”, è alla base della solidarietà e della coesione nazionali.