Il caso Sogefil, con tutto il bagaglio di fatti e misfatti che l’accompagnano, riemerge dalle nebbie del recente passato. Dopo anni di battaglie, il secondo troncone del processo penale avviato davanti al Tribunale di Cosenza e, poi, finito, alla Corte d’Appello di Catanzaro, è stato definitivamente mandato in archivio dalla Corte di Cassazione. La sesta sezione, nell’udienza dello scorso 28 maggio, ha, infatti, dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’imprenditore Mauro Nucaro avverso i provvedimenti adottati dalla Corte d’Appello di Catanzaro e, di converso, ha confermato il diritto del Comune di Nicotera, rappresentato e difeso dall’avv. Satino Gurzillo del Foro di Vibo, a richiedere il risarcimento danni non alla Sogefil, ma direttamente ai suoi amministratori. Diritto riconosciuto anche ad altri Comuni tra cui Limbadi, difeso dall’avv. Giulio Ceravolo. Il ricorrente Nucaro è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali determinate in euro 2mila a favore della Cassa delle Ammende ed euro 4.450 complessivi a favore dei Comuni di Ionadi e Limbadi. Non basta. Nucaro dovrà versare altri 3.500 euro ciascuno ai Comuni di Oriolo, Nicotera, Zumpano e Petrizzi, tutti costituitisi parte civile. A far scivolare sino in Cassazione la vertenza Sogefil ha contribuito notevolmente la sentenza con cui il Tribunale di Cosenza, nel gennaio 2017, condannava a cinque anni e al pagamento delle spese processuali l’imprenditore Mauro Nucaro, presidente del consiglio d’amministrazione della Sogefil e legale rappresentante della stessa dal 28.6.2005 al 28.6.2006, mentre assolveva tutti gli altri imputati e, nel contempo, riconosceva il diritto al risarcimento per solo nove dei cinquanta comuni che si erano costituiti parte civile (Mendicino, Zumpano, Dipignano, Oriolo, Petrizzi, San Vito allo Ionio, Squillace, San Procopio e Limbadi).
Tutti gli altri venivano esclusi compreso il Comune di Nicotera che, tra gli enti interessati, è quello che ha subìto i danni più consistenti dal mancato versamento dei tributi riscossi dalla Sogefil e ammontanti a più di otto milioni. Peraltro, nella stessa sentenza non veniva motivata in alcun modo la decisione di escludere Nicotera e un’altra quarantina di Comuni dal diritto di chiedere il risarcimento non alla società di riscossione cosentina, ma direttamente ai suoi amministratori. Successivamente, la commissione straordinaria che dal gennaio 2016 gestiva l’ente comunale nicoterrese, dava incarico agli avvocati Salvatore Campisi e Santino Gurzillo di ricorrere in Appello. L’istanza veniva accolta, ma contro il provvedimento della Corte d’Appello di Catanzaro l’imprenditore Mauro Nucaro proponeva un ricorso in Cassazione che non sfociava in nulla di positivo. Il Comune di Nicotera dall’esito favorevole della vertenza non recupererà nulla del credito vantato, ma, almeno, la sentenza della Suprema Corte renderà possibile la sistemazione della contabilità delle casse comunali. La vertenza Sogefil si profila come una squallida storia di malversazione infarcita di atteggiamenti scorretti e arroganti, omissioni, controlli larvati o del tutto mancanti, possibili truffe.
Una montagna di carte che l’ex sindaco Franco Pagano, all’inizio del suo mandato, portava nella Procura di Vibo allora guidata da Mario Spagnuolo e che gli inquirenti, col contributo degli uomini del Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, hanno passato al setaccio nel tentativo di smantellare un sistema pernicioso per enti e cittadini. Pagano, in verità, non si limitava solo a portare le carte in Procura. A distanza di tempo, persistendo una situazione poco soddisfacente nell’evolversi della vicenda, dava incarico al legale dell’ente comunale Santino Gurzillo di avviare la richiesta di risarcimento danni nei confronti del ministero dell’Interno e della commissione straordinaria che dal 13 agosto 2010 al 30 ottobre 2012 aveva gestito il Comune. Il ricorso, nel luglio 2016, veniva depositato al Tribunale di Catanzaro e puntava al recupero della bella somma di 3.600.000 euro, importo che la Sogefil aveva riconosciuto come debito impegnandosi a saldarlo versando all’Ente rate da 60mila euro mensili. A garanzia avrebbe dovuto consegnare anche tre polizze fideiussorie che sarebbero dovute essere rilasciate dalla società “Credi Consumo” nei cui confronti l’ufficio avviava tutti gli opportuni controlli. In realtà, al responsabile della triade commissariale la Sogefil forniva, senza che nessuno obiettasse nulla, tre polizze emesse dalla società “Eticofidi”, che, al momento di essere utilizzate, risultavano fasulle. Pagano, peraltro, aveva chiesto il risarcimento di un milione anche al ministero delle Finanze per altra situazione. Il giudice ha trattenuto in decisione la causa e si è ancora in attesa della sentenza.