A Gioia Tauro incontro dal tema:”160 anni fa sono sbarcati i Mille, e poi come sono cambiate le cose al Sud dopo l’Unità D’Italia”

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“160 anni fa  sono sbarcati i Mille, e poi… come sono cambiate le cose al Sud  dopo l’Unità d’Italia”, è stato il tema del convegno che si è svolto a Gioia Tauro nella storica Sala Fallara, fortemente voluto e organizzato dall’Associazione Pensionati della città, presieduta da Natal Zucco, con il Patrocinio del Comune.

Dopo i saluti di Natal Zucco e del sindaco  Aldo Alessio, ha relazionato sul tema il dott. Vincenzo Montemurro.

Nella sua articolata relazione Montemurro partendo dalla I° Guerra d’Indipendenza ha tracciato i punti salienti che hanno portato all’Unità d’Italia, soffermandosi sul ruolo dei regnanti di allora, del generale Giuseppe Garibaldi e il Conte  Camillo Benso Cavour.

Montemurro ha poi spiegato che l’Unità d’Italia è stata deleteria per il Sud .

Carlo Bombrini, Senatore del Regno d’Italia fu uno dei promotori dello smantellamento dell’industria meridionale, in particolare disse:

”  I meridionali non dovranno più essere in grado di intraprendere”.

E infatti dopo l’Unità d’Italia per il Sud è stato solo inferno.

 Prima dello sbarco dei Mille il Regno delle due Sicilie possedeva la seconda flotta di Europa (9.848 bastimenti con 259.910 tonnellate di stazza totale), un debito pubblico ininfluente, una moneta forte.

 Il complesso siderurgico di Pietrarsa, nel Napoletano, vantava un fatturato che al Nord si sognavano.

Quella delle due Sicilie fu la prima nazione ad esportare in Russia, instaurando anche solidi rapporti commerciali con l’America. Gli armatori De Pace, con le loro navi, collegavano l’Europa con il Nuovo Mondo e i Florio avevano iniziato la loro scalata industriale e commerciale. Fu nel Regno delle due Sicilie, il 3 ottobre 1831, a essere inaugurata la prima ferrovia in Italia, la Napoli-Portici.

Una riuscita iniziativa industriale, impregnata di socialismo, fu la colonia di San Leucio, nei pressi di Caserta, chiamata Ferdinandopoli in onore del penultimo re borbonico che ne fu il fondatore. Una sorte di “Comune”, una città socialista in cui gli operai, con pari diritti e doveri, autogestivano il proprio lavoro, producendo seta con tecniche avanzatissime. Quando, dopo l’Unità d’Italia, nel 1866, fu nazionalizzata, Ferdinandopoli cadde in disgrazia, fallì e fu chiusa.

Prima dell’annessione, il Regno del Sud, nel settore dell’industria, contava 2 milioni di occupati a fronte dei 400.000 della Lombardia, possedendo 443 milioni di moneta in oro, ossia l’85% delle riserve auree di tutte le province.

Ma anche in Sicilia, in quei tempi, al pari dei territori continentali del Regno di Napoli, era tutto un fiorire di iniziative economiche.

La Sicilia, alla condizione di regione depressa venne condannata non prima, ma dopo l’arrivo di Garibaldi.

Ancora prima dell’Unità, fioriva nelle due maggiori città dell’Isola, Palermo e Catania, l’industria della seta esportata con successo, per la qualità dei suoi prodotti, nei mercati europei e mediterranei.

L’industria del tabacco produceva migliaia di tonnellate di manufatti all’anno, occupando tra operai e indotto, diverse migliaia di Unità lavorative.

Fiorenti, a quei tempi, erano anche le attività cantieristiche, navali, metalmeccaniche, chimiche, della lavorazione del cotone e del lino, l’industria conserviera, la produzione e la commercializzazione dei vini e l’estrazione e la lavorazione dello zolfo, quest’ultima la più importante e ricca d’Europa.

Vero fiore all’occhiello, poi, dell’economia isolana era la flotta mercantile con la compagnia Florio che gareggiava con le principali marinerie del Mediterraneo.

Era stato creato il Banco Autonomo di Sicilia, due casse di sconto e numerose casse di risparmio e il  Portofranco di Messina,  era stato riorganizzato e aggiornato il catasto fondiario e creato ex novo il genio civile.

Con l’Unità d’Italia di tutto questo non rimase più nulla. Il nascente sistema industriale e le risorse del Sud furono progressivamente smantellate e trasferite al Nord. E fu appunto allora che con l’Unità d’Italia sorse “La questione meridionale”.

Iniziarono così i grandi flussi migratori dalla Sicilia verso le Americhe e verso altri Stati europei e verso altri Paesi del mondo. Prima della costituzione del nuovo Stato unitario, ossia prima del 1860, negli Stati Uniti, per esempio, si contavano molti più emigranti del Nord che del Sud. L’impoverimento e lo stravolgimento delle regioni meridionali invertirono tali tendenze.

Le rimesse e i risparmi degli emigranti meridionali finirono poi, negli anni a venire, paradossalmente, per favorire lo sviluppo delle fiorenti industrie del Nord e l’acquisto delle materie prime necessarie alla loro crescita.

Le enormi risorse drenate e rapinate, i grandi sacrifici imposti, l’impoverimento del Sud a favore del Nord, le repressioni soffocate nel sangue furono un prezzo che il Mezzogiorno e la Sicilia furono costretti a pagare, più di tutti gli altri, al processo di Unità nazionale. E nella perdurante logica economica che si instaurò allora un Paese “programmato” a due velocità con un Nord ricco e produttivo e un Sud povero, colonizzato ed assistito che ancora oggi continuiamo a pagarne le  drammatiche conseguenze”.

Ha presentato e moderato l’evento Antonio Castellano, Direttore artistico degli eventi del sodalizio gioiese.

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