ASSOCIAZIONE ANASSILAOS UN FAMEDIO PER IL CIMITERO DI REGGIO CALABRIA

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A egregie cose il forte animo accendono/L’urne de’forti, o Pindemonte; e bella/E santa fanno al peregrin la terra/Che le ricetta”. Questi versi di un carme (Dei Sepolcri di Ugo Foscolo) ormai poco letto e soprattutto poco studiato dalle più nuove generazioni di studenti che affollano la nostra scuola può bene introdurre la riflessione che ci accingiamo a fare.

Così scrive Giuseppe Diaco, responsabile dell’Associazione Culturale Anassilaos. Il carme ebbe come spunto esterno l’editto napoleonico di Saint Cloud o meglio il Décret Impérial sur les Sépultures (1804 ed esteso all’Italia nel 1806) che stabiliva che le sepolture  fossero poste fuori dai centri abitati e insomma creava i cimiteri quale misura igienico-sanitaria. Il problema che Foscolo, insieme ad altri, si pose, riguardava le tombe di quei cittadini illustri ed eminenti  (le urne dei forti) capaci di stimolare lo spirito patrio e di dare, diremmo noi, il senso di appartenenza ad una comunità resa tale dalla lingua, dalle tradizioni e dalla cultura. Il problema – rileva Diaco –  fu risolto, in parte, ricorrendo al cosiddetto  famedio, propriamente “tempio della fama” (dal latino fama e aedes), un edificio costruito nel cimitero e destinato alla sepoltura di uomini illustri. Nell’Ottocento queste specifiche costruzioni furono elevate un po’ ovunque in Europa e in Italia a Milano,  Genova, Brescia, Bologna e nella dirimpettaia Messina. Il Cimitero della nostra Città che, per la qualità artistica di alcune delle tombe ivi ubicate, meriterebbe d’essere elevato a “Monumentale” è privo di tale “famedio” e lo stesso regolamento risalente al 2013 (Commissione Prefettizia in carica) nulla prevede per quanto riguarda la sepoltura di uomini illustri che abbiano dato un contributo alla propria città sul piano artistico, letterario, culturale, scientifico e politico. Addirittura – ed  è il rischio che ha corso la sepoltura del nostro insigne poeta Nicola Giunta se non fosse intervenuto un altrettanto grande poeta reggino a salvarne le spoglie facendosi carico delle relative spese -, soprattutto per coloro che non hanno lasciato eredi, vi è il rischio concreto di una dispersione dei resti. Quello che proponiamo all’amministrazione civica – conclude Diaco – è che la nostra città si doti di un famedio, sul modello di quello messinese, dove possano confluire le spoglie  dei reggini celebri per l’impegno profuso in vita a favore della Comunità, e che negli anni  costituisca un riferimento per le future generazioni di reggini che vivrebbero, altrimenti, privi di ogni memoria del loro passato, in un continuo presente privo di grandezza e di speranza.

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